MONDO
La visita del segretario di Stato Usa
Medio Oriente, salta l'incontro Kerry-Abu Mazen: a rischio le trattative
Nuova grana per i negoziati in Medio Oriente. Il cambio di programma dopo la mossa del presidente dell'Anp che ha chiesto formalmente di aderire a 15 agenzie dell'Onu. Il segretario di Stato Usa cancella la visita a Ramallah e a Gerusalemme: "Nessun accordo in vista"

Si complicano i negoziati in Medio Oriente. Con un colpo di scena all'ultimo momento, il presidente palestinese Abu Mazen ha deciso di chiedere l'adesione a 15 organizzazioni delle Nazioni Unite, compresa la Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili.
Kerry non incontra Abu Mazen
E il segretario di Stato Usa John Kerry, per tutta risposta, ha annullato immediatamente la visita prevista per il 2 aprile a Ramallah e a Gerusalemme, dove avrebbe dovuto dare la stretta finale ad un accordo che sembrava fatto.Il motivo è proprio la decisione di Abu Mazen che in tv ha addossato la responsabilità della scelta - votata all'unanimità dall'Olp - ad Israele per non aver rilasciato per la fine del mese scorso la quarta tranche di detenuti palestinesi in carcere. Una mossa che - secondo fonti concordanti - apre nuovi scenari su un accordo che sembrava in vista grazie alla mediazione del segretario di Stato Usa John Kerry. Che invece in serata non ha potuto far altro che ammettere che "al momento non c'è nessun accordo in vista" e che ora sta a israeliani e palestinesi "decidere cosa vogliono fare".
Il viaggio di Kerry
Partito dalla regione, il capo della diplomazia americana sarebbe dovuto tornare il 2 aprile per incontrare sia Abu Mazen sia Netanyahu per dare la stretta finale alle intese. Ma ora Kerry non verrà. Secondo fonti israeliane - in attesa di una presa di posizione ufficiale - quello di Abu Mazen sarebbe un tentativo di esercitare in extremis una pressione per aumentare le concessioni a favore dei palestinesi nell'ambito della mediazione di Kerry.
Le ragioni di Abu Mazen
"Non facciamo questo contro gli Stati Uniti ma è il nostro diritto. Non saremo mai d'accordo - ha detto Abu Mazen - nel rinunciare ai nostri diritti. Kerry ha fatto grandi sforzi ed io mi sono incontrato con lui 39 volte dall'inizio dei negoziati. Noi non stiamo lavorando contro nessuno, ma non abbiamo altra opzione".
Sul dossier Crimea
L'ultimo sforzo di Kerry - giunto nella regione da Parigi, dove aveva incontrato il ministro russo Sergey Lavrov sul dossier Crimea - per tutto il pomeriggio è sembrato riuscito. L'intesa avrebbe permesso di rilanciare i negoziati orami in stallo, superando la spinoso problema del rilascio dei detenuti da parte di Israele e il prolungamento temporale dei colloqui stessi per tutto il 2014.
I punti dell'accordo
Tra i punti dell'accordo - considerato appunto una boccata di ossigeno ad un'azione di più ampio respiro - ci sarebbero stati: la liberazione della spia Jonathan Pollard dalle carceri Usa entro la pasqua ebraica del 14 aprile (anche se il presidente Barack Obama ha fatto sapere di non avere ancora deciso e lo stesso Pollard negli Usa avrebbe rifiutato di seguire le procedure per la libertà su parola); la convergenza tra le parti per trattative per tutto il 2014 con l'impegno per i palestinesi di non ricorrere alle Nazioni Unite; la liberazione da parte di Israele della quarta tranche di detenuti, compresi, come chiesto dai palestinesi, arabi-israeliani; infine, durante i prossimi negoziati, ci sarebbe stato un addizionale rilascio di 400 detenuti palestinesi "senza sangue sulle mani" scelti da Israele.
Le promesse di Israele
Lo stato ebraico si sarebbe impegnato inoltre per un parziale congelamento di nuove abitazioni: no a nuove case in Cisgiordania, ad esclusione di quelle nei sobborghi ebraici di Gerusalemme est, oltre la Linea Verde del 1967. Le autorità israeliane hanno rilanciato un appalto - già offerto nei mesi scorsi - per la costruzione di 708 alloggi nel rione ebraico di Ghilo, a Gerusalemme est. L'esponente palestinese, che ha condannato l'annuncio dell'appalto a Ghilo, ha però aggiunto che "gli Usa devono continuare a guidare il processo di pace e a fare pressioni su Israele per il raggiungimento di un giusto accordo. La leadership palestinese, ha concluso, "è pronta a tornare al tavolo dei negoziati" nel momento in cui vengano rispettate due richieste: "Il blocco completo degli insediamenti, anche quelli annunciati durante i mesi di trattative, e quando i termini di un accordo futuro siano chiari e condivisi da entrambe le parti".
