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MONDO

Contro il traffico internazionale di organi

Diritto a salvarsi ma non a tutti i costi

"Aiutare i malati secondo le mie forze e il mio giudizio, ma mi asterrò dal recar danno e ingiustizia". Con il giuramento d’ Ippocrate al via il Primo Simposio Nazionale sull’Etica nella Medicina dei Trapianti

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di Carla Toffoletti
“Ti sei chiesto da dove vengono questi organi?”
“L’unica cosa che so è che adesso posso crescere i miei figli!”
Lo racconta  il dott. Jacob Lavee, medico israeliano dello Sheba Madical Center di Tel Hashoner,  sulla testimonianza di un paziente che si era appena recato in Cina per un trapianto di organi.

Si è inaugurato a Roma il primo Simposio Nazionale sull’Etica nella Medicina dei Trapianti. Presso la Camera dei Deputati la comunità medica e politica si è unita  per trovare risposte concrete contro il traffico internazionale di organi, e per discutere sulla questione centrale dell’etica in una società in cui il diritto alla vita e l’integrità della persona umana viene minacciata da pratiche immorali e forme di “neo cannibalismo”. Su 70 mila trapianti nel mondo, un  quinto è fatto attraverso la compravendita di organi (dati OMS). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli Stati membri devono prendere dei provvedimenti al fine di proteggere i gruppi più poveri e vulnerabili, estendendo l’attenzione al problema più ampio del traffico internazionale di tessuti e organi umani. Su questa linea quattro mesi fa l’approvazione in Senato della Risoluzione, che impegna il Governo ad agire contro gli espianti forzati di organi in Cina, denunciata dall’avvocato David Matas, candidato premio Nobel per la Pace nel 2010 con la sua inchiesta sugli espianti di organi ai praticanti del Falun Gong. I pazienti dall’Europa, come da altri Paesi, viaggiano in Cina per ottenere organi entro un intervallo di tempo di 1-2 settimane, quando il tempo di attesa comune per un trapianto in Europa è di alcuni anni. Decine di migliaia di organi non hanno una provenienza legale e, come dimostrato da testimoni e prove corroboranti, provengono dai prigionieri di coscienza non consenzienti. Nel luglio 2006, l’ex Segretario di Stato per l’Asia-Pacifico David Kilgour e Matas hanno pubblicato il proprio rapporto di 140 pagine, che raggiunge «la conclusione deplorevole che le accuse sono vere».

La Cina  presenta una macabra unicità nel palcoscenico globale del "turismo dei trapianti", ma questo non significa che il problema non ci tocchi. Il turismo sanitario nasce nei paesi civili, dai nostri paesi occidentali partono per comprare pezzi di ricambio accessibili a chi se lo può permettere. Ci sono Organizzazioni ben strutturate, paragonabili a quelle della tratta di minori o degli schiavi, che prevedono molti attori, dal broker (intermediario), al medico che effettua l’espianto, ai soggetti che si prestano. “Dobbiamo pervadere tutto il mondo - dice la senatrice Ivana Simeoni (Commissione Sanità) - siamo riusciti a far approvare una risoluzione europea in cui si chiede a tutti gli organi diplomatici di intervenire in Cina, dove ancora vige la pena di morte”. C’è una proposta di legge a firma del senatore Maurizio Romani, vicepresidente Commissione Sanità, che rappresenta un ulteriore tassello per rendere complicato il traffico di organi. “Nel ddl si chiede di istituire il reato di traffico di organi finalizzato al trapianto, equiparandolo alla tratta degli esseri umani - spiega Romani - ciò rende colpevoli tutti gli attori, i soggetti che donano,i soggetti che organizzano, i soggetti che espiantano, ma anche chi acquista l’organo”. Il senatore, medico prestato alla politica,  spiega di voler agire sul traffico attraverso le intercettazioni, e siccome per poter intercettare servono 6 anni, nel ddl si chiede di alzare le pene (dagli 8 ai 22 anni), configurando il reato di associazione finalizzata al traffico di organi.”In Commissione Sanità ho trovato tutti d’accordo, in Commissione Giustizia hanno rinviato l’approvazione per sentirmi. Ci saranno degli emendamenti, ma verrà approvato il 24 luglio”, assicura Romani.

Ma non bastano le leggi per evitare il traffico di organi , finché sussistono domanda e offerta nulla cambierà. Serve una rivoluzione culturale, sradicare la domanda attraverso la cultura della donazione. Lo spiega bene Alessandro Anselmo, dirigente medico U.O.C Chirurgia dei Trapianti Policlinico Tor Vergata di Roma. In Italia, rassicura, esiste un sistema ufficiale all’interno di regole ben precise, che funziona alla perfezione. Tutto ruota attorno alla donazione, non c’è trapianto senza donazione. Ma chi sono i donatori potenziali? Quelli con diagnosi di morte cerebrale, vale a dire traumatizzati cranici, emorragie cerebrali, ipossia ischemica. La diagnosi di morte cerebrale è una diagnosi certa, insiste il medico. La dichiarazione di donazione è reversibile e la famiglia è sempre chiamata a partecipare alla decisione, da noi non è operativo il silenzio/assenso. Da noi i favoritismi non esistono e nel nostro sistema non c’è scambio di denaro. In Italia però solo una persona su tre riesce a essere accontentata, la lista d’attesa per un trapianto è di 9mila persone. Le percentuali delle donazioni in Italia si aggirano attorno al 22%, a fronte di una media europea del 16.9%. Ma da noi la maggior parte dei trapianti è da cadavere, i trapianti da donatore vivente, prassi consolidata in America dove esiste una cultura della donazione (17mila i trapianti di organi all’interno di un sistema di donazione), sono rari. Anche in Europa la percentuale è bassa. Negli Usa hanno anche creato catene di “scambio incrociato”, in caso di incompatibilità all’interno della coppia, e dal punto di vista della ricerca, attraverso cellule staminali ripopolano  scheletri di organi, ricreandoli. Fantascienza? Forse da noi. E’ chiaro che in futuro sempre più persone avranno bisogno di organi e altri abusi potrebbero essere commessi. Sia in Europa che in America ci sono regole severe, ma la natura umana tende a superare e a violare le regole. Per questo diventa fondamentale denunciare il traffico di organi e rispettare l’etica della medicina .Nel 2008 è stata approvata la Dichiarazione di Istambul, ma queste regole non sono ancora rispettate da tutti. Con la globalizzazione tutto è cambiato e ci sono diversi modi per procurarsi gli organi. Tutti sono informati, Dietro ci sono grandi scambi monetari. Nel 2005 la Cina ha ammesso di prelevare organi dai prigionieri di coscienza condannati a morte. La Cina non rispetta i propri donatori perché li uccide. Nel 2007 avevano fatto una legge per regolamentare i trapianti, ma non è stata rispettata.

Lo scorso novembre la Società  Internazionale Trapianti si è incontrata in Cina con il ministro della Salute per fermare l’espianto forzato, ma il risultato è che dal marzo 2014 hanno solo affiancato le donazioni volontarie a quelle forzate. Bisogna fermare questo crimine.