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SCIENZA

Pesci originali

Le scariche dell'anguilla elettrica

Una ricerca della Vanderbilt University di Nashville rivela lo stile di caccia dell'elettroforo, pesce diffuso soprattutto in Amazzonia

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La caccia dell'elettroforo
di Stefano Lamorgese
È un pesce molto pericoloso, l'elettroforo (Electrophorus electricus): capace di generare potentissime scosse elettriche che usa per stordire le sue prede, in alcuni casi può uccidere anche un essere umano.

Un ricercatore - Kenneth Catania della Vanderbilt University di Nashville - ha realizzato uno studio molto approfondito ("The shocking predatory strike of the electric eel") sulla caratteristica più peculiare di questo strano pesce: la capacità di generare intensi campi elettrici.

Strategia di caccia
L'elettroforo utilizza la propria "arma" principalmente in due modi: con scosse di bassa intensità si orienta nel suo ambiente, quasi sempre caratterizzato dal fondo melmoso dei corsi d'acqua. Qui la visibilità è scarsissima e le prede si nascondono tra la vegetazione. Le piccole scosse elettriche emanate dall'anguilla elettrica diminuiscono la mobilità degli altri pesci, rendendoli una facile cattura.

Ma è solo dopo aver individuato la preda che l'elettroforo attiva la sua "macchina da guerra": con l'obiettivo intontito dalla prima scarica, arriva la scossa vera e propria, che può giungere fino al potenziale di 600 Volt.

Un esperimento crudele
L'osservazione della strategia dell'elettroforo è stata possibile in una vasca artificiale, nella quale un esemplare è stato lasciato libero di cacciare un povero pesciolino, privo di ripari. È finito in un boccone.


Per capire meglio se la scarica elettrica avesse effetto sui muscoli o sul sistema nervoso (i motoneuroni), un altro pesciolino, lobotomizzato, è stato posto al di là di una barriera che impedisse all'elettoroforo di divorarlo ma che lasciasse passare la scossa elettrica.

Si è potuto così constatare che l'attacco velocissimo del predatore (della durata di appena 180 millisecondi!) in realtà agisce effettivamente sul sistema nervoso periferico, trasformando la preda in un facile boccone.