MONDO
Sospesa la semilibertà
Vallanzasca, la parabola di un criminale: torna in carcere per colpa di un paio di mutande
Il bel René ex boss della malavita milanese fermato in un supermercato. È accusato di rapina impropria: nel bottino, un paio di boxer, fertilizzante e cesoie. Vallanzasca era in permesso premio: è stato condannato a quattro ergastoli e 260 anni di carcere

Rapine, omicidi e sequestri. Il bel René ha una lunga carriera criminale, per cui è stato condannato a 4 ergastoli e 296 anni di carcere. Ma lui è "nato ladro", lo aveva ammesso lui stesso nel 2010 in una scuola di Sondrio. E così, nell'incredulità generale, si è fatto arrestare di nuovo, mentre era in permesso premio. La refurtiva? Un paio di mutande, cesoie e del fertilizzante.
Il fatto è successo venerdì sera, in un supermercato di Milano. Gli agenti della sicurezza lo hanno notato rompere delleconfezioni di boxer nella corsia dell'intimo: quando l'addetto antitaccheggio gli ha fatto notare che c'erano altre cosa da pagare, lui ha risposto: "E allora? Non sapete chi sono?" A quel punto il responsabile del punto vendita ha chiamato le forze dell'ordine. Dalla perquisizione sono emerse le mutande, le cesoie e il concime e a quel punto i carabinieri gli hanno intimato di accomodarsi nella 'gazzella'. Lui non ha protestato ed è salito in macchina.
Il giudice ha quindi giudice che oggi ha convalidato l'arresto, ha disposto il processo in altra data, a fine mese, e la sospensione della semilibertà. Decisione che lo ha fatto quindi tornare in regime di detenzione comune. Ora il tribunale di sorveglianza ha 30 giorni di tempo per stabilire la revoca definitiva o meno della misura, che gli era stata prima negata e che poi aveva
faticosamente ottenuto nell'ottobre del 2013. Intanto l'avvocato precisa: "Non ha ammesso alcun furto". Da alcune indiscrezioni pare che Vallanzasca abbia raccontato che la borsa in cui sono stati trovati gli oggetti rubati non fosse sua, ma di un amico che gliel'avrebbe affidata.
Dopo una lunga detenzione iniziata nel 1972, intervallata da rocambolesche fughe e latitanze sanguinose, a partire dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca ha cominciato a uscire di galera,
usufruendo del beneficio del lavoro esterno. Ha prestato servizio in una pelletteria-cooperativa sociale nel Milanese, e ha lavorato in un negozio di abbigliamento a Bergamo sollevando
polemiche. "Siamo rimasti davvero sorpresi, niente ci avrebbe fatto immaginare un'azione così illogica da parte sua", ha commentato il direttore del carcere di Bollate (Milano), Massimo Parisi,
all'arresto di Renato Vallanzasca per furto in un supermercato. "Una cosa da non credere - ha aggiunto - la misura della semilibertà scorreva in modo lineare".
Vallanzasca inizia la sua carriera criminale a 18 anni, entrando nel giro dei malavitosi del quartiere Comasina. Nel 1976 il grande salto nella criminalità più violenta, mentre infuria la lotta tra clan, il suo e quello di Turatello. Rapisce Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore napoletano e neppure un mese dopo anche l'imprenditore varesino del legno Rino Balconi. Latitante nell'ottobre del 1976 uccide ad un casello l'agente della polstrada Bruno Lucchesi, alcuni giorni dopo spara e ammazza un medico, Umberto Premoli, sembra con l'unico obiettivo di rubargli l'auto per continuare la fuga. Il 6 febbraio 1977 il momento più drammatico: in una sparatoria a Dalmine vicino Bergamo, uccide due agenti della polizia stradale. Ferito ad una gamba viene arrestato nove giorni dopo. Nell'aprile 1980 tenta di evadere da San Vittore (due guardie ferite), pochi mesi dopo partecipa alla rivolta nel carcere di Novara (e uccide il detenuto Loi, facendo trovare la sua testa in una cella). Nel 1984 nuovo tentativo di fuga dal supercarcere di Spoleto. Ci riesce tre anni dopo, 1987, da Genova con una rocambolesca evasione, durata però solo poche settimane, dall'oblo' della nave con cui stava per essere trasferito al carcere dell'Asinara in Sardegna. Tenta una ultima fuga nel 1995 da Novara.
