SALUTE
Luigi Ferini Strambi
Ecco i trucchi per dormire
Sono molti i fattori che incidono sulla qualità e quantità del nostro sonno: ecco quali, e come avere un buon rapporto col materasso. Colloquio con Luigi Ferini Strambi, Ordinario di Neurologia, Direttore del Centro del Sonno, Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute, Milano

Professore cosa accade nel nostro cervello quando dormiamo, e perché abbiamo bisogno di farlo, per restare in salute?
Ben un quarto della nostra vita lo passiamo dormendo. Se fosse tempo buttato via, il dato sarebbe raccapricciante. Ma non è così, il sonno è un fenomeno indispensabile alla nostra esistenza. Quello che avviene nel nostro cervello durante il sonno è tutt’altro che monotono. L’elettroencefalogramma mostra variazioni del tracciato a seconda del momento in cui viene eseguito. Infatti ci sono due tipi fondamentali di sonno, articolati in cicli progressivi: il primo è il sonno ortodosso, chiamato sonno non Rem, che è privo di movimenti oculari, con presenza di tono muscolare. Il secondo tipo di sonno, è quello chiamato Rem (Rapid eye movements), che presenta movimenti oculari rapidi, assenza di attività muscolare e un tracciato elettroencefalografico simile a quello di veglia a occhi aperti. Il sonno non Rem è a sua volta suddiviso in tre stadi che esprimono il progressivo approfondimento del sonno: lo stadio 1 (addormentamento) che è una fase di transizione fra veglia e sonno durante la quale iniziano a esserci le prime modificazioni nel tracciato delle onde cerebrali; lo stadio 2 (sonno leggero) in cui il tracciato mostra ampie figure triangolari (i complessi K) e gli spindles o fusi di sonno; lo stadio 3 (sonno profondo) con onde molto lente e ampie. Mentre si dorme si susseguono 4-5 cicli di sonno e cioè un periodo di sonno non-Rem seguito da uno di sonno Rem. Nella prima parte della notte prevale quello profondo non-Rem ovvero lo stadio 3, e nella seconda il sonno Rem. Il sonno profondo non REM è necessario soprattutto per il recupero fisico (tutte le nostre funzioni rallentano), il sonno REM è invece importante in un certo senso per il benessere mentale, grazie all’esperienza onirica.
Quindi quella provocazione per cui dormiamo solo per non inciampare nei bidoni della spazzatura, di notte, è appunto una provocazione. Eppure alcune persone hanno bisogno di pochissime ore di sonno, altre le classiche otto ore o più: come mai?
Ogni individuo ha una propria esigenza di sonno. In genere sono 7-8 ore, ma esistono poi i soggetti che hanno bisogno di 9-10 ore (i lungo dormitori) ed altri a cui bastano 4-5 ore (i brevi dormitori). Questi ultimi non vanno confusi con gli insonni: i brevi dormitori, pur dormendo poco, traggono dal proprio sonno tutti i vantaggi necessari, senza conseguenze sul loro funzionamento diurno. Gli insonni invece dormono poco ed hanno ripercussioni importanti durante la giornata.
Dormire fuori orario, per esempio il classico pisolino pomeridiano interferisce col normale ritmo circadiano o è un bene a cui si può cedere, avendone il tempo?
Nell’adulto ci sono due momenti di “apertura” al sonno: uno notturna, che dura circa 7-8 ore, e uno pomeridiano. E’ quindi normale avvertire una sonnolenza dopo pranzo (a prescindere dal pasto) e concedersi una pennichella può essere un modo per aumentare l’efficienza nelle ore successive. E’ bene comunque non concedersi un sonnellino pomeridiano troppo lungo per evitare di alterare il ritmo sonno- veglia e quindi di far fatica a dormire la notte successiva. Con una pennichella di 15- 30 minuti non si corre nemmeno il rischio di entrare in una fase di sonno profondo, dalla quale è difficile risvegliarsi in condizioni adatte a riprendere le normali attività.
Col sonno interferiscono molti fattori: dalla luce che entra nella stanza a quello che abbiamo mangiato prima di coricarci: ma quali sono le cattive abitudini che favoriscono l'insorgere di una insonnia?
