ITALIA
Una vita di impegno per gli altri
Don Ciotti, 70 anni tra lotta a mafie e ad emarginazione con un solo obiettivo: la giustizia sociale
Nato a Pieve di Cadore nel 1945, si trasferisce presto a Torino e nel novembre del 1972 viene ordinato sacerdote. Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera, l'associazione contro le mafie, compie 70 anni il 10 settembre
Per lui "il vero problema sono le mafie legali", il funerale del boss dei Casamonica a Roma è stato "un atto di arroganza su cui la Chiesa deve riflettere", è contrario ai matrimoni gay ma "i diritti civili devono averli tutti". Don Ciotti, fondatore del gruppo Abele e di Libera, l'associazione contro le mafie, è da sempre un religioso in prima linea. Compie settanta anni il prossimo 10 settembre.
Nato a Pieve di Cadore nel 1945, quando ha soli 5 anni la famiglia di Luigi si trasferisce a Torino in cerca di fortuna. Nel capoluogo sabaudo vive l'infanzia in una baracca. Terminati gli studi al seminario di Rivoli, nel novembre del 1972, Ciotti viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino, che come parrocchia gli affida la strada, luogo non di insegnamento ma di incontro con le domande e i bisogni più profondi della gente.
Il Gruppo inaugura il "Centro Droga"
Nel 1955 nasce il gruppo Abele e quarant'anni dopo, Libera. Proprio sulla strada, nel 1973, il Gruppo inaugura il "Centro Droga", un luogo di accoglienza e ascolto per i primi giovani con problemi di tossicodipendenza. È un'esperienza allora unica in Italia, cui seguirà l'apertura di alcune comunità. In quegli stessi anni, all'accoglienza delle persone in difficoltà l'Associazione comincia ad affiancare l'impegno culturale e "politico" (con mobilitazioni come quella che nel 1975 porta alla prima legge italiana non repressiva sull'uso di droghe, la 685) per costruire diritti e giustizia sociale.
Non solo la lotta alla droga
Il Gruppo Abele non si occupa solo di droga, ma sviluppa proposte per affrontare il disagio sociale nel modo più ampio possibile. Dai servizi a bassa soglia alle comunità, dagli spazi di ascolto all'attenzione per le varie forme di dipendenza, dall'aiuto alle vittime di tratta e alle donne prostituite alle iniziative per l'integrazione delle persone migranti, come l'"educativa di strada" per gli adolescenti stranieri. E ancora attività di ricerca, una biblioteca, riviste tematiche. Infine, un consorzio di cooperative sociali per dare lavoro a persone con percorsi difficili, eredità delle botteghe e dei laboratori professionali aperti già negli anni settanta.
Prete di strada ma amico anche di personaggi dell'alta società
Prete di strada ma amico anche di personaggi dell'alta società, a cominciare da Giovanni Agnelli e del figlio Edoardo, di cui ha celebrato i funerali, nel 2000, don Ciotti è stato spesso criticato dalle gerarchie ecclesiastiche per le sue posizioni sociali e politiche non linea con l'ortodossia vaticana. Ma papa Francesco nel marzo del 2014, appena eletto al soglio di Pietro, partecipando alla giornata della memoria di Libera e abbracciando don Ciotti dà un chiaro segno di vicinanza. Don Ciotti commenta commosso: "Ora ci sentiamo meno soli".
Un prete sotto scorta
Don Ciotti vive sotto scorta: è stato minacciato di morte anche da Totò Riina che dal carcere l'anno scorso disse: "Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi". E deve fare la stessa fine: "Ciotti, Ciotti, putissimu pure ammazzarlo". Da allora la scorta del prete è stata rafforzata ma don Ciotti non ha paura, lui non dà peso alla sua vicenda personale ma solo al fine ultimo che vuole perseguire: "la giustizia sociale".
Nato a Pieve di Cadore nel 1945, quando ha soli 5 anni la famiglia di Luigi si trasferisce a Torino in cerca di fortuna. Nel capoluogo sabaudo vive l'infanzia in una baracca. Terminati gli studi al seminario di Rivoli, nel novembre del 1972, Ciotti viene ordinato sacerdote dal cardinale Michele Pellegrino, che come parrocchia gli affida la strada, luogo non di insegnamento ma di incontro con le domande e i bisogni più profondi della gente.
Il Gruppo inaugura il "Centro Droga"
Nel 1955 nasce il gruppo Abele e quarant'anni dopo, Libera. Proprio sulla strada, nel 1973, il Gruppo inaugura il "Centro Droga", un luogo di accoglienza e ascolto per i primi giovani con problemi di tossicodipendenza. È un'esperienza allora unica in Italia, cui seguirà l'apertura di alcune comunità. In quegli stessi anni, all'accoglienza delle persone in difficoltà l'Associazione comincia ad affiancare l'impegno culturale e "politico" (con mobilitazioni come quella che nel 1975 porta alla prima legge italiana non repressiva sull'uso di droghe, la 685) per costruire diritti e giustizia sociale.
Non solo la lotta alla droga
Il Gruppo Abele non si occupa solo di droga, ma sviluppa proposte per affrontare il disagio sociale nel modo più ampio possibile. Dai servizi a bassa soglia alle comunità, dagli spazi di ascolto all'attenzione per le varie forme di dipendenza, dall'aiuto alle vittime di tratta e alle donne prostituite alle iniziative per l'integrazione delle persone migranti, come l'"educativa di strada" per gli adolescenti stranieri. E ancora attività di ricerca, una biblioteca, riviste tematiche. Infine, un consorzio di cooperative sociali per dare lavoro a persone con percorsi difficili, eredità delle botteghe e dei laboratori professionali aperti già negli anni settanta.
Prete di strada ma amico anche di personaggi dell'alta società
Prete di strada ma amico anche di personaggi dell'alta società, a cominciare da Giovanni Agnelli e del figlio Edoardo, di cui ha celebrato i funerali, nel 2000, don Ciotti è stato spesso criticato dalle gerarchie ecclesiastiche per le sue posizioni sociali e politiche non linea con l'ortodossia vaticana. Ma papa Francesco nel marzo del 2014, appena eletto al soglio di Pietro, partecipando alla giornata della memoria di Libera e abbracciando don Ciotti dà un chiaro segno di vicinanza. Don Ciotti commenta commosso: "Ora ci sentiamo meno soli".
Un prete sotto scorta
Don Ciotti vive sotto scorta: è stato minacciato di morte anche da Totò Riina che dal carcere l'anno scorso disse: "Questo prete è una stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi". E deve fare la stessa fine: "Ciotti, Ciotti, putissimu pure ammazzarlo". Da allora la scorta del prete è stata rafforzata ma don Ciotti non ha paura, lui non dà peso alla sua vicenda personale ma solo al fine ultimo che vuole perseguire: "la giustizia sociale".