MONDO
Doccia fredda
Gli Stati Uniti non riconoscono l'esito del referendum per l'indipendenza del Kurdistan iracheno
A dare l'annuncio è stato il segretario di Stato, Rex Tillerson

Duro colpo alle speranze di indipendenza dei curdi iracheni. Gli Stati Uniti non riconoscono l'esito del referendum di lunedi che ha visto il 92% dei curdi della regione autonoma irachena del Kurdistan esprimersi a favore della rottura con Baghdad.
Referendum contestato, oltre che dal governo iracheno, anche dai 3 Paesi frontalieri del Kurdistan: oltre all'Iraq, l'Iran e la Turchia.
L'annuncio di Tillerson
A dare l'annuncio il segretario di Stato, Rex Tillerson: "Gli Usa non riconosceranno mai" il risultato del referendum "unilaterale" per l'indipendenza del Kurdistan, ha dichiarato, appellandosi a tutte le parti per il dialogo per scongiurare violenze. "Il voto e i risultati non sono legittimi e noi continuiamo a sostenere un Iraq unito, federale, democratico e prospero".
Iraq: a noi, Iran e Turchia i controlli ai confini
Il ministero della Difesa iracheno ha intanto annunciato che si appresta ad assumere il controllo della frontiera con la regione autonoma del Kurdistan. Operazione che avverrà in coordinamento con Iran e Turchia, gli altri Paesi frontalieri con il Kurdistan e che hanno fatto pressione affinche il referendum non si svolgesse. Stamane Baghdad aveva annunciato l'invio di 3 convogli di truppe in Kurdistan per assumere i controlli dei valichi di frontiera, che il governo di Erbil si era rifiutato di cedere.
Erbil "accerchiata"
La situazione a Erbil è instabile: è accerchiata dai tre Paesi che sono contrari all'indipendenza. In Iraq i peshmerga curdi hanno occupato nel 2014, dopo la fuga dei soldati iracheni davanti all'avanzata dell'Isis, l'importante centro petrolifero di Kirkuk, da cui estrae 400.000 barili al giorno sui 600.000 che esporta verso la Turchia. Baghdad non ha mai accettato questa situazione di fatto ed Ankara, che teme il riaccendersi delle violenze con i suoi curdi del Pkk, ha minacciato di interrompere il flusso di petrolio dell'oleodotto Kirkuk-Cehyan sul Mediterraneo.
Referendum contestato, oltre che dal governo iracheno, anche dai 3 Paesi frontalieri del Kurdistan: oltre all'Iraq, l'Iran e la Turchia.
L'annuncio di Tillerson
A dare l'annuncio il segretario di Stato, Rex Tillerson: "Gli Usa non riconosceranno mai" il risultato del referendum "unilaterale" per l'indipendenza del Kurdistan, ha dichiarato, appellandosi a tutte le parti per il dialogo per scongiurare violenze. "Il voto e i risultati non sono legittimi e noi continuiamo a sostenere un Iraq unito, federale, democratico e prospero".
Iraq: a noi, Iran e Turchia i controlli ai confini
Il ministero della Difesa iracheno ha intanto annunciato che si appresta ad assumere il controllo della frontiera con la regione autonoma del Kurdistan. Operazione che avverrà in coordinamento con Iran e Turchia, gli altri Paesi frontalieri con il Kurdistan e che hanno fatto pressione affinche il referendum non si svolgesse. Stamane Baghdad aveva annunciato l'invio di 3 convogli di truppe in Kurdistan per assumere i controlli dei valichi di frontiera, che il governo di Erbil si era rifiutato di cedere.
Erbil "accerchiata"
La situazione a Erbil è instabile: è accerchiata dai tre Paesi che sono contrari all'indipendenza. In Iraq i peshmerga curdi hanno occupato nel 2014, dopo la fuga dei soldati iracheni davanti all'avanzata dell'Isis, l'importante centro petrolifero di Kirkuk, da cui estrae 400.000 barili al giorno sui 600.000 che esporta verso la Turchia. Baghdad non ha mai accettato questa situazione di fatto ed Ankara, che teme il riaccendersi delle violenze con i suoi curdi del Pkk, ha minacciato di interrompere il flusso di petrolio dell'oleodotto Kirkuk-Cehyan sul Mediterraneo.