CULTURA
In un libro la vita della più famosa fotografa italiana
Letizia Battaglia: "La fotografia l'ho vissuta come salvezza e verità"
Letizia Battaglia è la più famosa fotografa italiana, conosciuta in tutto il mondo. Scrive nella prefazione del suo libro “Diario” (Castelvecchi editore,50 euro): “La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e tanto altro ancora. L’ho vissuta come acqua dentro la quale mi sono immersa, mi sono lavata e purificata. L’ho vissuta come salvezza e verità”.

Letizia Battaglia è la più famosa fotografa italiana, conosciuta in tutto il mondo. Scrive nella prefazione del suo libro “Diario” (Castelvecchi editore,50 euro): “La fotografia l’ho vissuta come documento, come interpretazione e tanto altro ancora. L’ho vissuta come acqua dentro la quale mi sono immersa, mi sono lavata e purificata. L’ho vissuta come salvezza e verità”.
E Letizia è proprio ciò che descrive. Una donna a tutto tondo la cui vita privata, l’impegno civile e il suo lavoro sono l’uno parte dell’altra. Nasce a Palermo 80 anni fa , si sposa per amore a 16 anni, ha tre figli. Ma il matrimonio le va stretto e nel 1971 lascia la sua città per Milano, e inizia a collaborare con dei giornali anticonformisti dell’epoca (ABC e Le ore”) sia scrivendo che fotografando. Il direttore dell’Ora di Palermo la vuole nel suo giornale e Letizia torna in Sicilia per raccontare , attraverso l’obiettivo, più che con le parole e sempre e rigorosamente in bianco e nero, la realtà, spesso drammatica, del nostro Paese. In “Diario”, la sua storia con gli scatti più belli e quelli che hanno segnato un’epoca: le sue bambine incontrate per le strade di Palermo che raccontano la loro condizione di vita e le loro speranze solo con lo sguardo, o i morti ammazzati di mafia, ritratti nella mattanza.
Racconta, illustrando una delle foto più famose, la “Bambina con il pallone”: ”Passeggiavo per una strada della mia città quando ho visto questa ragazzina che giocava con il pallone. L’ho spinta contro questa porta di legno e fotografata così: pallone in una mano e le mille lire nell’altra. Sguardo grave, profondo, quello dei sogni delle bambine. L’ho cercata per anni per sapere quale è stata la sua vita, ma non l’ho più trovata”.
Letizia è sempre presente sulle scene di delitti di Cosa nostra, ma non vuole che si parli di lei solo come fotografa di mafia. La sua Palermo così martoriata le provoca grande sofferenza. Per questo non ha voluto documentare le stragi di Falcone e Borsellino. Un rapporto di odio e di amore con la sua città dalla quale è fuggita per poi tornare e viverci per sempre. Un balconcino al secondo piano di una palazzina dove vive quasi tutta la sua famiglia. Un osservatorio privilegiato dal quale ancora ha voglia di fermare gli sguardi delle bambine e delle donne, i suoi principali obiettivi.
Perché, sostiene: “ Le donne sono capaci di esprimere qualcosa che gli uomini non sono capaci di esprimere. Un altro modo di vivere, esistere , di amare, di procedere nel mondo. C’èe una diversità nel raccontare il mondo”.
E Letizia è proprio ciò che descrive. Una donna a tutto tondo la cui vita privata, l’impegno civile e il suo lavoro sono l’uno parte dell’altra. Nasce a Palermo 80 anni fa , si sposa per amore a 16 anni, ha tre figli. Ma il matrimonio le va stretto e nel 1971 lascia la sua città per Milano, e inizia a collaborare con dei giornali anticonformisti dell’epoca (ABC e Le ore”) sia scrivendo che fotografando. Il direttore dell’Ora di Palermo la vuole nel suo giornale e Letizia torna in Sicilia per raccontare , attraverso l’obiettivo, più che con le parole e sempre e rigorosamente in bianco e nero, la realtà, spesso drammatica, del nostro Paese. In “Diario”, la sua storia con gli scatti più belli e quelli che hanno segnato un’epoca: le sue bambine incontrate per le strade di Palermo che raccontano la loro condizione di vita e le loro speranze solo con lo sguardo, o i morti ammazzati di mafia, ritratti nella mattanza.
Racconta, illustrando una delle foto più famose, la “Bambina con il pallone”: ”Passeggiavo per una strada della mia città quando ho visto questa ragazzina che giocava con il pallone. L’ho spinta contro questa porta di legno e fotografata così: pallone in una mano e le mille lire nell’altra. Sguardo grave, profondo, quello dei sogni delle bambine. L’ho cercata per anni per sapere quale è stata la sua vita, ma non l’ho più trovata”.
Letizia è sempre presente sulle scene di delitti di Cosa nostra, ma non vuole che si parli di lei solo come fotografa di mafia. La sua Palermo così martoriata le provoca grande sofferenza. Per questo non ha voluto documentare le stragi di Falcone e Borsellino. Un rapporto di odio e di amore con la sua città dalla quale è fuggita per poi tornare e viverci per sempre. Un balconcino al secondo piano di una palazzina dove vive quasi tutta la sua famiglia. Un osservatorio privilegiato dal quale ancora ha voglia di fermare gli sguardi delle bambine e delle donne, i suoi principali obiettivi.
Perché, sostiene: “ Le donne sono capaci di esprimere qualcosa che gli uomini non sono capaci di esprimere. Un altro modo di vivere, esistere , di amare, di procedere nel mondo. C’èe una diversità nel raccontare il mondo”.