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ITALIA

Trani (Puglia)

Crac della casa di cura Divina Provvidenza, richiesta d'arresto per il senatore Azzollini (Ncd)

Dieci arresti nell'inchiesta portata avanti dalla Guardia di Finanza che indaga sulla bancarotta da mezzo miliardo, in manette anche 2 suore

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Dieci arresti (di cui tre in carcere e sette ai domiciliari) per il crac della Casa Divina Provvidenza di Bisceglie, l’ospedale psichiatrico, con sedi anche a Potenza e Foggia, finito in amministrazione straordinaria ai sensi della legge Prodi bis.

Tra le misure richieste di domiciliari c’è anche quella per il senatore Antonio Azzollini (Nuovo Centro Destra), già sindaco di Molfetta, sulla quale ora dovrà esprimersi il Parlamento. Il senatore Azzollini è coinvolto anche in un'inchiesta sul porto di Molfetta, ma per la richiesta che riguardava l'utilizzo delle intercettazioni il Senato negò l'autorizzazione anche con i voti del Pd. 

Le manette sono scattate per ex responsabili e consulenti esterni della struttura: in carcere Dario Rizzi, Antonio Battiante, Rocco di Terlizzi; ai domiciliari la madre superiora Marcella Cesa e suor Assunta Puzzello, Antonio Damascelli, Adrijana Vasiljevic, Angelo Belsito, Augusto Toscani, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta.

Le ordinanze di custodia cautelare del gip Rossella Volpe - che ha inoltrato contestualmente una richiesta di arresto al Senato per il parlamentare molfettese - sono state richieste dal procuratore aggiunto di Trani, Francesco Giannella, e dalla pm Silvia Curione nell’ambito dell’inchiesta iniziata nel 2012. Fu la stessa Procura a chiedere al Tribunale di Trani il fallimento dell’ente con sede legale a Bisceglie, che gestisce anche gli ospedali di Foggia e Potenza, per via di debiti che ammontano a mezzo miliardo di euro. Dopo il piano presentato l’ente è stato ammesso all’amministrazione straordinaria nel dicembre 2013, ma già in ottobre era intervenuto il Vaticano commissariando l’ente e sostituendo suor Marcella Cesa, fino ad allora alla guida della congregazione delle Ancelle della Divina Provvidenza, con il vescovo di Molfetta, monsignor Luigi Martella.

Oggi i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Bari, oltre alle dieci misure cautelari, hanno sequestrato un immobile a Guidonia di proprietà della congregazione. Nel corso degli ultimi due anni, sono stati eseguiti diversi sequestri su conti riconducibili al Don Uva di Bisceglie. Tra gli altri uno da 27 milioni a carico della casa di procura, considerata la “cassaforte” dell’ente della quale era responsabile suor Assunta Puzzello. L’ipotesi degli inquirenti è che queste somme fossero oggetto di distrazione del patrimonio dell’ente, in danno dei creditori.

Altri conti sono stati sequestrati per complessivi 2 milioni di euro. Singolare però è il caso del conto “Postulatore beatificazione Don Uva”, gestito dalle stesse suore non per spese necessarie alla pratica di beatificazione per la quale esisteva già un postulatore ufficiale nominato dal Vaticano con un proprio conto allo Ior. Si trattava di un conto segreto, che veniva alimentato dalle donazioni di fedeli e dal pagamento delle copie della cartelle cliniche di pazienti della Casa della Divina Provvidenza.

Le suore, secondo la Procura, avrebbero rinnegato i canoni fondativi della loro missione, che imporrebbero di prendersi cura delle persone colpite da problemi psichici e fisici e “per farsi voce di chi non ha voce”, come si legge sul sito della congregazione. Secondo la relazione del commissario straordinario dell’ente, Bartolo Cozzoli, la consapevolezza dello stato di insolvenza “era nota agli amministratori fin dagli anni ‘90”. E “già nel 1997 – scrive ancora il commissario – infatti le disponibilità finanziarie della congregazione non erano sufficienti ad assolvere agli impegni di spesa previsti nei confronti del personale”. Ma è dal luglio 2001 che “l’ente non è più in grado di assolvere alle obbligazioni di natura previdenziale ed erariale connesse al lavoro dipendente; dal gennaio 2002 l’ente non è più in grado di assolvere nemmeno ai contributi a carico dell’azienda verso Inps e Inail”. Infatti, del mezzo miliardo di euro di debiti, ben 350 milioni sono costituiti da debiti verso lo Stato.