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SPETTACOLO

Impossibile organizzare concerti

Covid. Siae: “surreale apertura discoteche al 35% capienza”

Una scelta, sostiene la Siae, che comporterà un'impennata dei prezzi. “Non ci sono figli di un Dio minore tra i lavoratori dello spettacolo”

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“Le condizioni poste dal Cts per la riapertura delle discoteche la rendono di fatto impossibile, e suonano surreali le dichiarazioni entusiaste sul “primo passo”, dato che nella sostanza non c'è nessun passo". Lo chiarisce in una nota In una nota la Siae. "I costi di gestione di un locale sono troppo ingenti per poter riaprire con gli introiti di un 35% di capienza. In alternativa, i gestori sarebbero obbligati a praticare prezzi inaccessibili ai più. Sarebbe stato più onesto dire 'non ci sono le condizioni, non si può riaprire', ma con i dati sule vaccinazioni sarebbe stato difficile da motivare.

La campagna vaccinale
I dati sulle vaccinazioni sottolinea la Siae, sono sul sito del governo: l'84,23% della popolazione ha fatto almeno una dose di vaccino; il 79,47% ha completato il ciclo vaccinale" .
"Nel giugno 2020, nonostante Siae fosse contraria, con un Dpcm il governo riaprì senza limitazioni le discoteche, con le conseguenze tristemente note. Ora che sembrano esserci le condizioni di fatto le costringe a restare chiuse, senza una valida motivazione”. Nella nota si sottolinea come sia sbagliato correggere un errore con un altro errore". "Lo stesso discorso vale peri concerti, che restano impossibili da organizzare.

La petizione
La petizione che Siae ha lanciato sulla piattaforma www.cultura100x100.it ha raccolto finora oltre 17 mila firme e chiede la riapertura a capienza totale e in sicurezza dei luoghi della cultura. Gli appelli di autori, artisti, organizzatori, lavoratori dello spettacolo e semplici cittadini restano inascoltati; il severo protocollo redatto per le associazioni di categoria da autorevoli scienziati non viene preso in considerazione.” Non vogliamo morire sani. Senza possibilità di lavorare l'industria della musica live rischia seriamente di scomparire, portando con sè la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, soprattutto per i più giovani". "Per l'ennesima volta che l'industria della cultura è una delle più importanti del paese, per valore, occupati e riconoscibilità all'estero. È tempo di farla ripartire a pieno regime, perché c'è il rischio di far morire un settore. Non ci sono figli di un Dio minore tra i lavoratori dello spettacolo".