SCIENZA
Cambiamento climatico e produzione alimentare
California arida, New York senza insalata
Uno studio della Tuft University mette in relazione gli effetti potenziali del cambiamento climatico con i modelli di approvvigionamento alimentare in Nord America

Chi non si ricorda della first lady, Michelle Obama, che zappettava allegra il suo orto? L'idea di servire alla famiglia presidenziale e a tutti gli ospiti un menu biologico a base di prodotti coltivati nel giardino della Casa Bianca era suggestiva e originale. Un buon esempio per tutti gli americani, dopo tutto, molti dei quali sono afflitti dal sovrappeso e dall'obesità.
Ma l'auspicato cambiamento della dieta - associato agli effetti del cambiamento climatico - potrebbe mettere in crisi i meccanismi di approvvigionamento alimentare nel NordEst degli Usa. Questa la conclusione di una ricerca condotta presso la Tufts University - vicino Boston, nel Massachusetts - da Timothy Griffin, professore associato e direttore del Agriculture, Food and Environment program della Friedman School.
La ricerca
Mettendo a confronto i dati sulla produzione e sui consumi agroalimentari nel decennio 2001-2010, il team del Professor Griffin ha scoperto che l'autosufficienza alimentare negli stati del NordEst è un miraggio. Si dirà che nell'epoca del commercio globale è giusto e ovvio che sia così. Ma non tutto è così semplice come appare.
Squilibri
La produzione di cibo negli Usa è concentrata in alcune regioni, che riforniscono le altre. Il caso del NordEst è emblematico: la carne di maiale vi proviene per lo più da Iowa e North Carolina; la lattuga quasi tutta dalla californiana Salinas Valley. Ma, se il cambiamento climatico diminuirà la disponibilità di acqua per l'irrigazione riducendo significativamente la produzione agricola in quelle aree, come potranno i newyorkesi mangiare l'insalata? Potranno trovare ilmododi prodursela da soli?
La produzione alimentare: i numeri
Gli stati del NordEst statunitense - un'area molto densamente popolata e tuttora in forte crescita demografica - attualmente producono: il 70% delle uova che consumano, il 45% dei crostacei, il 30% della carne di pollo e il 23% del pesce. Poi il 26% dei vegetali e solo il 18% della frutta. È evidente che la dipendenza dalla produzione esterna è fortissima.
Le buone intenzioni
Se, dunque - questo è il senso del ragionamento del Professor Griffin - le abitudini alimentari del NordEst divenissero sempre più virtuose (come auspicato dalle campagne della First Lady Michelle Obama) e se ciò si associasse allo scenario più severo per quanto riguarda gli effetti del cambiamento climatico, mangiare cibi sani a New York potrebbe diventare sempre più problematico. E costoso.
Ma l'auspicato cambiamento della dieta - associato agli effetti del cambiamento climatico - potrebbe mettere in crisi i meccanismi di approvvigionamento alimentare nel NordEst degli Usa. Questa la conclusione di una ricerca condotta presso la Tufts University - vicino Boston, nel Massachusetts - da Timothy Griffin, professore associato e direttore del Agriculture, Food and Environment program della Friedman School.
La ricerca
Mettendo a confronto i dati sulla produzione e sui consumi agroalimentari nel decennio 2001-2010, il team del Professor Griffin ha scoperto che l'autosufficienza alimentare negli stati del NordEst è un miraggio. Si dirà che nell'epoca del commercio globale è giusto e ovvio che sia così. Ma non tutto è così semplice come appare.
Squilibri
La produzione di cibo negli Usa è concentrata in alcune regioni, che riforniscono le altre. Il caso del NordEst è emblematico: la carne di maiale vi proviene per lo più da Iowa e North Carolina; la lattuga quasi tutta dalla californiana Salinas Valley. Ma, se il cambiamento climatico diminuirà la disponibilità di acqua per l'irrigazione riducendo significativamente la produzione agricola in quelle aree, come potranno i newyorkesi mangiare l'insalata? Potranno trovare ilmododi prodursela da soli?
La produzione alimentare: i numeri
Gli stati del NordEst statunitense - un'area molto densamente popolata e tuttora in forte crescita demografica - attualmente producono: il 70% delle uova che consumano, il 45% dei crostacei, il 30% della carne di pollo e il 23% del pesce. Poi il 26% dei vegetali e solo il 18% della frutta. È evidente che la dipendenza dalla produzione esterna è fortissima.
Le buone intenzioni
Se, dunque - questo è il senso del ragionamento del Professor Griffin - le abitudini alimentari del NordEst divenissero sempre più virtuose (come auspicato dalle campagne della First Lady Michelle Obama) e se ciò si associasse allo scenario più severo per quanto riguarda gli effetti del cambiamento climatico, mangiare cibi sani a New York potrebbe diventare sempre più problematico. E costoso.