Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/ContentItem-dc88c734-988a-4740-9f93-bb778cfbe47b.html | rainews/live/ | true
SALUTE

L'intervista al ricercatore italiano che ha guidato il progetto 'Cyberlegs'

Tornare a camminare? Si potrà con le "gambe bioniche"

Grazie a 'sistemi robotici e indossabili' chi ha subito un'amputazione agli arti inferiori potrà tornare a muoversi con sicurezza, con la sensazione di naturalezza che si prova solo con gambe vere

Condividi
di Roberta Rizzo
Tornare a camminare, a muoversi in autonomia, senza più bisogno della sedia a rotelle. Un sogno che si avvera per migliaia di persone cui è stata amputata una gamba e da anni vivono da invalide. Sono pronte le prime “gambe bioniche”, un sistema di protesi transfemorali robotomizzate, leggere e indossabili, che restituiscono a chi non ce l'ha più la possibilità di camminare senza faticare.

Il progetto, dal nome ‘Cyberlegs’, finanziato dalla Commissione Europea con 2,5 milioni di euro e iniziato nel 2012, si è concluso a gennaio scorso.  Oltre all’Istituto di BioRobotica del Sant’Anna di Pisa, hanno aderito docenti universitari provenienti da tutta Europa: l’Université catholique de Louvain, l’Univerza v Ljubljani, Vrije Universiteit di Brussel, la Fondazione Don Carlo Gnocchi di Firenze.

La perdita di un arto inferiore è una condizione invalidante che può compromettere lo stato di salute generale. Può verificarsi come conseguenza di un diabete (quello di tipo mellito), di patologie del sistema vascolare periferico, di traumi post incidenti o di tumori. L’idea alla base di Cyberlegs era creare ‘nuove macchine indossabili’ per le persone che hanno un’amputazione, in grado di far risparmiare energia fisica e regalando invece “una sensazione più vicina a quella della camminata naturale” spiega il ricercatore Nicola Vitiello che ha coordinato l’intero progetto.

“Una protesi tradizionale, per quanto efficace, non sarà mai uguale alla gamba e produrrà un cammino sempre inefficiente - prosegue Vitiello - Noi abbiamo pensato che per far meno fatica bisognasse assistere anche le altre articolazioni. Quelle sane”. “In questo progetto infatti abbiamo sviluppato tre moduli robotici: una protesi transfemorale robotica di nuova concezione, un’ortesi (tutore) bilaterale di bacino e infine un’ortesi per il ginocchio e la caviglia. Inoltre abbiamo progettato moduli di sensori ‘indossabili’: scarpe con sensori di pressione che ‘intuiscono’ cosa la persona vuole fare in termini di compito motorio (salire o scendere le scale ad esempio) e traducono quest’intenzione motoria in comandi per ciascuno di questi tre moduli.

Si tratta, insomma, di sistemi sofisticatissimi, robotomizzati, in grado di seguire la biomeccanica naturale. La protesi transfemorale permette di camminare, sedersi, salire o scendere le scale dimenticandosi della sedia a rotelle, spiega Vitellio: “Spesso  le persone che hanno subito un’amputazione finiscono per preferire la carrozzina a una protesi tradizionale più faticosa da usare ogni giorno. Con la nuova ‘protesi transfemorale robotica’ - grazie all’utilizzo di motori che forniscono energia durante la fase di appoggio e di elementi elastici in grado di assorbire l’impatto col terreno - la persona fatica molto meno ed è invogliata a riprendere un cammino più fisiologico”.

Un’altra frontiera esplorata con successo è stata quella di unire la protesi transfemorale con l’ortesi attiva di bacino. Secondo i ricercatori infatti, in futuro gli amputati potrebbero beneficiare di una protesi unita a un tutore: la protesi sostituisce l’arto mancante mentre l’ortesi può compensare le inefficienze del cammino e renderlo più simile a quello naturale.

L’altra sfida affrontata da Cyberlegs riguarda la creazione di un ‘collegamento bidirezionale’ con la protesi. Grazie allo sviluppo di un sistema miniaturizzato che la persona può indossare si riceve una sorta di ‘ritmo’ che permette di riprendere e mantenere un cammino più simmetrico. Un’altra sfida affrontata è il rischio cadute. Il progetto  ha infatti messo a punto strategie per riconoscere in tempo reale un possibile scivolamento, così da mitigarlo.
 
Considerando che tra Stati Uniti ed Europa si contano almeno 60mila nuovi amputati sopra al ginocchio ogni anno, Cyberlegs può migliorare la vita di moltissime persone. "Bisognerà però attendere almeno tre anni - spiega Vitellio - perché, con i giusti finanziamenti, alcuni dei moduli raggiungano il mercato". Quanto ai costi, auspica il coordinatore del progetto europeo "devono essere accessibili: il mio desiderio è che una protesi di nuova generazione non costi più di un avanzato elettrodomestico".

“Cyberlegs - conclude il ricercatore - ha aperto la strada a una nuova generazione di sistemi robotici di protesi e ortesi. In futuro alcuni di questi moduli potrebbero essere usati non solo da chi ha subito un’amputazione ma anche da ‘anziani fragili’ che hanno solo problemi di mobilità e che per questo camminano a fatica”. E per una società dove la vita media è in continua crescita, avere una maggiore autosufficienza diventa un traguardo fondamentale.