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POLITICA

Tensioni nella maggioranza

Dl crescita in Consiglio dei ministri, si cerca una via di uscita sul 'Salva-Roma'

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Approderà domani martedì in Cdm, per il varo definitivo, il dl crescita approvato salvo intese il 4 aprile scorso. Il provvedimento, che ormai ha assunto la forma di un vero e proprio 'omnibus', e che insieme allo Sblocca cantieri dovrebbe sostenere la crescita del Pil per lo 0,1 per cento, è rimasto a lungo 'incagliato' a causa del braccio di ferro all'interno della maggioranza sulle norme ai truffati delle banche e sul cosiddetto 'Salva Roma'. Il vero nodo politico è rappresentato dalla norma sulla gestione del debito di Roma che i 5 stelle premono per mantenere e che la Lega ha chiesto invece di stralciare.

La disposizione prevede la chiusura dal 2021 della gestione commissariale del maxi debito pregresso da 12 miliardi della Capitale. La norma dovrebbe alla fine restare nel testo, nonostante abbia aperto una frattura tra M5s e Lega, ma prende quota l'ipotesi di compromesso di allargare 'l'ombrello di salvataggio' anche agli altri comuni a rischio dissesto. Ovvero mantenere la misura integrandola con la possibilità per i grandi comuni di rinegoziare i tassi di interesse sui vecchi mutui. Una soluzione ribattezzata 'Salva Italia' che rischia però di avere un impatto sui conti.

A confermare che si sta lavorando per tutti i comuni è stata anche il viceministro dell'Economia, Laura Castelli, che in un botta e risposta con il vicepremier Matteo Salvini ha sottolineato che "i Comuni vanno salvati tutti, perché così si salvano i servizi ai cittadini". "Sui Comuni per me non c'è nessuna guerra con gli alleati di Governo, e non c'è la necessità di una resa dei conti, mi dispiace che qualcuno della stampa voglia raccontarla così", ha affermato Castelli, precisando che "nel Decreto Crescita, in conversione, come abbiamo fatto ogni volta che ce n'è stato bisogno verranno inserite norme utili a risolvere le problematiche di molti Comuni, ognuno con una specificità. Ma in tanti casi non serve una norma di legge, e per questo stiamo lavorando su tanti tavoli".

La posizione della Lega
Se ci fosse "un accordo su tutti i Comuni" anche la norma cosiddetta 'Salva Roma' potrebbe essere inserita nel decreto crescita, ma "in sede di conversione". Lo dicono fonti di governo della Lega spiegando che al momento la norma non è ancora stata inserita nel testo e che, in ogni caso queste norme, sia quella per Roma che quelle per gli altri Comuni vanno portate avanti insieme, non prima una poi le altre.

M5S: Lega forse non ha capito, pensi a Siri
"Sul cosiddetto salva Roma la Lega forse non ha capito di cosa si tratta, visto che parliamo della chiusura di un commissariamento a costo zero che permetterà ai romani di non pagare più gli interessi su un debito vecchio di 20 anni che creò proprio il centrodestra con Berlusconi al governo. Piuttosto la Lega pensi a Siri e alle indagini sui fondi che riguardano anche il loro tesoriere, invece di fare di tutto per nasconderlo". Così fonti del Movimento 5 Stelle. E poi: "Siamo di nuovo costretti a puntualizzare, perché la Lega con Matteo Salvini è inciampata in una grandissima gaffe senza saperlo. Il provvedimento di cui parlano, che loro chiamano salva-Roma, poi salva-Raggi quando capiscono che il primo epiteto non paga in termini elettorali, è totalmente a costo zero. Non andiamo oltre, ci fermiamo qui, sarebbe paradossale spiegare qualcosa che capirebbe anche un bambino".

Il rimborso ai truffati
Quanto ai rimborsi per i truffati, la norma, che modificherà l'impianto previsto nella legge di Bilancio, dovrebbe ricalcare lo schema del 'doppio binario' concordato con Bruxelles: un ristoro diretto per i risparmiatori con un reddito sotto 35.000 euro nel 2018 e un patrimonio mobiliare sotto i 100.000, circa il 90% della platea secondo il governo, e per il restante 10% una sorta di arbitrato semplificato davanti alla commissione di 9 esperti indipendenti creata ad hoc al Mef. La commissione dovrà verificare, all'interno di tipologie tipizzate, sia l'esistenza di violazioni massive sia del cosiddetto misselling, ovvero la vendita fraudolenta di toli e bond.

Questo schema è stato avallato da 17 associazioni e respinto da due: 'Noi che credevamo nella Popolare di Vicenza' e il 'Coordinamento Don Torta'. Venerdì scorso i 'dissidenti', rappresentanti dei risparmiatori veneti, Luigi Ugone e Andrea Arman, sono stati convocati a Palazzo Chigi per un confronto tecnico al termine del quale era emersa la volontà dell'esecutivo di cercare il più ampio consenso possibile ma non quell'unanimità chiesta a più riprese da Di Maio, che implicherebbe il via libera delle due associazioni che hanno votato no alla proposta dell'esecutivo. Secondo le due organizzazioni, la norma così come dovrebbe essere impostata, è parametrata più sulle quattro banche fallite (Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti) che non sulle venete e non garantisce il rimborso effettivo del 90% dei risparmiatori truffati, come indicato dal governo.

Nel pacchetto di misure contenute nel decreto dovrebbero essere confermate il ripristino del superammortamento del 130% sugli investimenti, l'aumento della deducibilità dell'Imu sui capannoni dal 40 al 60%, la rottamazione delle multe e dei tributi locali. Nel provvedimento dovrebbe poi trovare spazio anche l'estensione a tempo indeterminato del prestito ponte concesso ad Alitalia nel 2017 e la trasformazione degli interessi in capitale della compagnia. Nelle ultime bozze circolate sono scomparse, invece, la stabilizzazione del credito d'imposta per la ricerca e sviluppo e il Fondo di garanzia per portafogli di mini-bond.