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ECONOMIA

La polemica

Economista Magnani: il CFA assicura stabilità a 14 Paesi

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"Il franco africano è una moneta comune a cui aderiscono diversi Paesi africani e che garantisce stabilità. Poi, che la Francia attraverso questo strumento possa aver cercato di avere un rapporto privilegiato dal punto di vista commerciale con questi Paesi, non c'è alcun dubbio. Ma, viceversa, questi Paesi hanno anche tratto beneficio dal rapporto privilegiato con la Francia". Così Marco Magnani, professore di 'Monetary and Financial Economics' all'Università Luiss di Roma, commenta, intervistato dall'Agi, la polemica con la Francia sollevata dal vice premier Luigi Di Maio.

Il franco CFA, spiega Magnani, rientra in un "accordo tra la Francia e 14 Paesi africani (Benin, Burkina Faso, Costa d'Avorio, Guinea Bissau, Mali, Niger, Senegal, Togo, Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Ciad), siglato diversi decenni fa e rimasto in vigore anche dopo l'indipendenza delle colonie. E' un'intesa che le parti coinvolte possono tranquillamente smontare, nel senso che non è un'imposizione. Quindi i governi africani interessati, qualora volessero uscire da questo accordo, per utilizzare ognuno una loro moneta, oppure utilizzare una moneta comune che non sia garantita dal Tesoro francese, lo possono sempre fare".

"Certo - aggiunge - immagino che qualcuno potrebbe avere difficoltà a comprendere come mai esponenti del governo italiano esprimano in modo così spinto opinioni su questo tema, a partire dal problema dell'immigrazione, che dunque coinvolgerebbe anche l'Europa. Direi che sono collegamenti molto stiracchiati. Potrebbe venire il sospetto che, trovandoci alla vigilia di elezioni europee, i politici si pronuncino su questo per motivi di posizionamento. Questa potrebbe essere una spiegazione. L'altra possibilità potrebbe essere che il M5s, legittimamente, per contrapporsi alla Lega su un tema come quello sull'immigrazione, che i sondaggi ci dicono faccia guadagnare voti, stia cercando un suo angolo originale di posizionamento".

"Da un punto di vista più tecnico - dice ancora l'economista - direi che una moneta comune tra diversi Paesi è un strumento che facilita il commercio, perché non c'è un'attività di cambi in generale, facilita la stabilità dei rapporti economici tra i Paesi e, nel caso specifico, è chiaro che, essendo questa valuta comune garantita da riserve valutarie importanti, assicura una certa stabilità, il che significa, per questi Paesi, evitare il grosso rischio dell'inflazione. Quindi a me sembra che in questi decenni questo tipo di accordo, che tra l'altro può essere rivisto in qualsiasi momento, possa aver prodotto dei risultati positivi in termini di facilitazione del commercio e di relativa stabilità delle economie e dell'inflazione. Questi sono i motivi per cui si fanno delle monete comuni. L'euro, alla fine, ha facilitato i commerci all'interno dell'Europa e ha consentito a diversi Paesi, soprattutto a Paesi come l'Italia, di abbattere l'inflazione. E' chiaro che se uno è critico verso l'euro e ritiene che l'euro non serva a nulla, a maggior ragione sarà critico verso questo tipo di accordi".

Riguardo al merito dell'accodo sul franco CFA, Magnani spiega che "si è creata una moneta comune tra questi Paesi che è garantita da riserve valutarie che sono gestite della Francia. E questo è sostanzialmente ciò che garantisce la stabilità. Quindi i commerci che avvengono tra questi Paesi tra di loro e tra questi Paesi con la Francia si possono fare con questa valuta, che è a cambio fisso e avrà un cambio variabile ma unico verso il dollaro e verso l'euro. E' dunque una valuta inevitabilmente agganciata all'euro, il che garantisce una certa stabilità. Per intenderci, se una multinazionale americana, o cinese, o europea fa importazioni- esportazioni in questi Paesi, anziché dover gestire 14 valute, ognuna delle quali potrebbe essere influenzata dalla volatilità legata alle situazioni politiche locali, avrà a che fare con una sola valuta, più stabile e ancorata all'euro".