POLITICA
Dopo il referendum
Domani la resa dei conti nel Pd
Una partita delicata al momento si gioca nel Pd. Da domenica notte è partito un pressing affinchè Renzi non abbandoni il ruolo di segretario. Franceschini, Delrio e Orfini i suoi principali sponsor. Ma sullo sfondo la vera incognita è quando si andra' a votare. Emiliano: "Ripartire dal 40%? No, rifare il centrosinistra. Io pronto per guidare il Pd? Tra quattro anni mi candido..."

L'altro capitolo che Renzi si appresta ad affrontare riguarda il Partito Democratico. La direzione del Pd è stata spostata a domani. L'occasione servirà non solo per fare un'analisi di quanto accaduto ma anche per capire quali saranno le mosse future. A smentire l'ipotesi che il capo del governo possa lasciare la guida del Pd è il capogruppo alla Camera Ettore Rosato: "Il partito vuole che continui a fare il suo lavoro". E un dirigente della cerchia renziana all'agenzia Dire ha detto che Renzi "Resta in campo e darà battaglia. Di fatto questo referendum si è trasformato in una vera e propria elezione politica e nessuno, da solo, ha preso 13 milioni di voti come Matteo Renzi".
Romano (Pd): Il cambiamento riparte da quel 40% di voti
"'Credo nell'Italia e per questo sono convinto che sia necessario cambiarla'. Domenica notte Matteo Renzi ha scelto il cambiamento come cifra fondamentale della propria testimonianza. Uno degli insegnamenti della sconfitta referendaria è che il cambiamento è assolutamente reversibile e che il consenso elettorale può legittimamente porre fine a stagioni politiche ispirate dall'innovazione. La vera domanda è se il Pd ora può permettersi di abbandonare la strategia del cambiamento per cercare riparo e conforto nella rassicurante identità della conservazione e della difesa dell'esistente". Lo scrive Andrea Romano nel suo editoriale su L'Unità.
"Gli oltre 13 milioni di italiani che hanno votato Si al cambiamento non possono naturalmente essere iscritti d'ufficio al Pd ma rivolgo al Pd una richiesta precisa: quella di non abbandonare l'impegno per trasformare l'Italia in un Paese più aperto, più giusto e più innovativo. Una richiesta che non trova altri interlocutori possibili nella politica italiana di oggi e che il Pd ha il dovere di raccogliere, perché il Partito Democratico di Matteo Renzi ha rappresentato e rappresenta una storia di innovazione politica che, anche nella sconfitta referendaria, ha ricevuto da una grande parte d'Italia il mandato a non abbandonare l'unica strategia in grado di portare il Paese fuori dal destino di declino e involuzione al quale sembrava condannato fino a pochi anni fa", conclude Andrea Romano.
Emiliano: Io segretario? Tra quattro anni
"Pronto a candidarmi alla segreteria del Pd? Sì ma non ora. Una cosa per volta: ho davanti altri quattro anni del mio lavoro in Regione". Lo dice Michele Emiliano, il governatore della Puglia, schierato per il No, in una intervista a Repubblica. "Renzi - dice - se l'è chiamata questa valanga di voti su se stesso. Per quanto riguarda la Puglia, forse ha seguito il voto del suo presidente: se c'è un legame autentico tra una comunità e la sua leadership, il parere del presidente della Regione conta. Può darsi che il mio abbia contato, ma anche gli ostacoli che il governo nazionale ha messo sulla strada del nostro programma: la Puglia ha rivendicato la propria autonomia". Renzi deve dimettersi da segretario? "La decisione è sua - risponde Emiliano - io sono solo un militante. Certo gli errori più grandi Renzi li ha fatti come segretario del partito. Ma i suoi sbagli li conosce benissimo, politicamente la gestione di questi tre anni è stata terribile".
Speranza: no al voto e Renzi resti segretario
"Con 400 parlamentari, il Pd deve sostenere il percorso che indicherà il presidente Mattarella per garantire stabilità al Paese. Questa è la priorità" e "c'è da fare una legge elettorale prima di tornare al voto". Lo afferma Roberto Speranza, leader dell'opposizione Pd, in una intervista ad Avvenire, nella quale sostiene che non c'è nessuna fretta per il congresso né tantomeno una richiesta di dimissioni a Matteo Renzi da segretario. Ma in vita della Direzione del Pd avverte: "Più che di una resa dei conti bisogna che il Pd si interroghi su cosa sta avvenendo nel profondo della nostra società", "un grande partito come il Pd dopo un risultato del genere deve mettere l'orecchio a terra", "noi abbiamo un'opinione diversa da Renzi sulla rotta da tenere, che nasce da cose importanti come il Jobs act, i voucher, la riforma della scuola. C'è bisogno di un cambio di rotta di questo partito e dell'azione di governo. Ma in questo momento la mia testa è al Paese" e "io lavorerò per tenerlo unito" e "penso che prima di tornare a votare dobbiamo lavorare per recuperare il nostro elettorato, quella parte che ha votato No. Si può cambiare linea su scuola e lavoro, due provvedimenti che hanno bisogno di una revisione. Si può fare un check up su queste leggi in vigore da due anni. E capire dove portiamo l'iniziativa politica. Va prima ricostruito il centrosinistra, per intercettare tutti i disagi".
