ITALIA
Fenomeno in crescita
Immigrazione, la nuova tecnica degli scafisti: abbandonare le navi al loro destino
Il caso del cargo Ezadeen è solo l'ultimo che evidenzia un cambio di strategia da parte di chi porta i migranti via mare verso l'Europa. Una volta impostata la rotta o dopo aver spiegato i rudimenti a qualcuna delle persone trasportate, abbandonano l'imbarcazione, con seri rischi per chi resta a bordo e per chi li soccorre

Il sistema è recente ed estremamente pericoloso: usare navi dismesse da 2-3 anni e abbandonare l’imbarcazione una volta impostata la rotta o comunque dopo avere dato i rudimenti di navigazione a qualcuno dei migranti. È la nuova tecnica usata dagli scafisti per trasportare nel nostro Paese i migranti, soprattutto provenienti dalla Siria. È accaduto anche con il cargo Ezadeen, trainato al porto di Corigliano Calabro con 450 persone a bordo.
Cambio di strategia
La metodica era già nota alla Guardia costiera calabrese, che si è trovata ad affrontare casi analoghi altre volte nel recente passato. "Adesso - spiegano alla Guardia costiera - è cambiata la tipologia degli sbarchi. Prima avvenivano prevalentemente nel periodo estivo e con vecchie carrette del mare. Adesso utilizzano grandi navi, anche di 100 metri, che consentono di affrontare il mare grosso invernale. Questo avviene anche perché i profughi siriani sono disposti a pagare di più, anche 8.000 dollari a testa, ma pretendono mezzi sicuri".
Tecnica rischiosa
La nuova metodologia di sbarco è molto rischiosa. La nave, priva di comando, può infatti andare a schiantarsi sulle coste. Inoltre gli operatori della Guardia costiera possono correre seri pericoli se costretti a salire a bordo in condizioni meteo marine al limite, come nel caso del cargo Ezadeen, sul quale si sono dovuti calare dagli elicotteri.
Porti congestionati
Il fenomeno costituisce anche un problema per la gestione degli spazi nei porti. Solo a Crotone ci sono due mercantili giunti in Italia senza equipaggio ed altrettanti sono in Puglia. Tant'è - spiegano alla Guardia costiera - che uno dei motivi che ha indotto a condurre il cargo Ezadeen nel porto di Corigliano invece che in quello di Crotone, oltre alla vicinanza, è stato la necessità di non occupare un altro spazio che avrebbe impedito l'ormeggio di navi commerciali.
Cambio di strategia
La metodica era già nota alla Guardia costiera calabrese, che si è trovata ad affrontare casi analoghi altre volte nel recente passato. "Adesso - spiegano alla Guardia costiera - è cambiata la tipologia degli sbarchi. Prima avvenivano prevalentemente nel periodo estivo e con vecchie carrette del mare. Adesso utilizzano grandi navi, anche di 100 metri, che consentono di affrontare il mare grosso invernale. Questo avviene anche perché i profughi siriani sono disposti a pagare di più, anche 8.000 dollari a testa, ma pretendono mezzi sicuri".
Tecnica rischiosa
La nuova metodologia di sbarco è molto rischiosa. La nave, priva di comando, può infatti andare a schiantarsi sulle coste. Inoltre gli operatori della Guardia costiera possono correre seri pericoli se costretti a salire a bordo in condizioni meteo marine al limite, come nel caso del cargo Ezadeen, sul quale si sono dovuti calare dagli elicotteri.
Porti congestionati
Il fenomeno costituisce anche un problema per la gestione degli spazi nei porti. Solo a Crotone ci sono due mercantili giunti in Italia senza equipaggio ed altrettanti sono in Puglia. Tant'è - spiegano alla Guardia costiera - che uno dei motivi che ha indotto a condurre il cargo Ezadeen nel porto di Corigliano invece che in quello di Crotone, oltre alla vicinanza, è stato la necessità di non occupare un altro spazio che avrebbe impedito l'ormeggio di navi commerciali.