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MONDO

Esclusiva RaiNews24

Dopo Siria, il Messico è posto più pericoloso per un giornalista. Intervista a Diego Enrique Osorno

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di Liana Mistretta
Domanda: In Messico a fine settembre sono scomparsi 43 studenti. Un caso che ha messo in luce il grande disagio che vive la società messicana. Ci può raccontare come si vive in Messico oggi?
 
Diego Enrique Osorno: In Messico da 8 anni viviamo una realtà che ufficialmente si chiama "guerra contro il narco" ma che è semplicemente una grande crisi sociale, politica e dei diritti umani. Sono morte circa 100mila persone, ci sono più di 20mila desaparecidos, centinaia di migliaia di persone torturate o che hanno subito intimidazioni, migliaia di sfollati. La scomparsa dei 43 studenti ha fatto esplodere questa realtà. Abbiamo accumulato cosi tanta tragedia, tanto dolore, tanta impunità che questo caso degli studenti è finito con il catalizzare l'intero malessere. Questo spiega il fatto che adesso nel paese è nato un movimento interessante. Un movimento che per la prima volta, in questi ultimi 8 anni, nasce dalla società civile e non dai partiti. Qualche anno fa è nato in Messico un movimento guidato dal poeta Javier Sicilia, il movimento per la pace. Lui per la prima volta  ha messo in evidenza la vera identità delle vittime del paese, le migliaia di persone colpite da questa guerra. Un inizio importante perché ha messo fine all'idea che tutti i morti della guerra dei narco sono dei criminali che meritano di morire. Ora conosciamo le vittime, la società cerca i responsabili di questa crisi e si nota un grande disagio nei confronti della crisi. 200 mila persone sono scese in strada senza partiti politici o contatti con le istituzioni del governo. Si tratta solo di gente infastidita che va in strada a manifestare. Io credo che queste madri, questi padri degli studenti della scuola di Ayotzinalpa, si stanno trasformando in un referente morale per il paese e per la tragedia che viviamo. Forse io sono troppo ottimista ma vedo in mezzo a questo orrore messicano un vero cambiamento
 
Domanda: Lei ha conosciuto gli studenti della scuola Ayotzinalpa, la scuola che frequentavano i 43 ragazzi scomparsi. Chi sono?
 
Diego Enrique Osorno: Sono andato in varie occasioni in quella scuola. La prima cosa che si capisce quando si entra  in una scuola come quella è che tutti gli studenti sono poveri. Se vuoi entrare in quella scuola devi dimostrare che sei povero, se non sei povero non ti ammettono. Parlando con quei ragazzi mi ha colpito il loro livello culturale, le loro letture. Sono giovani che leggono almeno due libri a settimana oltre ai libri di testo, leggono anche romanzi, saggi. Sono molto politicizzati, molto informati sui problemi della loro comunità, sono giovani molto critici e idealisti che vogliono cambiare le cose. Si informano e  vogliono fare qualcosa per cambiare la realtà. Lo stato di Guerrero, dove si trovano, è uno degli stati più poveri del paese, un posto dove ci sono migliaia di persone che vanno a dormire senza avere mangiato nulla durante il giorno. E' uno stato dove c'è una diseguaglianza tremenda, ci sono centri turistici come Acapulco, e  comunità tra le più povere del messico, anzi dell'America latina. Gli studenti della scuola si interessano di questi problemi. Quando sono stati fermati dalla polizia e sono poi scomparsi, si stavano preparando per una marcia a Città del Messico in occasione dell'anniversario di un massacro avvenuto nel '68. Sono giovani come se ne incontrano ovunque nel mondo, studiosi, critici, idealisiti. Sono impegnati nello sviluppo della democrazia, vogliono portare dei cambiamenti. E in Messico la polizia li ha fatti scomparire.
 
Domanda: Qual è il problema maggiore in Messico: il  narcotraffico, la corruzione o cosa altro?
 
