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ECONOMIA

Emissioni truccate

Dieselgate, Audi: la procura di Monaco apre un procedimento contro ignoti. E ora trema anche Renault

E arriva l'accordo tra Italia e Germania sulla Fiat 500X

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Le perquisizioni nella sede centrale di Audi, a Ingolastadt, e in alcune abitazioni per il dieselgate negli Usa sono avvenute nell'ambito di un procedimento penale aperto dalla procura di Monaco "nei confronti di ignoti per presunta truffa e pubblicità ingannevole". Lo ha reso noto l'autorità giudiziaria, come riporta la Dpa, aggiungendo che "l'azione mira a chiarire chi abbia partecipato all'utilizzo del software che manipolava le emissioni" dei motori diesel, ammesse dalla stessa Audi e alla campagna pubblicitaria ingannevole nei confronti dei clienti Usa. L'indagine, infatti, si riferisce solo alle vendite negli Usa e non a quelle in Europa. Gli inquirenti hanno eseguito una perquisizione anche in un locale della sede centrale della controllante di Audi Volkswagen, a Wolfsburg. Lo ha reso noto la stessa Vw. A margine della conferenza stampa annuale, il ceo di Audi Rupert Stadler ha fatto sapere che né la sua abitazione né il suo ufficio sono stati oggetto delle perquisizioni, cui hanno partecipato più di 100 poliziotti. "I chiarimenti sul dieselgate" sono al momento il suo "lavoro principale come presidente di Audi", ha aggiunto Stadler.

Trema anche Renault
Giornata nera per Renault. Dopo lo scandalo Volkswagen si riaccendono i sospetti di un possibile dieselgate anche per il primo costruttore automobilistico della Francia. Secondo la Direzione per la lotta anti-frode (Dgccrf), organismo direttamente legato al ministero dell'Economia di Parigi, "l'insieme della catena di comando" di Renault, incluso il numero uno Carlos Ghosn, è coinvolta nella vicenda. Questo il ragionamento degli inquirenti: "Nessuna delega di potere è stata stabilita dal signor Ghosn riguardo l'approvazione di strategie di controllo per il funzionamento dei motori". L'eventuale "responsabilità" ricadrebbe dunque tutta su di lui e sulla direzione. Secondo il rapporto della Dgccrf, rivelato stamattina in prima pagina da Libération, Renault avrebbe sistemato su alcuni motori diesel un dispositivo per falsare i test anti-smog. "Renault rispetta la legislazione francese ed europea", ha ribadito la storica azienda di Boulogne-Billancourt smentendo seccamente l'ipotesi di frode. E però la giustizia indaga. I documenti della Dgccrf sono stati trasmessi alla procura di Parigi che il 12 gennaio ha aperto un'inchiesta. Il sospetto è che il marchio francese abbia fatto sistemare "un dispositivo fraudolento che modifica in modo specifico il funzionamento del motore per ridurre le emissioni di Nox (Ossido d'azoto) nelle condizioni specifiche dei test di omologazione". "La società ha usato una strategia con l'obiettivo di falsare i risultati dei test antismog", conclude la Dgccrf, nel documento svelato da Libé. In pratica, Renault avrebbe agito esattamente come quanto riconosciuto da Volkswagen nel settembre 2015. Circostanza aggravante, il sospetto di ''strategie fraudolente" durerebbe da anni. Alcune pratiche risalirebbero al 1990. L'inchiesta contro Renault è stata affidata a tre giudici del polo salute pubblica. I documenti svelati oggi gettano un'ombra su quattro modelli diesel di Renault: la berlina Talisman, il 4 ? 4 urbano Kadjar, ma anche la Renault Captur e la Clio IV. Qualche settimana dopo lo scandalo Volkswagen, il governo di Parigi chiese alla Dgccrf di indagare sul diesel di una dozzina di marchi, tra cui, appunto, Renault. Risalgono a oltre un anno fa le perquisizioni nel quartier generale del costruttore e degli altri concorrenti finiti sotto osservazione. "Siamo pronti ad aprire i software dei nostri Diesel per fare chiarezza e ristabilire la fiducia dei consumatori", disse a settembre lo stesso Carlos Ghosn, aggiungendo: "Il dibattito sui Diesel riguarda le emissioni reali e quelle di omologazione. Abbiamo chiesto alla Ue di fare le regole per sapere cosa è accettabile e cosa no. Dateci il livello delle emissioni e lo seguiremo". Che Renault fosse particolarmente esposta non è un mistero. Nel dicembre 2015, il vice-direttore generale Thierry Bolloré, ammetteva senza troppi giri di parole che il gruppo "non era tra i primi della classe" in materia di emissioni. Alla stessa conclusione era giunta la commissione voluta dal ministro dell'Ambiente, Segolene Royal. La firma automobilistica rischia pesanti rischi finanziari. In teoria, la multa potrebbe arrivare fino al 10% del fatturato. Per non parlare dell'apertura di simili procedure al livello internazionale.

C'è l'accordo tra Italia e Germania sulla Fiat 500X
Germania e Italia hanno trovato un accordo sulle misure per il modello Fiat 500X diesel, il cui livello di emissioni è stato contestato da Berlino. Lo ha annunciato la Commissione Ue, che ha svolto un ruolo di mediatore che si è concluso il 14 marzo con il raggiungimento di una "comune intesa" tra i due Paesi "sulla necessità di prendere misure". Bruxelles, però, avverte che "questo non pregiudica il suo ruolo di guardiana dei Trattati" se le regole Ue in materia non sono correttamente applicate. "Dal momento che Italia e Germania hanno trovato un'intesa comune sulla necessità di prendere misure e l'Italia ha fornito informazioni sulla campagna servizi avviata da Fiat nel 2016 sulla 500X 2.0L Diesel, la Commissione ha concluso il suo esercizio di mediazione il 14 marzo", ha sottolineato una portavoce della Commissione, ricordando i due incontri avvenuti a Bruxelles il 4 novembre e il 2 febbraio scorsi. Questo, però, ha avvertito, "non pregiudica il ruolo della Commissione come guardiana dei Trattati" per cui "se e quando la Commissione ha ragione di ritenere che la legislazione Ue non sia correttamente applicata, i Trattati Ue forniscono gli strumenti legali che consentono alla Commissione di assicurare il rispetto degli obblighi", ovvero tramite l'apertura di una procedura d'infrazione. Bruxelles, infatti, ha svolto il ruolo di mediatore nella disputa tra Germania e Italia, non di arbitrato, e questo ha riguardato non la conformità o meno dei modelli Fiat alle regole Ue ma solo le misure di rimedio che la
Germania ha chiesto all'Italia, che ha omologato i modelli Fiat il cui livello di emissioni NOx è stato messo in questione dal ministero dei trasporti tedesco. "Il dissenso riguardava le azioni rimedio necessarie", mentre "la conformità vera e propria della Fiat 500X Diesel alle regole di omologazione Ue non è stato oggetto della procedura di mediazione", ha infatti precisato la portavoce, che ha sottolineato l'importanza che i 28 accelerino sull'adozione delle nuove norme di omologazione proposte da Bruxelles. In base alle attuali regole, spetta allo stato membro che ha omologato un modello auto portare rimedio in caso un altro stato membro contesti l'omologazione. Bruxelles può solo mediare, e così ha fatto su richiesta del ministero dei trasporti tedesco inoltrata lo scorso 2 settembre.