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ITALIA

Processo bis

Cucchi, pm: partita truccata sulle spalle della famiglia, in gioco credibilità di intero sistema

All'udienza anche la testimonianza del generale Tomasone, comandante interregionale a Napoli, che all'epoca dei fatti convocò una riunione con tutti coloro trattarono la vicenda relativa all'arresto di Cucchi

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"In questa vicenda si è giocata una partita truccata, con carte segnate. Una partita giocata sulle spalle di una famiglia: qui c'è in gioco la credibilità di un intero sistema". Lo ha detto il pm Giovanni Musarò, in apertura di udienza del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi che vede imputati cinque carabinieri.

Oggi è anche il giorno del generale Vittorio Tomasone, comandante interregionale a Napoli, chiamato a testimoniare nel processo per la morte di Stefano Cucchi. L'alto ufficiale dei carabinieri, chiamato sul banco dei testimoni da una delle parti civili, si è presentato in aula in attesa di essere convocato davanti alla Corte d'assise per rendere la sua testimonianza. Era stato proprio il generale Toasone, all'epoca dei fatti al vertice del Comando Provinciale dei carabinieri di Roma, a convocare una riunione con tutti coloro trattarono la vicenda relativa all'arresto di Stefano Cucchi, nella notte tra il 15 eil 16 ottobre 2009.

Tomasone: fu arresto normale, chiesi relazione e convocai riunione
"Per me quello di Cucchi era un arresto normale". Così ha detto il generale dei carabinieri, Vittorio Tomasone, già comandante provinciale di Roma dell'Arma, durante la sua testimonianza nel processo bis. "Appresi le prime informazioni, per quel che ricordo, con la lettura di agenzie di stampa. Poi con le domande di alcuni giornalisti che mi chiamarono. Ai miei collaboratori chiesi se era vero che era stato arrestato dai Carabinieri e mi fu detto che era stato arrestato una settimana a prima. A quel punto chiesi altre informazioni e mi dissero che, a parte l'attivazione del 118, non c'erano stati problemi. Insomma c'era stata un'udienza di convalida dell'arresto e la consegna alla penitenziaria. Chiesi al comandante del gruppo e agli altri comandanti di preparare una relazione servizio da parte di tutti quelli che avevano avuto un contatto fisico con Cucchi, dall'arresto sino alla consegna alla polizia penitenziaria".

A proposito delle riunioni che seguirono ha detto: "Chiesi a tutti coloro che avevano avuto a che fare con la vicenda Cucchi di fare relazioni e divenire al comando da me per dire quello che avevano fatto, dalmomento dell'arresto e fino alla consegna alla poliziapenitenziaria: il motivo della riunione era anche quello dicogliere dal loro viso la reazione a quanto avevano scritto". Da quella riunione emerse che "le condizioni fisiche generali di Cucchi non erano ottimali - ha detto Tomasone in aula - Un carabiniere che lo ebbe in custodia la notte dell'arresto disse che aveva avuto dolori e aveva chiesto l'intervento del 118. Proprio per questo decisi di ascoltare per scrupolo la telefonata con la quale fu chiesta l'ambulanza. Era un elemento importante". E poi, una seconda riunione tra ufficiali dell'Arma, il 15 novembre 2009, "con a tema aspetti organizzativi e due episodi: la vicenda Cucchi e la vicenda che riguardò l'ex presidente della Regione, Marrazzo. Riunioni come queste ci sono sempre state". L'arresto di Cucchi, per il generale Tomasone "era normale, come tanti altri". 

Negli atti dell'Arma anticipate le conclusioni della perizia
"In atti interni dell'Arma dei carabinieri che risalgono al periodo compreso tra l'ottobre e l'inizio novembre del 2009 compaiono già le conclusioni a cui sarebbero giunti i medici legali nominati dalla Procura sei mes idopo" e che indicavano come "responsabili del decesso solo i medici".  E' quanto ha affermato il pm Musarò illustrando i nuovi documenti depositati.  Si tratta di una circostanza che il magistrato definisce "inquientante". Perché "già in quegli atti si affermava che non c'era un nesso di causalità tra le botte e la morte di Cucchi, che una delle fratture era risalente nel tempo e che i responsabili del decesso erano solo i medici". "Tutto ciò - aggiunge il magistrato- era stato scritto non solo quando i consulenti erano ben lontani dal concludere il loro lavoro ma quando la procura doveva ancora nominarli. Ciò lascia sconcertati". Su questo Tomasone ha risposto "di non ricordare come fosse stata assunta quell'informazione, sul modo con il quale è stata assunta l'informazione non ricordo.Non ho memoria".

Procura: attività di depistaggio, ex ministro Alfano riferì su atti falsi
L'attività di depistaggio sulla morte di Stefano Cucchi iniziò il 26 ottobre del 2009 dopo un lancio dell'agenzia Ansa in cui Patrizio Gonnella e Luigi Manconi denunciano pubblicamente che Stefano Cucchi al momento dell'arresto stava bene e che non aveva segni sul volto, visti poi dal padre il giorno dopo nel processo per direttissima.  E' quanto emerge dai documenti depositati in aula dal pm Musarò in apertura dell'udienza.  "A partire dal 26 ottobre del 2009 iniziano a pullulare richieste di annotazioni su ordine della scala gerarchicadell'Arma, comprese quelle false e quelle dettate. Cosa successequel giorno? Il lancio di agenzia delle 15.38 scatena unputiferio. Dal Comando generale dell'Arma partono richieste urgentissime di chiarimenti. E tutte queste annotazioni non servivano al pm ma all'allora ministro della Giustizia Angelino Alfano che avrebbe dovuto rispondere al question time alla Camera". Il pm aggiunge che  "il ministro, per paradosso, si limitò a riferire il falso su atti falsi". Insomma, secondo l'accusa, fu inconsapevolmente indotto con atti falsi a riferire il falso.