MONDO
Il presidente francese Hollande a Baghdad
Diario dall’iraq

ll presidente Francese Hollande è arrivato a Baghdad insieme ai ministri degli Esteri e della Difesa. E’ il primo capo di Stato europeo a toccare il suolo dell’Iraq dall’inizio della crisi; un segnale di quanto l’avanzata dello Stato Islamico preoccupi l’europa.
A Baghdad, Hollande ha ribadito la sua offerta: aiuti militari e umanitari, ma anche il sostegno dell’aviazione militare – se sarà richiesto dall’Iraq. In particolare, la Francia potrebbe mettere a disposizione di una coalizione di volenterosi i suoi aerei da rifornimento e sorveglianza
Tra i cristiani
Il protocollo del presidente francese ha tenuto segreta fino all’ultimo la sua decisione di visitare i profughi cristiani. Hollande è atteso nella Chiesa caldea di San Giuseppe, nel quartiere cristiano di Ainkawa a Erbil. I preparativi sono in corso – confermano i responsabili della diocesi, che nelle ultime settimane ha dato ospitalità a più di 8000 persone.
I cristiani di Ainkawa sono fuggiti soprattutto da Mosul, dai villaggi circostanti dalle zone contese della provincia di Niniveh: sono accampati nel giardino attorno alla Chiesa; le coperture improvvisate sono state sostituite da grandi tende climatizzate, di fabbricazione italiana, fornite dall’Unicef. C’è una grande cucina sotto una tettoia, e container con i servizi igienici. Altre famiglie hanno regressivamente trasformato alcuni palazzi in costruzione in piccoli villaggi. Il messaggio di Hollande è chiaro: la Francia e l’Europa sono vicine alle minoranze perseguitate dallo Stato Islamico.
Renzi
Una posizione simile a quella espressa dal Presidente del Consiglio Renzi, il 20 agosto scorso: anche il premier italiano aveva visitato un campo profughi – a Kalak, periferia di Erbil – popolato soprattutto da Shabachi, Khaaki e Yazidi. Renzi presentava così gli aiuti umanitari italiani, già consegnati alle autorità curde, e quelli militari – recentemente approvati.
Nuovi attacchi aerei
Mentre il segretario di stato americano Kerry è in Turchia per convincere il governo di Ankara ad unirsi alla coalizione di paesi arabi che si opporranno allo Stato Islamico, si prepara una nuova offensiva militare. Gli Stati Uniti promettono attacchi mirati, con nuove regole di ingaggio: sarà possibile colpire direttamente uomini dell’Isis, soprattutto i capi, che gli agenti americani hanno rintracciato con i voli di sorveglianza delle settimane scorse. Per i curdi, impegnati nella guerra contro gli estremisti sunniti, è un momento di sollievo: non sarà più la guerra di logoramento che ha messo in pericolo i confini della Regione Autonoma Curda, i suoi villaggi, e minacciato anche la capitale Erbil. Dai soldati Peshmerga sulla prima linea a Makhmur, all’elite intellettuale di Erbil, tutti accolgono con favore la decisione di potenziare l’offensiva dal cielo. Gli americani sono tornati – dicono – per affrontare questa crisi.
Baghdad sulla strada sbagliata
Le preoccupazioni maggiori sono invece per il processo politico in corso a Baghdad: la strada intrapresa dal neo premier Al Abadi scontenta profondamente i curdi, ma soprattutto sembra inadeguata al suo compito più importante: riportare i sunniti al potere e convincerli a prendere le armi contro lo Stato Islamico.
Gli aiuti militari sono indispensabili, quelli militari urgenti, ma è il lavoro politico e diplomatico la cosa più importante: quello che potrà trovare una soluzione al profondo cambiamento dell’area mediorientale, e un nuovo equilibrio nella lotta per il potere, il petrolio e la ricchezza.
A Baghdad, Hollande ha ribadito la sua offerta: aiuti militari e umanitari, ma anche il sostegno dell’aviazione militare – se sarà richiesto dall’Iraq. In particolare, la Francia potrebbe mettere a disposizione di una coalizione di volenterosi i suoi aerei da rifornimento e sorveglianza
Tra i cristiani
Il protocollo del presidente francese ha tenuto segreta fino all’ultimo la sua decisione di visitare i profughi cristiani. Hollande è atteso nella Chiesa caldea di San Giuseppe, nel quartiere cristiano di Ainkawa a Erbil. I preparativi sono in corso – confermano i responsabili della diocesi, che nelle ultime settimane ha dato ospitalità a più di 8000 persone.
I cristiani di Ainkawa sono fuggiti soprattutto da Mosul, dai villaggi circostanti dalle zone contese della provincia di Niniveh: sono accampati nel giardino attorno alla Chiesa; le coperture improvvisate sono state sostituite da grandi tende climatizzate, di fabbricazione italiana, fornite dall’Unicef. C’è una grande cucina sotto una tettoia, e container con i servizi igienici. Altre famiglie hanno regressivamente trasformato alcuni palazzi in costruzione in piccoli villaggi. Il messaggio di Hollande è chiaro: la Francia e l’Europa sono vicine alle minoranze perseguitate dallo Stato Islamico.
Renzi
Una posizione simile a quella espressa dal Presidente del Consiglio Renzi, il 20 agosto scorso: anche il premier italiano aveva visitato un campo profughi – a Kalak, periferia di Erbil – popolato soprattutto da Shabachi, Khaaki e Yazidi. Renzi presentava così gli aiuti umanitari italiani, già consegnati alle autorità curde, e quelli militari – recentemente approvati.
Nuovi attacchi aerei
Mentre il segretario di stato americano Kerry è in Turchia per convincere il governo di Ankara ad unirsi alla coalizione di paesi arabi che si opporranno allo Stato Islamico, si prepara una nuova offensiva militare. Gli Stati Uniti promettono attacchi mirati, con nuove regole di ingaggio: sarà possibile colpire direttamente uomini dell’Isis, soprattutto i capi, che gli agenti americani hanno rintracciato con i voli di sorveglianza delle settimane scorse. Per i curdi, impegnati nella guerra contro gli estremisti sunniti, è un momento di sollievo: non sarà più la guerra di logoramento che ha messo in pericolo i confini della Regione Autonoma Curda, i suoi villaggi, e minacciato anche la capitale Erbil. Dai soldati Peshmerga sulla prima linea a Makhmur, all’elite intellettuale di Erbil, tutti accolgono con favore la decisione di potenziare l’offensiva dal cielo. Gli americani sono tornati – dicono – per affrontare questa crisi.
Baghdad sulla strada sbagliata
Le preoccupazioni maggiori sono invece per il processo politico in corso a Baghdad: la strada intrapresa dal neo premier Al Abadi scontenta profondamente i curdi, ma soprattutto sembra inadeguata al suo compito più importante: riportare i sunniti al potere e convincerli a prendere le armi contro lo Stato Islamico.
Gli aiuti militari sono indispensabili, quelli militari urgenti, ma è il lavoro politico e diplomatico la cosa più importante: quello che potrà trovare una soluzione al profondo cambiamento dell’area mediorientale, e un nuovo equilibrio nella lotta per il potere, il petrolio e la ricchezza.