L’organismo, per stare bene, ha bisogno di una certa regolarità: questo vale anche per il sonno. Il ciclo sonno-veglia è regolato da quello che viene chiamato “orologio biologico interno”, che definisce in ciascuno il momento ideale per andare a letto e svegliarsi. Se non si va a dormire e non ci si alza sempre più o meno alla solita ora, questo orologio interno si sregola. Quindi bisogna cercare di avere orari regolari e costanti, coricandosi e alzandosi più o meno alla stessa ora, anche nel week end. L’attività fisica è notoriamente un toccasana per l’organismo, ma nelle due ore che precedono il sonno va evitata. Altrimenti si rischia una sovraeccitazione dei centri della veglia, che devono invece “spegnersi” quando si va a letto per facilitare l’addormentamento. Un’altra regola importante è quello di non andare a letto se non si ha sonno: il sonno non può essere “forzato”. Se non si riesce proprio a dormire, non bisogna restare nel letto, continuando a rigirarsi: meglio alzarsi, leggere un libro in un’altra stanza, prepararsi una bevanda calda.
C'è anche il contrario, che è la sonnolenza costante, e vere e proprie catalessi durante la veglia: anche questi sono problemi gravi per la salute?
La causa più frequente della sonnolenza diurna è la privazione di sonno notturno. Se, infatti, una persona durante la notte dorme poco, per esempio a causa di fattori esterni (freddo, rumori) o interni (ritmi di vita sregolati, ansia, eccessivo alcol nelle ore serali), il giorno successivo può avere sonnolenza. Oppure il sonno notturno può essere di normale durata, ma di cattiva qualità. Un sonno notturno frammentato può avere come causa ripetute interruzioni del respiro (le apnee) oppure il mioclono notturno, cioè scatti periodici delle gambe che si verificano ogni 20-40 secondi. Ma può essere presente anche una narcolessia, caratterizzata da attacchi incoercibili di sonno durante il giorno e dalla improvvisa intrusione di sonno REM nello stato di veglia. Il soggetto narcolettico presenta spesso anche attacchi cataplettici, costituiti da un’improvvisa perdita del tono muscolare sia globale (con caduta del paziente) sia parcellare (atonia dei soli muscoli della faccia e del collo, con conseguente incapacità a parlare, diplopia, abbassamento della mandibola e/o piegamento del capo in avanti). Questi attacchi cataplettici sono scatenati da uno stimolo emotivo importante (paura, sorpresa, rabbia, riso).
Cosa fate in un centro per il sonno, e si guarisce dall'insonnia senza dover diventare schiavi di sonniferi ed ansiolitici?
In un centro di medicina del sonno, si pensa in prima battuta a identificare le cause dell’insonnia e quindi a formulare una corretta diagnosi. L’insonnia può essere espressione di condizioni patologiche molto diverse. Ad esempio, se c'è un problema di addormentamento la causa può essere un disturbo d'ansia oppure la sindrome delle gambe senza riposo (il soggetto avverte una strana frenesia alle gambe, quando si stende a letto: solo muovendole ha beneficio). Se ci sono diversi risvegli durante il sonno, potrebbe trattarsi di un mioclono notturno o di un problema respiratorio, come le apnee. Nel caso in cui il soggetto tende a svegliarsi molto presto, senza riaddormentarsi, potrebbe esserci un problema di depressione. E' importante dare tutte le informazioni al medico, che così potrà orientarsi verso una possibile causa. Nei pazienti che si rivolgono al nostro Centro per insonnia persistente, dopo la valutazione clinica si ricorre ad esami strumentali in circa il 25-30% dei casi. La diagnosi corretta consente un trattamento adeguato. Variazioni dello stile di vita possono talora rappresentare una valida soluzione al problema; spesso il trattamento dovrà prevedere un presidio farmacologico. Un’alternativa al farmaco, ma che spesso viene associata ad esso, è la terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive-behavioral therapy, CBT) che insegna ad evitare gli atteggiamenti sbagliati nei confronti del sonno. La CBT in alcuni casi si è dimostrata più valida della terapia farmacologia, con inoltre il vantaggio di mantenere l’effetto anche a lungo termine. Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, sono in arrivo nuovi farmaci che agiscono sul sistema dell’ orexina (è un neuromediatore che stimola la veglia). Tra questi c’è suvorexant, che è un antagonista del recettore per l’orexina, recentemente approvato dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti, per il trattamento dell’insonnia iniziale e quella da mantenimento del sonno.
