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ECONOMIA

Credito, tedesca Wirecard nella bufera: nei bilanci mancano all'appello 1.9 miliardi di euro

Moody's ha declassato il titolo a spazzatura e ora la società è in cerca di una nuova strategia di finanziamento. Il titolo oggi perde il 38 per cento 

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Si preannuncia una settimana di "passione" per Wirecard, quotata al Dax di Francoforte, dopo lo scandalo finanziario che l'ha travolta. A mercati chiusi, Moody's l'ha declassata al gradino di junk "spazzatura" per la scomparsa di 1,9 miliardi di euro, e ora la società cerca una nuova strategia di finanziamento.
 
Oggi nuovo crollo alla Borsa di Francoforte per il titolo della societa' fintech tedesca Wirecard (-38,07% a 15,99 euro), nella bufera dalla scorsa settimana. Da mercoledì il titolo è sprofondato dell'85%. 

La società fintech tedesca ha ammesso "dopo ulteriori verifiche" che 1,9 miliardi di euro nel bilancio "molto probabilmente non esistono". L'azienda attiva nei servizi di pagamento elettronici con una piattaforma di finanza intelligente, le cui azioni sono crollate in Borsa giovedì e venerdì scorsi dopo l'ennesimo rinvio della pubblicazione dei conti 2019, ha anche ritirato il risultato provvisorio 2019 pubblicato a febbraio, il risultato del primo trimestre 2020 e "non può escludere una revisione dei risultati degli anni precedenti".
 
 Chissà se avrà la sorte di un'araba fenice, ma gli analisti sono molto scettici su una fine "positiva" di questa vicenda che ha portato prima alle dimissioni l'amministratore delegato e che ora ha messo il management alla disperata ricerca di rassicurare gli investitori. Il tempo stringe: l'azienda non è stata finora in grado di presentare un bilancio dei conti annuali approvato dai revisori dei conti, e a questo punto le banche potrebbero ritirare linee di credito per un valore di oltre 2 miliardi di euro.
 
Moody's intanto ha così motivato il suo downgrade, dovuto in particolare alle "irregolarità contabili e le relative implicazioni sulla liquidità e sul profilo finanziario della società a seguito della mancata pubblicazione dei conti consolidati certificati già posticipati per il 2019". Insomma, Wirecard si trova ora in crisi di liquidità dopo aver ammesso di essere stata vittima di frode. L'ad Markus Braun si è dimesso, e al suo posto è arrivato Houlihan Lokey per rivedere la sua strategia di finanziamento. Si cerca intanto di far luce sui soldi mancanti, che impediscono la pubblicazione dei dati: l'indagine è finita addirittura in Asia. Ci sono due istituti di credito filippini che sono implicati nella vicenda, BPI e BDO, ma entrambi negano di aver avuto soldi depositati da Wirecard. È sceso in campo anche il governatore della Banca Centrale filippina Benjamin Diokno a confermare la loro tesi, e cioè che i documenti di deposito sono falsi.
 
Finisce dunque male l'avventura di Markus Braun, che aveva diretto Wirecard dal 2002. Esperto informatico viennese, Braun ha vissuto una vita tranquilla e poco appariscente nei sobborghi di Monaco, dove ha sede la Wirecard. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, e secondo dati FactSet, Braun controllava circa il 7% delle azioni della società, che fino all'inizio di questa settimana ammontavano a 1 miliardo di dollari. Con il cratere nelle azioni negli ultimi due giorni, queste azioni valgono ora circa 200 milioni di dollari. "La fiducia del mercato dei capitali nella società che gestisco da 18 anni è stata profondamente scossa", ha detto il signor Braun in una dichiarazione. Braun ha presieduto Wirecard, che è cresciuta fino a diventare una delle società fintech di più alto profilo in Europa. Elabora i pagamenti elettronici per i rivenditori e altri, fornisce servizi e prestiti correlati e ha un'elevata esposizione alla rapida crescita dei mercati asiatici. Braun era orgoglioso che Wirecard fosse un raro successo tecnologico europeo, ma la vedeva anche come una forza globale. "Siamo attivi in tutti e cinque i continenti", aveva detto in un video aziendale del 2019. Quando inizialmente era stato segnalato il buco di bilancio nell'azienda, l'ad di Wirecard definì la segnalazione "inaccurata, fuorviante e diffamatoria", anche se nei giorni successivi ha riconosciuto che era stata commissionata un'indagine interna. A novembre, dopo aver accettato di far condurre a KPMG una revisione contabile esterna dell'azienda, Braun ha detto agli investitori che non sarebbe stato trovato nulla. "Oggi possiamo confermare totalmente che tutte queste accuse sono infondate". L'investitore attivista Christopher Hohn, che aveva scommesso che le azioni della società sarebbero crollate, ha cercato invece di far licenziare Braun ad aprile dopo che la revisione contabile non ha potuto ottenere risposte a certe domande.
 
 Non era cambiato molto il responso una volta che il dossier era andato in mano a EY, il revisore esterno di Wirecard, ora sotto tiro da parte degli azionisti della società di pagamenti. Ad esempio, il gruppo di azionisti olandesi VEB ha fatto sapere che avrebbe chiesto un risarcimento a EY perché non aveva avvertito prima gli investitori: "Proprio quando EY avrebbe dovuto svolgere un ruolo protettivo e chiarificatore, ha lasciato gli azionisti fuori al freddo", è stato il loro aspro commento. Secondo il Financial Times, negli scorsi mesi, il personale di Wirecard sembrava avesse cospirato per gonfiare fraudolentemente le vendite e i profitti delle filiali Wirecard a Dubai e Dublino e fuorviare EY, il revisore dei conti del gruppo per un decennio. Da marzo Wirecard ha rinviato per tre volte la pubblicazione dei risultati del 2019, ma da allora ha ripetutamente detto agli investitori che "si aspetta un parere di revisione senza riserve". E che ora fatica ad arrivare. Intanto, le azioni del gruppo tecnologico tedesco, che solo due anni fa era stato accolto nel prestigioso indice Dax 30 dopo aver registrato un valore di mercato di 24 miliardi di euro, sono crollate dopo l'annuncio di EY di non poter proseguire la sua opera di revisione, e il suo valore è sceso a 4 miliardi di euro. Solo nella giornata di venerdì, hanno perso il 36%.