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MONDO

Corea del Sud

Papa Francesco e il dialogo, non solo politico, con i paesi dell'Asia

Accenno a Cina e Nord Corea nel discorso ai vescovi asiatici

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Spero fermamente che i Paesi del vostro Continente con i quali la Santa Sede non ha ancora una relazione piena, non esiteranno a promuovere un dialogo, a beneficio di tutti". Papa Francesco lo ha detto ai vescovi dell'Asia riuniti nel santuario di Hemi, 90 chilometri a sud di Seul, luogo simbolo delle persecuzioni anticristiane.

"Non mi riferisco - ha aggiunto il Papa a braccio - solo al dialogo politico, ma anche al dialogo umano e fraterno". E, ancora a braccio: "non devono pensare 'questi vengono come concorrenti o conquistatori, non vengono a toglierci identita' ma vogliono camminare con noi".

Le parole del Papa potrebbero essere applicate alla Corea del Nord, alla Cina e ad altri paesi dell'Asia orientale con cui la Santa Sede non ha relazioni diplomatiche. Da Seul, in quella penisola coreana dove un unico popolo è diviso in due Stati da oltre 60 anni, e dove la piccola chiesa coreana fa da Chiesa-ponte verso la Cina continentale, non è azzardato pensare che papa Bergoglio avesse in mente soprattutto queste due
realta'. 

Le aggiunte a braccio al discorso che aveva scritto focalizzano comunque l'attenzione sugli aspetti meno diplomatici e politici della questione. Nel solco della diplomazia della Chiesa e del magistero dei predecessori, per il papa latinoamericano infatti resta la preoccupazione che la Santa
Sede non venga vista da Pyongyang e Pechino come un potere
politico ostile e antagonista, magari di stampo occidentale, quando come una autorita' morale la cui voce può essere ascoltata con attenzione anche in Oriente. In questo senso è interessante il fatto che il Papa abbia pronunciato le sue considerazioni a braccio nell'ambito di un discorso in cui ha parlato del dialogo con la cultura e i popoli asiatici come condizione anche della missione.

La situazione dei cattolici in Nord Corea e Cina presenta elementi di similitudine, ma anche differenze da non trascurare. In Cina è attiva la Associazione patriottica, fondata dal governo nel tentativo di creare una chiesa nazionale antagonista al papa di Roma. Di fatto la Chiesa cinese clandestina - fedele ai papi fino al punto da accettare arresti e controllo governativo per moltissimi suoi preti e vescovi - è da tempo in dialogo con quella ufficiale della Associazione patriottica, e un paziente lavoro che dura da anni cerca di avere vescovi riconosciuti dal Papa che però non subiscano ostilita' di Pechino. 

Questo percorso, - che ha come modello per la nomina dei vescovi quello felicemente instaurato dalla Chiesa con il governo del Vietnam - va avanti con fasi alterne in un tira e molla a volte estenuante. Nel 2007 papa Ratzinger ha indirizzato una lettera al popolo cinese, proclamando tra l'altro il desiderio dei cattolici cinesi di contribuire lealmente alla vita del grande paese asiatico. 

Papa Francesco poi, con un gesto di ricerca di amicizia più che diplomatico, ha avuto uno scambio di messaggi augurali con il presidente cinese Xi Jinping, eletto il 13 marzo 2013, cioè un giorno dopo papa Francesco. Al presidente poi ha indirizzato il 13 agosto scorso un messaggio, come sempre fanno i papi  con i capi di Stato dei paesi che sorvolano durante i viaggi apostolici. Con la Cina però è stata una prima volta, visto che nell'89, quando papa Wojtyla andò in Corea del Sud, Pechino vietò il sorvolo al suo aereo, che dovette passare per la rotta artica.

Nella Corea del Nord invece c'è stato un tentativo di creare una sorta di Associazione patriottica alla cinese, ma non ha avuto successo. L'arcivescovo di Seul, card. Andrew Yeon, è anche amministratore apostolico di Pyongyang ma non sembra che nella Corea del Nord la presenza dei cattolici sia significativa. Nella messa che papa Francesco ha celebrato ieri a Seul per la beatificazione di 124 martiri della prima generazione di cristiani coreani ha partecipato anche un giovane cinese della chiesa clandestina.