Ben un quarto della nostra vita lo passiamo dormendo. Se fosse tempo buttato via, il dato sarebbe raccapricciante. Ma non è così, il sonno è un fenomeno indispensabile alla nostra esistenza. Quello che avviene nel nostro cervello durante il sonno è tutt’altro che monotono. L’elettroencefalogramma mostra variazioni del tracciato a seconda del momento in cui viene eseguito. Infatti ci sono due tipi fondamentali di sonno, articolati in cicli progressivi: il primo è il sonno ortodosso, chiamato sonno non Rem, che è privo di movimenti oculari, con presenza di tono muscolare. Il secondo tipo di sonno, è quello chiamato Rem (Rapid eye movements), che presenta movimenti oculari rapidi, assenza di attività muscolare e un tracciato elettroencefalografico simile a quello di veglia a occhi aperti. Il sonno non Rem è a sua volta suddiviso in tre stadi che esprimono il progressivo approfondimento del sonno: lo stadio 1 (addormentamento) che è una fase di transizione fra veglia e sonno durante la quale iniziano a esserci le prime modificazioni nel tracciato delle onde cerebrali; lo stadio 2 (sonno leggero) in cui il tracciato mostra ampie figure triangolari (i complessi K) e gli spindles o fusi di sonno; lo stadio 3 (sonno profondo) con onde molto lente e ampie. Mentre si dorme si susseguono 4-5 cicli di sonno e cioè un periodo di sonno non-Rem seguito da uno di sonno Rem. Nella prima parte della notte prevale quello profondo non-Rem ovvero lo stadio 3, e nella seconda il sonno Rem. Il sonno profondo non REM è necessario soprattutto per il recupero fisico (tutte le nostre funzioni rallentano), il sonno REM è invece importante in un certo senso per il benessere mentale, grazie all’esperienza onirica.
Quindi quella provocazione per cui dormiamo solo per non inciampare nei bidoni della spazzatura, di notte, è appunto una provocazione. Eppure alcune persone hanno bisogno di pochissime ore di sonno, altre le classiche otto ore o più: come mai?
Ogni individuo ha una propria esigenza di sonno. In genere sono 7-8 ore, ma esistono poi i soggetti che hanno bisogno di 9-10 ore (i lungo dormitori) ed altri a cui bastano 4-5 ore (i brevi dormitori). Questi ultimi non vanno confusi con gli insonni: i brevi dormitori, pur dormendo poco, traggono dal proprio sonno tutti i vantaggi necessari, senza conseguenze sul loro funzionamento diurno. Gli insonni invece dormono poco ed hanno ripercussioni importanti durante la giornata.
Dormire fuori orario, per esempio il classico pisolino pomeridiano interferisce col normale ritmo circadiano o è un bene a cui si può cedere, avendone il tempo?
Nell’adulto ci sono due momenti di “apertura” al sonno: uno notturna, che dura circa 7-8 ore, e uno pomeridiano. E’ quindi normale avvertire una sonnolenza dopo pranzo (a prescindere dal pasto) e concedersi una pennichella può essere un modo per aumentare l’efficienza nelle ore successive. E’ bene comunque non concedersi un sonnellino pomeridiano troppo lungo per evitare di alterare il ritmo sonno- veglia e quindi di far fatica a dormire la notte successiva. Con una pennichella di 15- 30 minuti non si corre nemmeno il rischio di entrare in una fase di sonno profondo, dalla quale è difficile risvegliarsi in condizioni adatte a riprendere le normali attività.
Col sonno interferiscono molti fattori: dalla luce che entra nella stanza a quello che abbiamo mangiato prima di coricarci: ma quali sono le cattive abitudini che favoriscono l'insorgere di una insonnia?
