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MONDO

Tg1 Storia

"Cosa Nostra", la "fortunata" storia di Lucky Luciano

Salvatore Lucania stava appeso ad un gancio con la gola tagliata da un orecchio all'altro, ma quando gli agenti fecero irruzione in un magazzino di Staten Island era ancora vivo. Da quel giorno per tutti diventò 'Lucky' Luciano, uno dei mafiosi più potenti e conosciuti nella storia di Cosa Nostra

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Salvatore Lucania detto Lucky Luciano
di Roberto OllaRoma
Stava appeso ad un gancio con la gola tagliata da un orecchio all'altro quando gli agenti fecero irruzione in un magazzino di Staten Island. Era il 16 ottobre 1929 e si, volendo credere alla fortuna, Salvatore era davvero fortunato. Se quei poliziotti del New Jersey fossero arrivati un paio di minuti più tardi non sarebbe sopravvissuto e il crimine organizzato avrebbe trovato altri protagonisti. Aveva ricevuto diverse coltellate ma i medici riuscirono a ricucire tutto, torace, braccia e collo. Si riprese e scatenò una delle più feroci guerre di mafia della storia. Salvatore Lucania era nato in Sicilia, a Lercara Friddi. Nel 1905, all'età di otto anni era arrivato nel nuovo mondo assieme  ai genitori e ad alcuni milioni di italiani sulle "navi di Lazzaro", vecchie carrette dove la ruggine sapeva di sangue rappreso e si macellavano i vitelli sul ponte. Ad Ellis Island le implacabili guardie di frontiera gli avevano scoperto il vaiolo e l'avevano trattenuto ben oltre i limiti della quarantena. Rapida la sua carriera. Fin dai primi giorni fece capire che non era arrivato in America per giocare. Cominciarono a chiamarlo Charles Luciano. Quando poi  ricomparve con la gola cucita lo chiamarono Lucky, Charlie Lucky Luciano, il fortunato.

Erano frequenti gli scontri tra i picciotti di Joe The Boss Masseria e quelli del suo rivale Salvatore Maranzano. Energumeni sempre unti, sporchi e sudaticci, come del resto i loro boss. Quella guerriglia continua disturbava gli affari. Così la pensava il giovane Lucky Luciano, così la pensava Meyer Lanski, il suo amico e socio ebreo conosciuto nelle strade del ghetto adiacenti a quelle di Little Italy, così la pensavano Bugsy Siegel, Vito Genovese, Joe Adonis, Albert Anastasia, i "giovani turchi" della mafia americana. Se si deve far fuori qualcuno, era stato sempre insegnato ai picciotti, è bene che costui non si accorga di niente. Luciano andò a pranzo con Masseria. Si alzò un attimo dal tavolo e in quell'attimo entrarono i suoi killer. Lasciarono il temutissimo Joe The Boss con la faccia riversa sul piatto di pastasciutta. Maranzano si convinse allora di essere diventato il capo dei capi. Grosso errore. Gli uomini di Meyer Lanski lo eliminarono senza fatica. Poi fu una strage. Tutti quelli non sufficientemente rapidi nello schierarsi, che fossero capifamiglia, consiglieri o semplici soldati, venivano eliminati. Ora Luciano poteva riorganizzare la mafia con nuovi criteri più adatti agli affari americani. Niente più capo dei capi. Al suo posto una commissione dei boss più influenti e temuti, una sorta di tavola rotonda dei cavalieri del male. Fosse stato per Luciano sarebbe sparito anche il rito di affiliazione col santino che brucia tra le mani, le gocce di sangue e il giuramento. Fu Meyer Lanski a convincerlo che quel rito, tutto sommato, era necessario per dare ai nuovi picciotti qualcosa in cui credere e qualcosa da temere. Mente acuta Meyer Suchowljansky, ebreo emigrato dalla Polonia, cinque anni più giovane di Luciano. Secondo Hoover, leggendario capo dei federali, uno così poteva benissimo diventare membro del consiglio di amministrazione della General Motors se solo avesse imboccato un'altra strada. Sul nome invece Luciano tenne duro. Niente nome. A megghiu parola ė chidda ca nun si dici. Vecchia regola, vecchia mafia, sempre valida. Questa nuova cosa che abbiamo organizzato non avrà alcun nome, disse al suo braccio destro, sarà una cosa nostra e basta. È meglio così. Furono i giornalisti che, nei vari processi, sentendo tutti fare riferimento a questa cosa, cominciarono a chiamarla "LCN, La Cosa Nostra".

Con la nuova organizzazione Lucky Luciano, Meyer Lanski e gli altri della commissione traghettarono tutte le famiglie americane dai "modesti" affari del proibizionismo e del pizzo, al primo grande mercato globale del pianeta: il traffico di droga. Coltivata in Asia, raffinata in Sicilia, distribuita capillarmente ovunque. Improvvisamente i boss si scoprirono specialisti dell'import-export, che fossero acciughe, sughi o mandorle. Dove passavano gli ingredienti per la pizza, passava anche l'eroina.  Cummannari è megghiu ca futtiri, dice un'altra antica regola tramandata nei secoli di famiglia in famiglia. Sarebbe stato meglio per Lucky Luciano rispettarla alla lettera, dedicarsi al comando e lasciar perdere il sesso, affare troppo magmatico, poco controllabile e, in definitiva, non adatto alla statura criminale di un vero capo. Invece Luciano non solo non chiuse i bordelli ma prese a frequentare le migliori professioniste nella sua suite del Waldolf-Astoria, forse il più lussuoso hotel  di New York. Furono due ragazze qualsiasi a fregarlo e a testimoniare contro di lui al processo. La giustizia americana non fu per niente tenera: dai 30 ai 50 anni, a seconda di come si sarebbe comportato in galera. Calati juncu ca passa a china. Altra antica regola. Piegati giunco e aspetta che la piena passi. Non dovette attendere molto, Charlie Luciano detto Lucky. Scoppiò la seconda guerra mondiale e il porto di New York diventò strategico per l'invio di armi e uomini nei vari fronti. Ma secondo la commissione quel porto era cosa nostra e, per sottolineare bene il concetto, nessuno impedì al transatlantico Normandie, adibito al trasporto truppe, di prendere improvvisamente fuoco mentre mentre era ormeggiato e teoricamente al sicuro. Il servizio segreto della marina, con le lamiere della grande nave ancora fumanti, non perse tempo e chiese con chi bisognava parlare garanzie sulla sicurezza. Tutti indicarono una località poco più a nord del porto. Una cella del carcere di Sing Sing. Quella in cui stava rinchiuso Lucky Luciano.