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MONDO

Contribuì alla scoperta del virus nel 1976

Ebola: Peter Piot medico e 'cacciatore' di virus: "L'errore più piccolo può essere fatale"

"Potrebbero esserci molti casi di Ebola tra medici e operatori sanitari che lavorano nei raparti di terapia intensiva, e non solo in Africa, anche nei Paesi occidentali che hanno sistemi sanitari efficienti". A lanciare l'allarme è il medico Peter Piot, tra i primi ad aver identificato il virus nel 1976

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Peter Piot
Roma
"Anche l'errore più piccolo può essere fatale per il personale impegnato nella cura dei malati di Ebola o dei corpi delle vittime del virus". Lo ha detto Peter Piot, esperto del London School of Hygiene and Tropical Medicine, a capo di un nuovo gruppo di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità su Ebola. Piot, tra i primi ad aver identificato il virus Ebola nel 1976, ha insistito sull'importanza di seguire alla lettera i protocolli di sicurezza e di disporre di un equipaggiamento adeguato per evitare il contagio.

Gestire i malati di Ebola, in particolare nelle unità di cure intensive, è rischioso ed anche organizzazioni come Medici senza frontiere, "che sono i più sperimentati al mondo", hanno registrato casi di contagio di personale sanitario, ha aggiunto Peter Piot commentando il caso dell'infermiera spagnola infettata dal virus letale in un ospedale di Madrid.

L’epidemia è una “crisi umanitaria”
Per Peter Piot, l'epidemia di Ebola in Africa occidentale,che ha già causato più di 3mila morti, è una "crisi umanitaria" destinata a durare per diverso tempo. 

A 27 anni nel 1976 Piot studiava un nuovo virus, non sapendo si trattasse di Ebola
Peter Piot, scienziato belga nato nel 1949, aveva appena 27 anni nel 1976 quando scoprì un nuovo virus senza adottare particolari misure di protezione, perchè era inconsapevole all’epoca della sua pericolsità. Le provette, con il sangue infetto di una suora belga che si era ammalata di una misteriosa febbre nella città di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, vennero trasportate su un volo di linea in un semplice thermos, e una fiala arrivò a destinazione rotta.

Definirono il virus "molto grande, molto lungo e dalla forma simile a quella di un verme"
Peter Piot e altri due ricercatori dell’Università belga di Antwerp riuscirono ad isolare il virus e ad iniettarlo nelle cavie da laboratorio. Definirono il virus "molto grande, molto lungo e dalla forma simile a quella di un verme". All'inizio pensarono al virus Marburg, il quale provoca nel paziente una violenta febbre emorragica, come si legge nella biografia di Piot “No time to lose: A life in Pursuit of Deadly viruses”.

Il virus prende il nome dalla valle dell'Ebola nella Rep. Democratica del Congo 
Il nome Ebola venne deciso dallo scienziato belga e dai suoi colleghi dalla valle dove la suora era deceduta e dove il virus si era diffuso rapidamente. L’Organizzazione mondiale della sanità decise di trasferire le provette dal Belgio in Inghilterra a Porton Down, e poi ad Atlanta, punto di riferimento, all’epoca e anche odierno, per lo studio del virus Ebola. Da Atlanta arrivò la conferma che non si trattava di Marburg, ma di un nuovo virus letale. Quell'anno, nel 1976, Ebola uccise 280 persone nell’ex Zaire, attuale Repubblica Democratica del Congo, l'88% dei contagiati.