L’organismo, per stare bene, ha bisogno di una certa regolarità: questo vale anche per il sonno. Il ciclo sonno-veglia è regolato da quello che viene chiamato “orologio biologico interno”, che definisce in ciascuno il momento ideale per andare a letto e svegliarsi. Se non si va a dormire e non ci si alza sempre più o meno alla solita ora, questo orologio interno si sregola. Quindi bisogna cercare di avere orari regolari e costanti, coricandosi e alzandosi più o meno alla stessa ora, anche nel week end. L’attività fisica è notoriamente un toccasana per l’organismo, ma nelle due ore che precedono il sonno va evitata. Altrimenti si rischia una sovraeccitazione dei centri della veglia, che devono invece “spegnersi” quando si va a letto per facilitare l’addormentamento. Un’altra regola importante è quello di non andare a letto se non si ha sonno: il sonno non può essere “forzato”. Se non si riesce proprio a dormire, non bisogna restare nel letto, continuando a rigirarsi: meglio alzarsi, leggere un libro in un’altra stanza, prepararsi una bevanda calda.
C'è anche il contrario, che è la sonnolenza costante, e vere e proprie catalessi durante la veglia: anche questi sono problemi gravi per la salute?
La causa più frequente della sonnolenza diurna è la privazione di sonno notturno. Se, infatti, una persona durante la notte dorme poco, per esempio a causa di fattori esterni (freddo, rumori) o interni (ritmi di vita sregolati, ansia, eccessivo alcol nelle ore serali), il giorno successivo può avere sonnolenza. Oppure il sonno notturno può essere di normale durata, ma di cattiva qualità. Un sonno notturno frammentato può avere come causa ripetute interruzioni del respiro (le apnee) oppure il mioclono notturno, cioè scatti periodici delle gambe che si verificano ogni 20-40 secondi. Ma può essere presente anche una narcolessia, caratterizzata da attacchi incoercibili di sonno durante il giorno e dalla improvvisa intrusione di sonno REM nello stato di veglia. Il soggetto narcolettico presenta spesso anche attacchi cataplettici, costituiti da un’improvvisa perdita del tono muscolare sia globale (con caduta del paziente) sia parcellare (atonia dei soli muscoli della faccia e del collo, con conseguente incapacità a parlare, diplopia, abbassamento della mandibola e/o piegamento del capo in avanti). Questi attacchi cataplettici sono scatenati da uno stimolo emotivo importante (paura, sorpresa, rabbia, riso).
Cosa fate in un centro per il sonno, e si guarisce dall'insonnia senza dover diventare schiavi di sonniferi ed ansiolitici?
In un centro di medicina del sonno, si pensa in prima battuta a identificare le cause dell’insonnia e quindi a formulare una corretta diagnosi. L’insonnia può essere espressione di condizioni patologiche molto diverse. Ad esempio, se c'è un problema di addormentamento la causa può essere un disturbo d'ansia oppure la sindrome delle gambe senza riposo (il soggetto avverte una strana frenesia alle gambe, quando si stende a letto: solo muovendole ha beneficio). Se ci sono diversi risvegli durante il sonno, potrebbe trattarsi di un mioclono notturno o di un problema respiratorio, come le apnee. Nel caso in cui il soggetto tende a svegliarsi molto presto, senza riaddormentarsi, potrebbe esserci un problema di depressione. E' importante dare tutte le informazioni al medico, che così potrà orientarsi verso una possibile causa. Nei pazienti che si rivolgono al nostro Centro per insonnia persistente, dopo la valutazione clinica si ricorre ad esami strumentali in circa il 25-30% dei casi. La diagnosi corretta consente un trattamento adeguato. Variazioni dello stile di vita possono talora rappresentare una valida soluzione al problema; spesso il trattamento dovrà prevedere un presidio farmacologico. Un’alternativa al farmaco, ma che spesso viene associata ad esso, è la terapia cognitivo-comportamentale (Cognitive-behavioral therapy, CBT) che insegna ad evitare gli atteggiamenti sbagliati nei confronti del sonno. La CBT in alcuni casi si è dimostrata più valida della terapia farmacologia, con inoltre il vantaggio di mantenere l’effetto anche a lungo termine. Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, sono in arrivo nuovi farmaci che agiscono sul sistema dell’ orexina (è un neuromediatore che stimola la veglia). Tra questi c’è suvorexant, che è un antagonista del recettore per l’orexina, recentemente approvato dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti, per il trattamento dell’insonnia iniziale e quella da mantenimento del sonno.