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POLITICA

L'analisi

Ecco perché l'Italia non può uscire dall'euro attraverso un referendum

La proposta lanciata da Beppe Grillo è impraticabile perché a Costituzione italiana vieta espressamente la possibilità di abrogare un trattato internazionale, come quello che ha portato l'Italia ad aderire alla moneta unica 

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L'idea di Beppe Grillo di uscire dall'euro con un referendum è destinata a restare tale. La Costituzione italiana vieta infatti espressamente la possibilità di abrogare un trattato internazionale - come quello di Maastricht, ratificato dal nostro Paese nel 1992 portando l'Italia ad aderire alla moneta unica - con una consultazione popolare.

"Non si può fare al momento perché l'articolo 75 della Costituzione Italiana vieta di svolgere un referendum che abbia per oggetto trattati internazionali", dice all'Agenzia Italia Gino Scaccia, ordinario di Diritto costituzionale alla Luiss, "e poiché l'accesso all'area euro é stato segnato da un trattato internazionale ratificato dal Parlamento, é automaticamente escluso".

Secondo Scaccia, "occorre capire cosa intende Grillo da un punto di vista tecnico". "Se punta solo a una mobilitazione generale, è chiaro che una consultazione popolare allargata e non tecnica, come un referendum online, sarebbe un segnale molto forte per il Parlamento. Se invece intende procedere alla abrogazione pura e semplice del trattato con il quale abbiamo aderito all'euro, al momento non è possibile, perché l'articolo 75 lo vieta". 

L'articolo 75 della Costituzione
"E' indetto referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati. La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

L'adesione dell'Italia a ​Maastricht
7 febbraio 1992 - In Olanda i rappresentanti dei dodici Paesi membri della Comunità Europea (Belgio, Danimarca, Francia,Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna) firmano il “trattato di Maastricht”, “passo storico” in direzione dell’unione politica e monetaria, prevista al più tardi per il 1999. Il trattato prevede, tra l'altro, la creazione dell'unione economica-monetaria. La moneta unica, traguardo finale dell’Unione, sarà creata entro il 1999 fra i Paesi che rispettino criteri relativi all’inflazione, ai tassi d’interesse e alla finanza pubblica. 

17 settembre 1992 - Con 176 sì, 16 no ed un astenuto, il Senato italiano ratifica il Trattato di Maastricht sull’Unione Europea: oltre al quadripartito (Dc, Psi, Psdi, Pli) votano sì anche Pds, Lega Nord, Pri e Verdi, l’Msi vota no perché, spiega l'allora segretario Gianfranco Fini, bisogna "riflettere bene prima di consegnarci mani e piedi alla Bundesbank".

29 ottobre 1992 - Anche la Camera dei Deputati, con 403 voti a favore, 46 contrari (Msi e Rifondazione) e 18 astenuti (Verdi e Rete più quattro deputati della Lista Pannella su cinque, il quinto, estratto a sorte, ha votato sì), approva il Trattato di Maastricht.