Kerry non incontra Abu Mazen
E il segretario di Stato Usa John Kerry, per tutta risposta, ha annullato immediatamente la visita prevista per il 2 aprile a Ramallah e a Gerusalemme, dove avrebbe dovuto dare la stretta finale ad un accordo che sembrava fatto.Il motivo è proprio la decisione di Abu Mazen che in tv ha addossato la responsabilità della scelta - votata all'unanimità dall'Olp - ad Israele per non aver rilasciato per la fine del mese scorso la quarta tranche di detenuti palestinesi in carcere. Una mossa che - secondo fonti concordanti - apre nuovi scenari su un accordo che sembrava in vista grazie alla mediazione del segretario di Stato Usa John Kerry. Che invece in serata non ha potuto far altro che ammettere che "al momento non c'è nessun accordo in vista" e che ora sta a israeliani e palestinesi "decidere cosa vogliono fare".
Il viaggio di Kerry
Partito dalla regione, il capo della diplomazia americana sarebbe dovuto tornare il 2 aprile per incontrare sia Abu Mazen sia Netanyahu per dare la stretta finale alle intese. Ma ora Kerry non verrà. Secondo fonti israeliane - in attesa di una presa di posizione ufficiale - quello di Abu Mazen sarebbe un tentativo di esercitare in extremis una pressione per aumentare le concessioni a favore dei palestinesi nell'ambito della mediazione di Kerry.
Le ragioni di Abu Mazen
"Non facciamo questo contro gli Stati Uniti ma è il nostro diritto. Non saremo mai d'accordo - ha detto Abu Mazen - nel rinunciare ai nostri diritti. Kerry ha fatto grandi sforzi ed io mi sono incontrato con lui 39 volte dall'inizio dei negoziati. Noi non stiamo lavorando contro nessuno, ma non abbiamo altra opzione".
Sul dossier Crimea
L'ultimo sforzo di Kerry - giunto nella regione da Parigi, dove aveva incontrato il ministro russo Sergey Lavrov sul dossier Crimea - per tutto il pomeriggio è sembrato riuscito. L'intesa avrebbe permesso di rilanciare i negoziati orami in stallo, superando la spinoso problema del rilascio dei detenuti da parte di Israele e il prolungamento temporale dei colloqui stessi per tutto il 2014.
I punti dell'accordo
Tra i punti dell'accordo - considerato appunto una boccata di ossigeno ad un'azione di più ampio respiro - ci sarebbero stati: la liberazione della spia Jonathan Pollard dalle carceri Usa entro la pasqua ebraica del 14 aprile (anche se il presidente Barack Obama ha fatto sapere di non avere ancora deciso e lo stesso Pollard negli Usa avrebbe rifiutato di seguire le procedure per la libertà su parola); la convergenza tra le parti per trattative per tutto il 2014 con l'impegno per i palestinesi di non ricorrere alle Nazioni Unite; la liberazione da parte di Israele della quarta tranche di detenuti, compresi, come chiesto dai palestinesi, arabi-israeliani; infine, durante i prossimi negoziati, ci sarebbe stato un addizionale rilascio di 400 detenuti palestinesi "senza sangue sulle mani" scelti da Israele.
Le promesse di Israele
Lo stato ebraico si sarebbe impegnato inoltre per un parziale congelamento di nuove abitazioni: no a nuove case in Cisgiordania, ad esclusione di quelle nei sobborghi ebraici di Gerusalemme est, oltre la Linea Verde del 1967. Le autorità israeliane hanno rilanciato un appalto - già offerto nei mesi scorsi - per la costruzione di 708 alloggi nel rione ebraico di Ghilo, a Gerusalemme est. L'esponente palestinese, che ha condannato l'annuncio dell'appalto a Ghilo, ha però aggiunto che "gli Usa devono continuare a guidare il processo di pace e a fare pressioni su Israele per il raggiungimento di un giusto accordo. La leadership palestinese, ha concluso, "è pronta a tornare al tavolo dei negoziati" nel momento in cui vengano rispettate due richieste: "Il blocco completo degli insediamenti, anche quelli annunciati durante i mesi di trattative, e quando i termini di un accordo futuro siano chiari e condivisi da entrambe le parti".