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MONDO

Il 20 dicembre urne aperte per le elezioni politiche

Domenica Spagna al voto. Rajoy ci riprova, ma ci sono Ciudadanos e Podemos

Le elezioni si preannunciano come le più combattute della storia spagnola moderna, con l'esplosione dei nuovi partiti, che mina il bipartitismo storico della politica iberica dominata dal Partito Popolare di centro destra (Pp) e dai socialisti del Psoe che si sono spartiti il potere per più di tre decenni

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Le elezioni del 20 dicembre si preannunciano come le più combattute della storia spagnola moderna, con l'esplosione dei nuovi partiti, Ciudadanos e Podemos, che mina il bipartitismo storico della politica iberica dominata dal Partito Popolare di centro destra (Pp) e dai socialisti del Psoe che si sono spartiti il potere per più di tre decenni. Anche nel voto di domenica, il Partito Popolare del premier Mariano Rajoy è dato in testa ai sondaggi, ma il timido vantaggio non sembra garantirgli la maggioranza assoluta. Dopo il voto i Popolari saranno costretti a cercare alleanze. La rabbia per gli scandali e la corruzione che hanno coinvolto anche il partito stesso e la lunga crisi economica con un disoccupazione che si aggira intorno al 22,7% (aprile 2015) hanno alimentato l'ascesa delle due nuove formazione politiche.

I sondaggi danno il Pp in crollo di consensi rispetto al 2011
I cinque sondaggi pubblicati domenica scorsa, gli ultimi prima del silenzio obbligato, danno infatti il Pp tra il 25,3 e il 29,9% dei voti, ben al di sotto di quel 44,63% di consensi che ottenne alle elezioni fel novembre 2011; un consenso che gli assegnerebbe tra i 105 e i 128 seggi dei 350 membri del Parlamento, lontano dai 176 necessari per la maggioranza assoluta (attualmente i Popolari hanno 186 deputati).

Un'occasione per i due partiti emergenti, Ciudadanos e Podemos
In realtà, le elezioni del 20 dicembre si presentano come la vera occasione per i due partiti emergenti.
Ciudadanos, nato in Catalogna dieci anni fa come piattaforma civica contraria al nazionalismo regionale, secondo i sondaggi dovrebbe guadagnare tra i 63 e 66 seggi, dopo l'exploit nella politica nazionale nelle elezioni comunali e regionali del maggio 2015. I suoi iscritti lo definiscono un partito di centro, capace di attrarre gli ex elettori di Pp e Psoe.

Podemos, nato dalle radici del movimento Indignados del 2011, potrebbe arrivare a ottenere fino a 49 rappresentanti. Un risultato enorme, a poco più di un anno dal suo debutto elettorale in occasione delle elezioni europee del maggio 2014, dove Podemos ha conquistato ben 5 eurodeputati dopo solo un anno dalla sua formazione. Secondo gli esperti, Podemos raccoglierebbe il sostegno di ex elettori socialisti, di persone vicine a movimenti cittadini che prima non partecipavano alla politica, il tutto a scapito degli elettori della Izquierda Unida, la tradizionale formazione di sinistra.

Dal canto suo, Rajoy si affaccia alle elezioni con il miglioramento degli indicatori economici in questi quattro anni di governo, nonostante lo spettro degli scandali di corruzione e un tasso di disoccupazione tra i più alti in Europa.

Luci e ombre del governo Rajoy. Crescita Pil all'1,4%, perdita di occupazione e casi di corruzione
Dopo l'elezione nel 2011, il governo di Rajoy ha approvato numerose misure di adeguamento per far fronte alla devastante crisi economica che ha colpito il Paese dal 2009: il default è stato scongiurato ma nel giugno 2012 la Spagna è stata costretta a chiedere l'aiuto finanziario dell'Unione europea di 100 miliardi di euro per ricapitalizzare il sistema finanziario, gravemente ferito dallo scoppio della bolla del mercato immobiliare. Di questi ne sono stati utilizzati 41 miliardi.
Quattro anni dopo, le agenzie di rating hanno migliorato le loro note sul Paese, nonostante il tasso elevato di disoccupazione. Una persona su cinque vive a rischio povertà, mentre continua a crescere la disugualianza sociale: il numero di milionari è aumentato del 13% tra il 2012 e il 2013, un dato che rende la Spagna il secondo paese in Europa in termini di diseguaglianza.

