MONDO
Diritti dei detenuti
Mogli di ergastolani russi chiedono fecondazione artificiale
Il caso nasce da un appello della moglie di un estremista cristiano ortodosso, che è stata imitata da altre 40 partner di detenuti

Terroristi, pluriomicidi, stupratori seriali: criminali estremamente pericolosi all'ergastolo in Russia, per i primi dieci anni di pena non possono incontrare i familiari se non per pochi e brevi incontri, comunicando attraverso vetri infrangibili o in presenza di una guardia.
Il permesso per poter avere incontri in intimità con i partner arriva in certi casi dopo quindici anni di 'isolamento'. Un tempo che rischia di essere troppo lungo, non permettendo alle donne di avere figli.
Per questo Veronica Koroleva, moglie di un terrorista, ha chiesto all’amministrazione penitenziaria il permesso di praticare almeno la fecondazione extracorporea con il marito detenuto.
La richiesta è stata appoggiata dall’Assemblea popolare (organo consultivo presso la presidenza russa), dalla Duma e dall’Associazione per la difesa dei diritti dei detenuti “No al Gulag”.
Il caso della Koroleva è inusuale sotto molti aspetti. Suo marito, Nikolaj Korolev, russo etnico, è il primo cristiano ortodosso nazionalista a essere condannato in Russia per terrorismo. E’ stato riconosciuto colpevole di aver organizzato il gruppo paramilitare “Salvatore”, che ha ideato una serie di omicidi di caucasici per motivi etnici e una strage costata la vita a 14 asiatici in un mercato a Mosca.
I coniugi Kovalev si sono sempre dichiarati cristiani ortodossi ferventi. La chiesa ortodossa pur non vedendo di buon occhio la fecondazione extracorporea, in questo caso, si è detta favorevole a questa richiesta.
La moglie del terrorista non chiede la liberazione del marito, ma preme sui diritti che gli sono rimasti come cittadino, tra cui il quello alla procreazione.
Il regolamento penitenziario vieta di portare qualsiasi cosa fuori dal luogo di reclusione, soprattutto dai carceri di massima sicurezza. Pertanto anche il prelievo e il trasporto fuori dal carcere del liquido seminale necessita di un'autorizzazione dell'Ufficio Investigativo presso la Procura Generale russa.
Intanto, in attesa della decisione sul caso, si è già formato un gruppo di 40 persone tra mogli e madri di altri ergastolani, di diverse etnie e credi religiosi, che intendono chiedere la stessa cosa – la fecondazione extracorporea – anche per i propri cari condannati a vita.
Il permesso per poter avere incontri in intimità con i partner arriva in certi casi dopo quindici anni di 'isolamento'. Un tempo che rischia di essere troppo lungo, non permettendo alle donne di avere figli.
Per questo Veronica Koroleva, moglie di un terrorista, ha chiesto all’amministrazione penitenziaria il permesso di praticare almeno la fecondazione extracorporea con il marito detenuto.
La richiesta è stata appoggiata dall’Assemblea popolare (organo consultivo presso la presidenza russa), dalla Duma e dall’Associazione per la difesa dei diritti dei detenuti “No al Gulag”.
Il caso della Koroleva è inusuale sotto molti aspetti. Suo marito, Nikolaj Korolev, russo etnico, è il primo cristiano ortodosso nazionalista a essere condannato in Russia per terrorismo. E’ stato riconosciuto colpevole di aver organizzato il gruppo paramilitare “Salvatore”, che ha ideato una serie di omicidi di caucasici per motivi etnici e una strage costata la vita a 14 asiatici in un mercato a Mosca.
I coniugi Kovalev si sono sempre dichiarati cristiani ortodossi ferventi. La chiesa ortodossa pur non vedendo di buon occhio la fecondazione extracorporea, in questo caso, si è detta favorevole a questa richiesta.
La moglie del terrorista non chiede la liberazione del marito, ma preme sui diritti che gli sono rimasti come cittadino, tra cui il quello alla procreazione.
Il regolamento penitenziario vieta di portare qualsiasi cosa fuori dal luogo di reclusione, soprattutto dai carceri di massima sicurezza. Pertanto anche il prelievo e il trasporto fuori dal carcere del liquido seminale necessita di un'autorizzazione dell'Ufficio Investigativo presso la Procura Generale russa.
Intanto, in attesa della decisione sul caso, si è già formato un gruppo di 40 persone tra mogli e madri di altri ergastolani, di diverse etnie e credi religiosi, che intendono chiedere la stessa cosa – la fecondazione extracorporea – anche per i propri cari condannati a vita.