ITALIA
Oltre 20 anni di accuse
Dell'Utri libero, scontata pena per concorso esterno in associazione mafiosa
Era stato condannato a 7 anni di prigione. Dal 2018 si trovava agli arresti domiciliari per motivi di salute

Marcello Dell'Utri tra poche ore sarà di nuovo un uomo libero, infatti finirà di scontare domani la sua pena dopo la condanna, per concorso esterno in associazione mafiosa, dai giudici di Palermo.
L'ex senatore di Forza Italia, condannato a 7 anni per reati di mafia, potrà lasciare la sua abitazione di Milano. Dal 2018 si trovava agli arresti domiciliari per motivi di salute.
Dopo un breve fuga in Libano, tentata alla vigilia della pronuncia della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la pena, venne estradato in Italia ed entrò in carcere a maggio del 2014.
Dell'Utri è stato detenuto in regime di alta sicurezza prima nel carcere di Parma, poi nella Casa Circondariale di Rebibbia a Roma. Infine, ai domiciliari per ragioni di salute.
Ha goduto della liberazione anticipata prevista dalla legge: i sette anni di detenzione sono diventati cinque e qualche mese.
Le vicende giudiziarie dell'ex manager di Publitalia però non si sono ancora concluse: è imputato al processo sulla cosiddetta 'trattativa Stato-mafia' che in primo grado gli ha portato la pesante condanna a 12 anni di carcere. L'appello è in corso.
Restano poi le accuse di peculato, ricettazione e appropriazione indebita, a Milano e Napoli, dovute alla scomparsa di centinaia di libri antichi.
Dopo una condanna per falso in bilancio nel 1987, Dell'Utri finisce sotto inchiesta a Palermo, nei primi anni '90, per concorso esterno in associazione mafiosa. Un'accusa che si è trascinata per vent'anni, con due processi d'appello e che si è conclusa col giudizio definitivo della Cassazione che ha accertato i suoi rapporti con la mafia palermitana dal 1974 al 1992.
Secondo i giudici, Dell'Utri, avrebbe svolto un ruolo di 'mediatore' nei rapporti con la mafia. Marcello Dell'Utri si è sempre difeso, contrattaccando alcuni magistrati e criticando aspramente l'impianto accusatorio.
Tra poche ore Marcello Dell'Utri potrà riprendere una vita normale. Gli restano due anni di sorveglianza speciale decisi nella sentenza di condanna e il conseguente obbligo di firma presso le Forze dell'ordine.
L'ex senatore di Forza Italia, condannato a 7 anni per reati di mafia, potrà lasciare la sua abitazione di Milano. Dal 2018 si trovava agli arresti domiciliari per motivi di salute.
Dopo un breve fuga in Libano, tentata alla vigilia della pronuncia della Corte di Cassazione che ha reso definitiva la pena, venne estradato in Italia ed entrò in carcere a maggio del 2014.
Dell'Utri è stato detenuto in regime di alta sicurezza prima nel carcere di Parma, poi nella Casa Circondariale di Rebibbia a Roma. Infine, ai domiciliari per ragioni di salute.
Ha goduto della liberazione anticipata prevista dalla legge: i sette anni di detenzione sono diventati cinque e qualche mese.
Le vicende giudiziarie dell'ex manager di Publitalia però non si sono ancora concluse: è imputato al processo sulla cosiddetta 'trattativa Stato-mafia' che in primo grado gli ha portato la pesante condanna a 12 anni di carcere. L'appello è in corso.
Restano poi le accuse di peculato, ricettazione e appropriazione indebita, a Milano e Napoli, dovute alla scomparsa di centinaia di libri antichi.
Dopo una condanna per falso in bilancio nel 1987, Dell'Utri finisce sotto inchiesta a Palermo, nei primi anni '90, per concorso esterno in associazione mafiosa. Un'accusa che si è trascinata per vent'anni, con due processi d'appello e che si è conclusa col giudizio definitivo della Cassazione che ha accertato i suoi rapporti con la mafia palermitana dal 1974 al 1992.
Secondo i giudici, Dell'Utri, avrebbe svolto un ruolo di 'mediatore' nei rapporti con la mafia. Marcello Dell'Utri si è sempre difeso, contrattaccando alcuni magistrati e criticando aspramente l'impianto accusatorio.
Tra poche ore Marcello Dell'Utri potrà riprendere una vita normale. Gli restano due anni di sorveglianza speciale decisi nella sentenza di condanna e il conseguente obbligo di firma presso le Forze dell'ordine.