Diego Enrique Osorno: Tutto. Si sintetizza tutto in una parola IMPUNITA'. C'è un'impunità, o meglio un patto di impunità che permette ai sindaci, ai governatori, al presidente di comportarsi in maniera corrotta, mafiosa. Il sindaco di Iguala aveva un corpo di polizia formato praticamente tutto da criminali. L'esercito a Iguala ha un battaglione enorme che stava a 1 km da dove  la polizia criminale ha portato via gli studenti e non ha fatto niente. Il presidente è stato denunciato molte volte perchè sua moglie ha ricevuto in dono una casa da uno dei maggiori contrattisti del suo governo, una casa che vale 8 milioni di dollari. E' un fatto noto al pubblico eppure nessun magistratro ha aperto un'inchiesta. Immaginate se la Texaco o la Enron regalassero una casa di 8 milioni di dollari, a Michelle Obama! Si indagherebbe subito. Inveve in Messico non succede nulla. C'è un'impunità della classe politica che va oltre il problema del narcotraffico, un'impunità connessa con l'esercizio della funzione pubblica quotidiana.
 
Domanda: Nel suo ultimo romanzo "Un  cowboy attraversa la frontiera in silenzio" lei utilizza la condizione di sordomuto del protagonista come metafora del silenzio che copre molti problemi nel nordest del Messico...
 
Diego Enrique Osorno: Volevo scrivere la storia di un cowboy sordo che prova a emigrare negli Stati Uniti, questa era la mia idea iniziale. E' la storia vera di un mio zio, Geronimo. Un'idea nata mentre parlavo con lui e lo accompagnavo nei suoi viaggi. Mi sono reso conto di questa metafora nel nostro cammino. Lui voleva ritornare a trascorrere i suoi ultimi anni di vita in Messico, voleva realizzarsi mettendo sù un ranch con delle mucche. Insomma, immaginava una vita normale. Eppure non è stato in grado di farlo a causa della guerra che impedisce ai messicani di vivere una vita normale. Il nordest, al confine con il Texas, è una zona della quale non si parla mai, a differenza di altre zone del Messico come Tijuana, Ciudad Juarez sulle quali sono stati prodotti invece storie, film libri. E' talmente pericoloso raccontare cosa succede in quella zona che i giornalisti ci hanno rinunciato. Noi scherzando diciamo sempre che i giornali di quelle regioni sono i più ecologisti del mondo perché non possono mai occuparsi di politica, non possono realizzare inchieste e quindi scrivono solo di ecologia. La storia di Geronimo è il tentativo di raccontare la storia di una persona che non è stata uccisa  o sequestrata, una persona  che non subito un atto di violenza ma i cui sogni sono stati  stravolti. La guerra uccide anche questo, la guerra da noi uccide i sogni della società, la nostra l'immaginazione. 
 
Domanda: La guerra contro il narcotraffico in Messico fa più morti di tante altre guerre. Cosa vuol dire fare il giornalista in Messico?
 
Diego Enrique Osorno: Ci confrontiamo con un enorme problema di sicurezza noi giornalisti in Messico. Credo che dopo la Siria, il Messico sia il posto più pericoloso per un giornalista. Io da giovane desideravo diventare un giornalista di guerra. Mi sarebbe piaciuto andare in Medio Oriente, in Africa e invece alla fine mi sono ritrovato a raccontare la guerra nei miei quartieri, la vita del mio popolo. E' la cosa più difficile raccontare una guerra a casa propria, a causa della vicinanza del dolore, della prospettiva. Ma il Messico non è un posto pericoloso solo per i giornalisti. Il messico è un luogo pericoloso se fai il medico, l'avvocato, il tassista, l' imprenditore. In messico è pericoloso perfino essere messicani! In un posto dove c'è un tasso cosi alto di omicidi, un migliaio al mese, la vita di qualsiasi persona è in pericolo.
 
Domanda: Come si risolve questa difficile situazione che si vive in Messico?
 
Diego Enrique Osorno: La società deve attivarsi. Il governo è penetrato dalla mafia, quindi tocca alla scoietà agire. Il governo non riesce a trovare i giovani scomparsi e sono le famiglie a cercarli. Il governo non riesce a fare giustizia e saranno le famiglie a farlo. Il governo non può dire basta alla mafia perché la mafia fa parte del governo stesso, quindi deve essere la società a dire basta. Per fare tutto questo serve ancora del tempo. Bisogna  portare avanti questo processo che è già iniziato nel paese. E poi il Messico deve liberarsi dall'influenza degli Stati Uniti. Il piano antidroga attuato in Messico non è stato creato per la situazione  messicana. E' un piano creato dagli USA negli anni '70. E gli USA hano ideato questo piano contro il narcotraffico non per portare benefici al Messico ma per sostenere i propri interessi geopolitici. Il messico adesso dovrebbe mettere a punto un suo proprio modello per combattere il narcotraffico.