ITALIA
Ancora sul caso Meredith. Gli interrogativi irrisolti di un affaire giudiziario internazionale
Il delitto di Perugia vede una giovane studentessa anglosassone del progetto Erasmus, morire per mano di sconosciuti. Dopo otto anni di indagini.
Il parere dell'avv. Nino Marazzita.

Di sicuro c’è solo che è morta. Il caso è ampiamente rimbalzato a livello internazionale per la grande risonanza mediatica. Stupore e critiche alla giustizia italiana, è il sentimento diffuso nei commenti apparsi sui media britannici per la sentenza di assoluzione dei principali imputati Amanda Knox e Raffaele Sollecito, passati da pene ultraventennali all’assoluzione definitiva.
Alan Dershowitz, uno dei più grandi penalisti degli Usa, sostiene che “con le prove prodotte Amanda sarebbe stata giudicata colpevole da qualsiasi tribunale americano”. L'Independent parla di “atroce errore giudiziario” mentre il Guardian sottolinea che “questa non è certo la conclusione che i Kercher volevano o si aspettavano”, aggiungendo che i familiari della vittima avevano riposto fiducia nel sistema giudiziario italiano.
Pubblicità e attenzione mediatica, Amanda ne ha sempre avute: la famiglia Knox si è rivolta a David Marriott che, racconta la corrispondente Rai Giovanna Botteri, “in questi anni ha lucrosamente gestito interviste esclusive e apparizioni televisive, autobiografia e diritti”. Infine, ‘The face of an angel’ è il recente film dedicato alla ragazza.
Se è vero che - nella vaghezza delle ipotesi - è criminale selezionare degli individui e punirli per ciò che ‘forse’ hanno compiuto, è vero anche che l’assoluzione per mancanza di prove appare all’opinione publica una delle ennesime farse giudiziarie o, quantomeno, un atteggiamento pilatesco su un processo cosiddetto indiziario, che nel corso di otto anni ha accusato e ritrattato la corresponsabilità della coppia.
“La vicenda processuale legata all’omicidio della studentessa inglese non giova alla credibilità della nostra giustizia” dice l’ex magistrato Gian Carlo Caselli sul Fatto Quotidiano del 31 marzo. Molti ‘tecnici’ si chiedono come l’uomo comune possa fidarsi del sistema giudiziario italiano, che prevede meccanismi che consentono un contorto labirinto di decisioni come quello che si è verificato per il delitto di Perugia: una montagna di carte processuali che non hanno risolto il caso se non in minima parte. In Italia, col nuovo codice (1989) si è passati ad un sistema processuale di tipo accusatorio più garantista, allineandoci alle altre democrazie occidentali (dove però esiste un solo grado di giudizio). Da noi, invece, ci sono troppi spazi per un rimpallo continuo - dicono gli esperti - che poco ha a che vedere con le garanzie.
Alan Dershowitz, uno dei più grandi penalisti degli Usa, sostiene che “con le prove prodotte Amanda sarebbe stata giudicata colpevole da qualsiasi tribunale americano”. L'Independent parla di “atroce errore giudiziario” mentre il Guardian sottolinea che “questa non è certo la conclusione che i Kercher volevano o si aspettavano”, aggiungendo che i familiari della vittima avevano riposto fiducia nel sistema giudiziario italiano.
Pubblicità e attenzione mediatica, Amanda ne ha sempre avute: la famiglia Knox si è rivolta a David Marriott che, racconta la corrispondente Rai Giovanna Botteri, “in questi anni ha lucrosamente gestito interviste esclusive e apparizioni televisive, autobiografia e diritti”. Infine, ‘The face of an angel’ è il recente film dedicato alla ragazza.
Se è vero che - nella vaghezza delle ipotesi - è criminale selezionare degli individui e punirli per ciò che ‘forse’ hanno compiuto, è vero anche che l’assoluzione per mancanza di prove appare all’opinione publica una delle ennesime farse giudiziarie o, quantomeno, un atteggiamento pilatesco su un processo cosiddetto indiziario, che nel corso di otto anni ha accusato e ritrattato la corresponsabilità della coppia.
“La vicenda processuale legata all’omicidio della studentessa inglese non giova alla credibilità della nostra giustizia” dice l’ex magistrato Gian Carlo Caselli sul Fatto Quotidiano del 31 marzo. Molti ‘tecnici’ si chiedono come l’uomo comune possa fidarsi del sistema giudiziario italiano, che prevede meccanismi che consentono un contorto labirinto di decisioni come quello che si è verificato per il delitto di Perugia: una montagna di carte processuali che non hanno risolto il caso se non in minima parte. In Italia, col nuovo codice (1989) si è passati ad un sistema processuale di tipo accusatorio più garantista, allineandoci alle altre democrazie occidentali (dove però esiste un solo grado di giudizio). Da noi, invece, ci sono troppi spazi per un rimpallo continuo - dicono gli esperti - che poco ha a che vedere con le garanzie.