ITALIA
Due fermi per il delitto in provincia di Como. Il movente sarebbe passionale
Mozzate, confessa l'ex compagno: donna uccisa nel sottopasso della stazione per gelosia
Insieme all'assassino, fermato anche il suo datore che gli aveva fornito un alibi. La vittima aveva iniziato da poco una nuova relazione con il cugino dell'omicida

Sono stati effettuati due fermi a Rimini per l'omicidio di Lidia Nusdorfi, la donna di 35 anni assassinata alla stazione di Mozzate (Como). I fermati sono l'ex convivente della donna, Dritan Demiraj, albanese di 29 anni che ha confessato l’omicidio, e il suo datore di lavoro, che gli avrebbe fornito un falso alibi per la sera del delitto.
Il movente del delitto sarebbe la gelosia. La vittima da circa sei mesi aveva infatti una relazione con il cugino dell’ex compagno, ventenne, e probabilmente per questo motivo aveva lasciato Rimini e si era trasferita da parenti a Mozzate.
Demiraj era stato sentito ieri a Rimini dai carabinieri di Como e Cantù come persona informata sui fatti, ma dal suo racconto erano emerse incongruenze che hanno accentrato su di lui i sospetti. In tarda serata, quando è caduto l'alibi - aveva affermato di essere stato al lavoro – da testimone l'albanese è diventato indagato e, nella notte, ha confessato l'omicidio dell'ex compagna, uccisa a coltellate sabato sera nel sottopassaggio della stazione di Mozzate.
I carabinieri di Rimini, a supporto dei colleghi di Como, lo hanno quindi arrestato per omicidio. Arrestato per favoreggiamento il datore di lavoro, titolare del forno riminese, che avrebbe, forse solo per solidarietà senza la piena consapevolezza dell'accaduto, fornito un alibi all'albanese.
Demiraj, che vive a Rimini con i due figli, uno avuto dall'ex compagna, si sarebbe mosso in auto alla volta di Mozzate e poi sarebbe tornato in Romagna.
La Nusdorfi era stata aggredita nel tardo pomeriggio di sabato in un sottopasso della stazione del paesino in provincia di Como. Secondo la ricostruzione il colpevole avrebbe atteso la vittima per poi aggredirla alle spalle colpendola con almeno due coltellate risultate fatali alla donna, che è morta dissanguata.
Non essendoci testimoni diretti dell’aggressione i carabinieri, per ricostruire la dinamica dei fatti, hanno a lungo visionato i filmati registrati dalle telecamere a circuito chiuso dello scalo, del municipio e di altre zone del paese.
Le indagini si erano subito indirizzate verso l’ex compagno della donna che però, in un primo momento, era stato scagionato grazie alla testimonianza del datore di lavoro che aveva confermato la sua presenza al lavoro nel giorno dell’omicidio.
Il movente del delitto sarebbe la gelosia. La vittima da circa sei mesi aveva infatti una relazione con il cugino dell’ex compagno, ventenne, e probabilmente per questo motivo aveva lasciato Rimini e si era trasferita da parenti a Mozzate.
Demiraj era stato sentito ieri a Rimini dai carabinieri di Como e Cantù come persona informata sui fatti, ma dal suo racconto erano emerse incongruenze che hanno accentrato su di lui i sospetti. In tarda serata, quando è caduto l'alibi - aveva affermato di essere stato al lavoro – da testimone l'albanese è diventato indagato e, nella notte, ha confessato l'omicidio dell'ex compagna, uccisa a coltellate sabato sera nel sottopassaggio della stazione di Mozzate.
I carabinieri di Rimini, a supporto dei colleghi di Como, lo hanno quindi arrestato per omicidio. Arrestato per favoreggiamento il datore di lavoro, titolare del forno riminese, che avrebbe, forse solo per solidarietà senza la piena consapevolezza dell'accaduto, fornito un alibi all'albanese.
Demiraj, che vive a Rimini con i due figli, uno avuto dall'ex compagna, si sarebbe mosso in auto alla volta di Mozzate e poi sarebbe tornato in Romagna.
La Nusdorfi era stata aggredita nel tardo pomeriggio di sabato in un sottopasso della stazione del paesino in provincia di Como. Secondo la ricostruzione il colpevole avrebbe atteso la vittima per poi aggredirla alle spalle colpendola con almeno due coltellate risultate fatali alla donna, che è morta dissanguata.
Non essendoci testimoni diretti dell’aggressione i carabinieri, per ricostruire la dinamica dei fatti, hanno a lungo visionato i filmati registrati dalle telecamere a circuito chiuso dello scalo, del municipio e di altre zone del paese.
Le indagini si erano subito indirizzate verso l’ex compagno della donna che però, in un primo momento, era stato scagionato grazie alla testimonianza del datore di lavoro che aveva confermato la sua presenza al lavoro nel giorno dell’omicidio.