MONDO
Giovani ebrei che scelgono il 'ritorno'
Ebrei italiani in Israele, la storia di Jonathan: "Ho trovato rifugio dalla crisi economica"
31 anni, architetto, Jonathan Giannetti ha raggiunto la famiglia - i genitori e 5 fratelli - che progressivamente si sono trasferiti in Israele: fa il lavoro per cui ha studiato ed è soddisfatto dello stipendio e del nuovo stile di vita. Racconta tutte le agevolazioni per chi fa l'aliyah

Jonathan Giannetti racconta la sua storia mentre passeggia sul lungomare di Tel Aviv: a spingerlo a trasferirsi, un anno e mezzo fa, è stato il lavoro. Certo, aggiunge, “la matrice sionista aleggia” ma non è stata la motivazione principale. Lo riassume così: “Israele nasce come rifugio per gli ebrei perseguitati, oggi lo è anche per gli ebrei che cercano rifugio dalla crisi economica”. E lui più che un rifugio ha trovato la sua strada: il lavoro cui aspirava nello studio di architettura The Heder, in cui sente di crescere professionalmente e di essere molto competitivo, e una nuova vita insieme alla fidanzata Ornella.
Architetto, 31 anni, laureato in Italia: come è stato l’impatto con il mondo del lavoro israeliano?
Lo posso spiegare con due date: l’8 marzo del 2013 sono arrivato a Tel Aviv, l’8 aprile avevo già un lavoro. Come architetto, lavoro in uno studio che si occupa di interni ed esterni, di facciate e demolizioni. E’ un settore che va benissimo, qui in Israele si costruisce da pazzi. In generale l’economia è forte ma nell’architettura è ancora più evidente: le case arrivano a costare più che al Pantheon al metro quadro, Tel Aviv è stata costruita sulla sabbia e spesso servono lavori di ristrutturazione massicci. In più avendo studiato in Italia e avendo già avuto esperienze di lavoro mi sento competitivo anche rispetto ai miei coetanei israeliani.
E’ stato facile quindi trovare un lavoro?
Per chi fa l’aliyah ci sono molte agevolazioni, anche dal punto di vista della ricerca del lavoro. L’equivalente dell’Ufficio di Collocamento italiano valuta il tuo curriculum e ti aiuta a cercare un lavoro, ti fissa alcuni colloqui.
Altre agevolazioni per i nuovi israeliani?
C’è un vantaggio anche per chi ci mette sotto contratto: il mio datore di lavoro ha degli sgravi per aver assunto me e così vale per tutti coloro che danno lavoro a chi arriva facendo l’aliyah. In più si riceve un sussidio statale e anche un contributo per l’affitto o per il mutuo, sconti sulle tasse, e chi non ha lavoro riceve anche l'assistenza medica gratuita. Chi ha bisogno di imparare l’ebraico ha anche accesso ai corsi Ulpan, studiati apposta per gli immigrati.
Essere straniero, nel tuo caso italiano, aiuta oppure ostacola sul mondo del lavoro?
A volte si sente una lieve discriminazione verso gli europei ma, sull’altro fronte, ci sono anche dei vantaggi. Sul mercato del lavoro, ad esempio, rispetto ai miei coetanei israeliani non ho fatto il servizio militare e in quei tre anni ho arricchito il mio curriculum. A volte il gap linguistico è un ostacolo ma per me non lo è stato perchè masticavo già l'ebraico.
Quali sono i vantaggi principali?
Qui ci si può costruire una carriera da giovane professionista e quindi, di conseguenza, avere una vita soddisfacente. Certo, qui è tutto molto più costoso rispetto all’Italia - ndr: l'affitto un appartamento medio a Tel Aviv costa circa 1200 euro al mese - ma gli stipendi sono proporzionati. Inoltre grazie al fatto che io sono qui anche la mia fidanzata, che non è ebrea, ha potuto ottenere un permesso di soggiorno per un anno perchè qui siamo una coppia di fatto.
C’è il rischio di rimanere chiusi nella comunità italiana?