Rajoy stesso ha ribadito di essere riuscito a cambiare direzione all'economia spagnola, dopo aver accumulato dieci trimestri in perdita, chiudendo il 2014 con un incremento del Pil dell'1,4%. Con dati del genere, Rajoy dà per certa la sua rielezione. Ma, nonostante la minaccia del terrorismo e le aspirazioni separatiste dei partiti catalani siano argomenti di interesse mediatico per gli spagnoli, secondo indagini ufficiali le due preoccupazioni principali sono la disoccupazione e la corruzione.

Nel 2014 il tasso di disoccupazione si è attestato al 23,7% della popolazione attiva, abbassandosi al 22,7% nell'aprile del 2015. Il mese scorso ci sono stati 17 milioni di contribuenti alla Seguridad Social, la previdenza spagnola, quasi 25mila in meno rispetto al 2011, il che rappresenta un segnale di perdita di occupazione.

Casi di corruzione hanno occupato l'attenzione dell'opinione pubblica per gran parte dell'ultimo anno di governo e, anche se hanno colpito diversi partiti, hanno particolarmente danneggiato il Pp, il cui dirigente e tesoriere, Luis Barcenas, negli anni ha accumulato una grande fortuna. Secondo Barcenas stesso, che è in carcere in attesa di giudizio, il suo partito ha ricevuto donazioni da uomini d'affari (illegalmente), e ha dato bonus ai dirigenti del partito, sempre negati dagli interessati. Il caso più clamoroso, ha riguardato l'ex direttore generale dell'Fmi ed ex ministro delle Finanze del Pp per otto anni, Rodrigo Rato, incriminato per corruzione, frode fiscale e riciclaggio di denaro.

Un nuovo scenario: quattro gruppi potenti in Parlamento
Questo nuovo scenario rischia di portare a un parlamento con quattro gruppi potenti, risultato che renderebbe essenziali nuove alleanze di governo, ma capace allo stesso tempo di rinvigorire il dibattito politico. La prima occasione sarà l'elezione del presidente del Governo, dal momento che, secondo la Costituzione spagnola, il capo dell'esecutivo è eletto dal Congresso dei Deputati.

Il primo ministro Rajoy, di fronte a una probabile vittoria risicata, si è detto disponibile a un patto politico per garantire un governo stabile. Rajoy non ha rivelato con quale avversario il suo partito starebbe considerando di unire le forze. "Vedremo chi ha il supporto politico maggiore e con quale gruppo riusciremo a trovare un'intesa al fine di formare un governo stabile", ha dichiarato il premier in un'intervista radiofonica. Tra i tre candidati, molto probabilmente il partner più vicino potrebbe essere la neo formazione liberale Ciudadanos. Tuttavia, il leader Rivera ha già fatto sapere di non voler entrare in una coalizione con Rajoy o con i socialisti senza sbilanciarsi sull'eventualità che il suo partito si astenga da un voto di fiducia che consentirebbe al partito di formare un governo di minoranza.

Ma in questo caso, i popolari sarebbero disponibili a eleggere la numero due della lista, la vicepresidente del Governo, Soraya Sßenz de Santamaría? Questa circostanza si è già presentata in passato in una regione dove il Pp aveva vinto le elezioni senza ottenere la maggioranza assoluta necessaria a governare e Ciudadanos aveva posto come condizione, per appoggiare il governo, di cambiare presidente. Il Pp nega questa possibilità ma le speculazioni in questo senso continuano, sostenuta dalla presenza di Saenz de Santamaria nell'unico dibattito televisivo a quattro della campagna, dove la vicepresidente ha rappresentato il PP contro gli altri tre candidati alla presidenza: Pedro Sanchez (Psoe), Albert Rivera (Ciudadanos) e Pablo Iglesias (Podemos).

Un'altra possibilità in questo scenario incerto è quella che i popolari temono di più: un'alleanza degli altri tre partiti contro il Pp. Entrambi gli scenari rappresenterebbero una novità nella politica spagnola, ma tutte le incognite saranno liquidate dopo il 20 dicembre, la data delle elezioni più controverse negli ultimi trenta anni.