ITALIA
Non solo il Ponte di Rialto
Venezia: c'era anche San Marco nel mirino dei terroristi
Emerge dalle intercettazioni. Oggi il primo interrogatorio di garanzia

Secondo le intercettazioni, tradotte dagli investigatori, emergono ulteriori dettagli sui piani della presunta cellula terroristica che stava per preparare un attentato a Venezia: non solo il Ponte di Rialto nel mirino del gruppo, ma anche le chiese della città lagunare, prima tra tutte San Marco, come obiettivi ideali per un loro attacco.
Gli investigatori di Polizia e Carabinieri stanno esaminando attentamente il materiale sequestrato nelle due abitazioni, in centro storico nei pressi di Piazza San Marco, dei tre arrestati. Nelle loro abitazioni infatti sono stati trovati numerosi documenti, computer portatili i cui hard disk sono ora nelle mani degli esperti di polizia e carabinieri.
Oggi, intanto, di fronte al pm di Venezia si svolgerà l'interrogatorio di garanzia di Arjan Babaj, 25 anni, uno dei tre kosovari arrestati ieri da Polizia e Carabinieri accusato di far parte della presunta cellula terroristica che pianificava l'attentato. L'interrogatorio di garanzia degli altri due arrestati, e attualmente detenuti a Treviso e Belluno, Fisnik Bekaj di 25 anni, e Dake Haziraj 26enne, è previsto nei prossimi giorni. Si prospetta intanto l'espulsione a breve dal nostro Paese per i quattro indagati che avrebbero un ruolo 'minore' nell'inchiesta per terrorismo che ieri ha portato all'arresto a Venezia di tre giovani kosovari, oltre al fermo di un minore. Si tratta di due stranieri residenti a Venezia, uno a Mestre, ed il quarto nella periferia di Treviso.
Kosovari pregavano moschea Mestre, sale tensione
Fisnik Bekaj frequentava spesso la moschea di Mestre, in via Fogazzaro. E oggi il centro culturale islamico, a maggioranza bengalese, vive ore convulse, per il rischio incombente di chiusura. Nulla a che vedere, al momento, con l'inchiesta della Procura veneziana, ma con i permessi all'utilizzo di questo ex negozio come luogo di culto, ai cui responsabili un'ordinanza del Comune di Venezia aveva dato tre mesi di tempo per sanare gli abusi, in scadenza oggi.
Il controllo della polizia municipale effettuato nel centro culturale è coinciso con l'emotività del giorno dopo il blitz anti-terrorista. Così in strada sono tornati i rappresentanti del comitato 'Difesa del cittadino', guidati da Luigi Coro', chiedendo di mettere la parola stop all'attività della moschea. Oltre a Fisnik, residente a Marghera, pare che anche gli altri due arrestati frequentassero occasionalmente il centro di preghiera mestrino.
"Noi non possiamo mica chiedere i documenti a chi viene qui a pregare - risponde il portavoce del centro, Syed Kamrul, bengalese -. Ho letto dell'inchiesta, ho visto le loro foto; personalmente non li conosco, però sì, uno dei tre ragazzi veniva qui a pregare. Non frequentava spesso la moschea, credo di averlo visto l'ultima volta diversi mesi fa". "Ma questa cosa - conclude Kamrul - non c'entra con la religione. Nessuna religione, né musulmana, né cristiana né buddhista dice di buttare bombe, parlano solo di pace".
Gli investigatori di Polizia e Carabinieri stanno esaminando attentamente il materiale sequestrato nelle due abitazioni, in centro storico nei pressi di Piazza San Marco, dei tre arrestati. Nelle loro abitazioni infatti sono stati trovati numerosi documenti, computer portatili i cui hard disk sono ora nelle mani degli esperti di polizia e carabinieri.
Oggi, intanto, di fronte al pm di Venezia si svolgerà l'interrogatorio di garanzia di Arjan Babaj, 25 anni, uno dei tre kosovari arrestati ieri da Polizia e Carabinieri accusato di far parte della presunta cellula terroristica che pianificava l'attentato. L'interrogatorio di garanzia degli altri due arrestati, e attualmente detenuti a Treviso e Belluno, Fisnik Bekaj di 25 anni, e Dake Haziraj 26enne, è previsto nei prossimi giorni. Si prospetta intanto l'espulsione a breve dal nostro Paese per i quattro indagati che avrebbero un ruolo 'minore' nell'inchiesta per terrorismo che ieri ha portato all'arresto a Venezia di tre giovani kosovari, oltre al fermo di un minore. Si tratta di due stranieri residenti a Venezia, uno a Mestre, ed il quarto nella periferia di Treviso.
Kosovari pregavano moschea Mestre, sale tensione
Fisnik Bekaj frequentava spesso la moschea di Mestre, in via Fogazzaro. E oggi il centro culturale islamico, a maggioranza bengalese, vive ore convulse, per il rischio incombente di chiusura. Nulla a che vedere, al momento, con l'inchiesta della Procura veneziana, ma con i permessi all'utilizzo di questo ex negozio come luogo di culto, ai cui responsabili un'ordinanza del Comune di Venezia aveva dato tre mesi di tempo per sanare gli abusi, in scadenza oggi.
Il controllo della polizia municipale effettuato nel centro culturale è coinciso con l'emotività del giorno dopo il blitz anti-terrorista. Così in strada sono tornati i rappresentanti del comitato 'Difesa del cittadino', guidati da Luigi Coro', chiedendo di mettere la parola stop all'attività della moschea. Oltre a Fisnik, residente a Marghera, pare che anche gli altri due arrestati frequentassero occasionalmente il centro di preghiera mestrino.
"Noi non possiamo mica chiedere i documenti a chi viene qui a pregare - risponde il portavoce del centro, Syed Kamrul, bengalese -. Ho letto dell'inchiesta, ho visto le loro foto; personalmente non li conosco, però sì, uno dei tre ragazzi veniva qui a pregare. Non frequentava spesso la moschea, credo di averlo visto l'ultima volta diversi mesi fa". "Ma questa cosa - conclude Kamrul - non c'entra con la religione. Nessuna religione, né musulmana, né cristiana né buddhista dice di buttare bombe, parlano solo di pace".