Il fatto è successo venerdì sera, in un supermercato di Milano. Gli agenti della sicurezza lo hanno notato rompere delleconfezioni di boxer nella corsia dell'intimo: quando l'addetto antitaccheggio gli ha fatto notare che c'erano altre cosa da pagare, lui ha risposto: "E allora? Non sapete chi sono?" A quel punto il responsabile del punto vendita ha chiamato le forze dell'ordine. Dalla perquisizione sono emerse le mutande, le cesoie e il concime e a quel punto i carabinieri gli hanno intimato di accomodarsi nella 'gazzella'. Lui non ha protestato ed è salito in macchina.
Il giudice ha quindi giudice che oggi ha convalidato l'arresto, ha disposto il processo in altra data, a fine mese, e la sospensione della semilibertà. Decisione che lo ha fatto quindi tornare in regime di detenzione comune. Ora il tribunale di sorveglianza ha 30 giorni di tempo per stabilire la revoca definitiva o meno della misura, che gli era stata prima negata e che poi aveva
faticosamente ottenuto nell'ottobre del 2013. Intanto l'avvocato precisa: "Non ha ammesso alcun furto". Da alcune indiscrezioni pare che Vallanzasca abbia raccontato che la borsa in cui sono stati trovati gli oggetti rubati non fosse sua, ma di un amico che gliel'avrebbe affidata.
Dopo una lunga detenzione iniziata nel 1972, intervallata da rocambolesche fughe e latitanze sanguinose, a partire dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca ha cominciato a uscire di galera,
usufruendo del beneficio del lavoro esterno. Ha prestato servizio in una pelletteria-cooperativa sociale nel Milanese, e ha lavorato in un negozio di abbigliamento a Bergamo sollevando
polemiche. "Siamo rimasti davvero sorpresi, niente ci avrebbe fatto immaginare un'azione così illogica da parte sua", ha commentato il direttore del carcere di Bollate (Milano), Massimo Parisi,
all'arresto di Renato Vallanzasca per furto in un supermercato. "Una cosa da non credere - ha aggiunto - la misura della semilibertà scorreva in modo lineare".
Vallanzasca inizia la sua carriera criminale a 18 anni, entrando nel giro dei malavitosi del quartiere Comasina. Nel 1976 il grande salto nella criminalità più violenta, mentre infuria la lotta tra clan, il suo e quello di Turatello. Rapisce Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore napoletano e neppure un mese dopo anche l'imprenditore varesino del legno Rino Balconi. Latitante nell'ottobre del 1976 uccide ad un casello l'agente della polstrada Bruno Lucchesi, alcuni giorni dopo spara e ammazza un medico, Umberto Premoli, sembra con l'unico obiettivo di rubargli l'auto per continuare la fuga. Il 6 febbraio 1977 il momento più drammatico: in una sparatoria a Dalmine vicino Bergamo, uccide due agenti della polizia stradale. Ferito ad una gamba viene arrestato nove giorni dopo. Nell'aprile 1980 tenta di evadere da San Vittore (due guardie ferite), pochi mesi dopo partecipa alla rivolta nel carcere di Novara (e uccide il detenuto Loi, facendo trovare la sua testa in una cella). Nel 1984 nuovo tentativo di fuga dal supercarcere di Spoleto. Ci riesce tre anni dopo, 1987, da Genova con una rocambolesca evasione, durata però solo poche settimane, dall'oblo' della nave con cui stava per essere trasferito al carcere dell'Asinara in Sardegna. Tenta una ultima fuga nel 1995 da Novara.