Sì, molto forte. E’ un problema che non riguarda solo gli italiani ma anche, ad esempio, i francesi. A me non è successo perché ero stato qui a 17 anni e parlavo già l’ebraico, anche se non perfettamente. Però c’è da considerare un altro fattore: magari in molti che fanno l’alyiah non hanno bisogno di altro, vuoi costruirti una famiglia, vivere la fede liberamente e non hai bisogno di altro, quindi resti con i tuoi connazionali. Succede spesso, è solo un altro modo di vivere la possibilità offerta dalla Legge del Ritorno.
Torneresti in Italia?
Per ora no, in questo anno e mezzo ho messo le basi per costruire la mia carriera qui. Anche se non si può mai dire.
Architetto, 31 anni, laureato in Italia: come è stato l’impatto con il mondo del lavoro israeliano?
Lo posso spiegare con due date: l’8 marzo del 2013 sono arrivato a Tel Aviv, l’8 aprile avevo già un lavoro. Come architetto, lavoro in uno studio che si occupa di interni ed esterni, di facciate e demolizioni. E’ un settore che va benissimo, qui in Israele si costruisce da pazzi. In generale l’economia è forte ma nell’architettura è ancora più evidente: le case arrivano a costare più che al Pantheon al metro quadro, Tel Aviv è stata costruita sulla sabbia e spesso servono lavori di ristrutturazione massicci. In più avendo studiato in Italia e avendo già avuto esperienze di lavoro mi sento competitivo anche rispetto ai miei coetanei israeliani.
E’ stato facile quindi trovare un lavoro?
Per chi fa l’aliyah ci sono molte agevolazioni, anche dal punto di vista della ricerca del lavoro. L’equivalente dell’Ufficio di Collocamento italiano valuta il tuo curriculum e ti aiuta a cercare un lavoro, ti fissa alcuni colloqui.
Altre agevolazioni per i nuovi israeliani?
C’è un vantaggio anche per chi ci mette sotto contratto: il mio datore di lavoro ha degli sgravi per aver assunto me e così vale per tutti coloro che danno lavoro a chi arriva facendo l’aliyah. In più si riceve un sussidio statale e anche un contributo per l’affitto o per il mutuo, sconti sulle tasse, e chi non ha lavoro riceve anche l'assistenza medica gratuita. Chi ha bisogno di imparare l’ebraico ha anche accesso ai corsi Ulpan, studiati apposta per gli immigrati.
Essere straniero, nel tuo caso italiano, aiuta oppure ostacola sul mondo del lavoro?
A volte si sente una lieve discriminazione verso gli europei ma, sull’altro fronte, ci sono anche dei vantaggi. Sul mercato del lavoro, ad esempio, rispetto ai miei coetanei israeliani non ho fatto il servizio militare e in quei tre anni ho arricchito il mio curriculum. A volte il gap linguistico è un ostacolo ma per me non lo è stato perchè masticavo già l'ebraico.
Quali sono i vantaggi principali?
Qui ci si può costruire una carriera da giovane professionista e quindi, di conseguenza, avere una vita soddisfacente. Certo, qui è tutto molto più costoso rispetto all’Italia - ndr: l'affitto un appartamento medio a Tel Aviv costa circa 1200 euro al mese - ma gli stipendi sono proporzionati. Inoltre grazie al fatto che io sono qui anche la mia fidanzata, che non è ebrea, ha potuto ottenere un permesso di soggiorno per un anno perchè qui siamo una coppia di fatto.
C’è il rischio di rimanere chiusi nella comunità italiana?
Sì, molto forte. E’ un problema che non riguarda solo gli italiani ma anche, ad esempio, i francesi. A me non è successo perché ero stato qui a 17 anni e parlavo già l’ebraico, anche se non perfettamente. Però c’è da considerare un altro fattore: magari in molti che fanno l’alyiah non hanno bisogno di altro, vuoi costruirti una famiglia, vivere la fede liberamente e non hai bisogno di altro, quindi resti con i tuoi connazionali. Succede spesso, è solo un altro modo di vivere la possibilità offerta dalla Legge del Ritorno.
Torneresti in Italia?
Per ora no, in questo anno e mezzo ho messo le basi per costruire la mia carriera qui. Anche se non si può mai dire.