ECONOMIA
Bruxelles
Dopo Ecofin. Investimenti e riforme parole d'ordine. Visco: "L'Italia resta con i suoi problemi"
La due giorni milanese si conclude con un nulla di fatto: ancora tensioni tra i sostenitori dell'austerity che chiedono garanzie e gli Stati che spingono per avere più risorse

Contro una crisi che marcia velocemente, il continente l'Ue continua a muovere piccoli passi e non sempre nella direzione giusta. Al termine della due giorni Eurogruppo-Ecofin che ha riunito a Milano i ministri finanziari dell'Unione europea sembra che tutto sia rimasto tale e quale, come sembra aver sintetizzato il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco: "L'Italia resta con i suoi problemi" dopo i summit.
Gli ostacoli alla ripresa
Eppure qualcosa si muove in questa guerra di trincea, lenta e di logoramento, dove la ripresa viene allontanata dall'incertezza delle decisioni e dalla mancanza di una prospettiva a lungo termine: l'idea per esempio che gli investimenti, pubblici e privati, siano ormai indispensabili per crescere, nonché l'apertura all'ipotesi formulata da Draghi di condividere il controllo nell'attuazione delle riforme tra i partner Ue in cambio, esplicitamente o nel politichese delle istituzioni Ue, di una mano libera all'interno del rapporto deficit-pil al 3%. Non si tratterebbe di un commissariamento, ha spiegato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ma uno strumento "utile" anche per condividere e avvicinare le esperienze dei singoli Stati. Il sottosegretario del Tesoro, Paolo Baretta, a RaiNews24, conferma il rispetto degli impegni presi a Bruxelles.
Il botta e risposta Katainen-Renzi
Il Vecchio Continente cattura ancora i capitali degli investitori internazionali a tassi mai così bassi anche nei Paesi più indebitati ma solo perché le guerre nel resto del mondo e la frenata dell'Asia mettono più paura. Così Matteo Renzi può tuonare che chiederà conto dei trecento miliardi di investimenti annunciati dal neo presidente della Commissione Juncker e contro il rigorista Katainen secondo cui senza bere la medicina delle riforme non ci sarà la ripresa. Ad ammorbidire i falchi però c'è lo spettro deflazione e un timido segnale di pace dalla loro postazione sembra di leggerlo nel mandato assegnato dall'Ecofin alla Bei e alla Commissione di portare sul tavolo proposte concrete di investimenti per la crescita. Nel frattempo contano di avere convinto per novembre i singoli Paesi a predisporre leggi di bilancio in grado di contenere l'indebitamento e ad attuare finalmente qualche riforma, magari nel mercato del lavoro e della Pubblica amministrazione.
I sostenitori dell'austerity
Pur mantenendo fermo il mantra che le riforme vanno attuate e non soltanto recitate nelle riunioni plenarie, una piccola porta potrebbe aprirsi. A parte il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, talebano dell'austerity, secondo cui perfino le misure decise dalla Bce e salutate con entusiasmo dal resto del mondo potrebbero essere un alibi per non fare le riforme, sembra che il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble cerchi di allentare i toni: "L'Italia è un Paese molto importante, forte, abbiamo bisogno di un'Italia forte. Renzi ha annunciato molte riforme strutturali, sosteniamo quello che ha annunciato". Una frase di rito che però si unisce alle dichiarazioni della vigilia del braccio destro della Merkel: "Siamo in un ambiente economico che richiede un rafforzamento degli investimenti in Europa, Germania inclusa".
Le speranze per la crescita
Così grazie alla breccia aperta nel muro dell'austerità da Mario Draghi e dai quattrocento miliardi di credito alla banche da parte della Bce per sostenere la ripresa che arriveranno da giovedì, l'Europa se non cambiare verso, potrebbe almeno aver iniziato a cambiare passo in direzione della crescita.
Gli ostacoli alla ripresa
Eppure qualcosa si muove in questa guerra di trincea, lenta e di logoramento, dove la ripresa viene allontanata dall'incertezza delle decisioni e dalla mancanza di una prospettiva a lungo termine: l'idea per esempio che gli investimenti, pubblici e privati, siano ormai indispensabili per crescere, nonché l'apertura all'ipotesi formulata da Draghi di condividere il controllo nell'attuazione delle riforme tra i partner Ue in cambio, esplicitamente o nel politichese delle istituzioni Ue, di una mano libera all'interno del rapporto deficit-pil al 3%. Non si tratterebbe di un commissariamento, ha spiegato il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ma uno strumento "utile" anche per condividere e avvicinare le esperienze dei singoli Stati. Il sottosegretario del Tesoro, Paolo Baretta, a RaiNews24, conferma il rispetto degli impegni presi a Bruxelles.
Il botta e risposta Katainen-Renzi
Il Vecchio Continente cattura ancora i capitali degli investitori internazionali a tassi mai così bassi anche nei Paesi più indebitati ma solo perché le guerre nel resto del mondo e la frenata dell'Asia mettono più paura. Così Matteo Renzi può tuonare che chiederà conto dei trecento miliardi di investimenti annunciati dal neo presidente della Commissione Juncker e contro il rigorista Katainen secondo cui senza bere la medicina delle riforme non ci sarà la ripresa. Ad ammorbidire i falchi però c'è lo spettro deflazione e un timido segnale di pace dalla loro postazione sembra di leggerlo nel mandato assegnato dall'Ecofin alla Bei e alla Commissione di portare sul tavolo proposte concrete di investimenti per la crescita. Nel frattempo contano di avere convinto per novembre i singoli Paesi a predisporre leggi di bilancio in grado di contenere l'indebitamento e ad attuare finalmente qualche riforma, magari nel mercato del lavoro e della Pubblica amministrazione.
I sostenitori dell'austerity
Pur mantenendo fermo il mantra che le riforme vanno attuate e non soltanto recitate nelle riunioni plenarie, una piccola porta potrebbe aprirsi. A parte il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, talebano dell'austerity, secondo cui perfino le misure decise dalla Bce e salutate con entusiasmo dal resto del mondo potrebbero essere un alibi per non fare le riforme, sembra che il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble cerchi di allentare i toni: "L'Italia è un Paese molto importante, forte, abbiamo bisogno di un'Italia forte. Renzi ha annunciato molte riforme strutturali, sosteniamo quello che ha annunciato". Una frase di rito che però si unisce alle dichiarazioni della vigilia del braccio destro della Merkel: "Siamo in un ambiente economico che richiede un rafforzamento degli investimenti in Europa, Germania inclusa".
Le speranze per la crescita
Così grazie alla breccia aperta nel muro dell'austerità da Mario Draghi e dai quattrocento miliardi di credito alla banche da parte della Bce per sostenere la ripresa che arriveranno da giovedì, l'Europa se non cambiare verso, potrebbe almeno aver iniziato a cambiare passo in direzione della crescita.