Romano (Pd): Il cambiamento riparte da quel 40% di voti
"'Credo nell'Italia e per questo sono convinto che sia necessario cambiarla'. Domenica notte Matteo Renzi ha scelto il cambiamento come cifra fondamentale della propria testimonianza. Uno degli insegnamenti della sconfitta referendaria è che il cambiamento è assolutamente reversibile e che il consenso elettorale può legittimamente porre fine a stagioni politiche ispirate dall'innovazione. La vera domanda è se il Pd ora può permettersi di abbandonare la strategia del cambiamento per cercare riparo e conforto nella rassicurante identità della conservazione e della difesa dell'esistente". Lo scrive Andrea Romano nel suo editoriale su L'Unità.
"Gli oltre 13 milioni di italiani che hanno votato Si al cambiamento non possono naturalmente essere iscritti d'ufficio al Pd ma rivolgo al Pd una richiesta precisa: quella di non abbandonare l'impegno per trasformare l'Italia in un Paese più aperto, più giusto e più innovativo. Una richiesta che non trova altri interlocutori possibili nella politica italiana di oggi e che il Pd ha il dovere di raccogliere, perché il Partito Democratico di Matteo Renzi ha rappresentato e rappresenta una storia di innovazione politica che, anche nella sconfitta referendaria, ha ricevuto da una grande parte d'Italia il mandato a non abbandonare l'unica strategia in grado di portare il Paese fuori dal destino di declino e involuzione al quale sembrava condannato fino a pochi anni fa", conclude Andrea Romano.
Emiliano: Io segretario? Tra quattro anni
"Pronto a candidarmi alla segreteria del Pd? Sì ma non ora. Una cosa per volta: ho davanti altri quattro anni del mio lavoro in Regione". Lo dice Michele Emiliano, il governatore della Puglia, schierato per il No, in una intervista a Repubblica. "Renzi - dice - se l'è chiamata questa valanga di voti su se stesso. Per quanto riguarda la Puglia, forse ha seguito il voto del suo presidente: se c'è un legame autentico tra una comunità e la sua leadership, il parere del presidente della Regione conta. Può darsi che il mio abbia contato, ma anche gli ostacoli che il governo nazionale ha messo sulla strada del nostro programma: la Puglia ha rivendicato la propria autonomia". Renzi deve dimettersi da segretario? "La decisione è sua - risponde Emiliano - io sono solo un militante. Certo gli errori più grandi Renzi li ha fatti come segretario del partito. Ma i suoi sbagli li conosce benissimo, politicamente la gestione di questi tre anni è stata terribile".
Speranza: no al voto e Renzi resti segretario
"Con 400 parlamentari, il Pd deve sostenere il percorso che indicherà il presidente Mattarella per garantire stabilità al Paese. Questa è la priorità" e "c'è da fare una legge elettorale prima di tornare al voto". Lo afferma Roberto Speranza, leader dell'opposizione Pd, in una intervista ad Avvenire, nella quale sostiene che non c'è nessuna fretta per il congresso né tantomeno una richiesta di dimissioni a Matteo Renzi da segretario. Ma in vita della Direzione del Pd avverte: "Più che di una resa dei conti bisogna che il Pd si interroghi su cosa sta avvenendo nel profondo della nostra società", "un grande partito come il Pd dopo un risultato del genere deve mettere l'orecchio a terra", "noi abbiamo un'opinione diversa da Renzi sulla rotta da tenere, che nasce da cose importanti come il Jobs act, i voucher, la riforma della scuola. C'è bisogno di un cambio di rotta di questo partito e dell'azione di governo. Ma in questo momento la mia testa è al Paese" e "io lavorerò per tenerlo unito" e "penso che prima di tornare a votare dobbiamo lavorare per recuperare il nostro elettorato, quella parte che ha votato No. Si può cambiare linea su scuola e lavoro, due provvedimenti che hanno bisogno di una revisione. Si può fare un check up su queste leggi in vigore da due anni. E capire dove portiamo l'iniziativa politica. Va prima ricostruito il centrosinistra, per intercettare tutti i disagi".