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MONDO

Caso Eitan, tribunale Tel Aviv: il bambino torni in Italia. Nonni materni pronti al ricorso

La famiglia Peleg - quella materna del piccolo Eitan - si è rivolta al Tribunale di Tel Aviv denunciando che Aya Biran, zia paterna, non le ha restituito ieri sera il bambino contravvenendo agli accordi sull'alternanza

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Shmuel Peleg, il nonno materno
Sono pronti al ricorso i nonni materni del piccolo Eitan, il bambino, unico sopravvissuto della strage del Mottarone, dopo la decisione del tribunale di Tel Aviv.
Eitan deve tornare in Italia in base alla Convenzione dell'Aja. La giudice del Tribunale della Famiglia di Tel Aviv ha dato ragione ad Aya Biran, zia paterna del piccolo.

Respinta la tesi del nonno materno Shmuel Peleg secondo cui la donna, affidataria di Eitan in Italia, non aveva diritto di tutela. L'uomo dovrà pagare le spese processuali. 

I Peleg annunciano ricorso. Fonti legali spiegano che, in vista del ricorso, per 7 giorni il bimbo non potrà lasciare Israele. Poi, in mancanza di misure contrarie, il sì al rientro.

Intanto  la famiglia Peleg - quella materna del piccolo Eitan - si è rivolta al Tribunale di Tel Aviv denunciando che Aya Biran, zia paterna, non le ha restituito ieri sera il bambino contravvenendo agli accordi sull'alternanza della routine del minore. Lo ha annunciato il portavoce della famiglia Gadi Solomon. I Peleg si sono rivolti alla Corte "nella speranza che questa volta si comprenda la misura in cui la decisione di ieri sia subito diventata un'arma micidiale nelle mani di Aya Biran".

Nonostante la sentenza favorevole il ritorno del bambino non appare dunque così immediato. Secondo fonti legali in Israele, Eitan non potrà muoversi dal Paese da oggi per i prossimi 7 giorni. Ovvero, per il lasso di tempo necessario a Shmuel Peleg di impugnare, con un ricorso al Tribunale distrettuale della città, la sentenza.

Trascorso questo tempo, e solo in mancanza di eventuali provvedimenti contrari, il bambino potrà far rientro in Italia. I provvedimenti contrari - ovvero il blocco della esecutività della decisione della giudice Ilotovich Segal - potrebbero essere assunti dal Tribunale a cui i legali di Shmuel Peleg hanno preannunciato l'impugnazione con l'obiettivo di "continuare la battaglia nell'interesse di Eitan, del suo benessere e del diritto a crescere in Israele come i suoi genitori si auguravano".

Se questo non avvenisse, il rientro sarebbe automatico. Anche se non si esclude, dopo il ricorso al Tribunale Distrettuale, un ulteriore passaggio della Corte Suprema, ultimo grado di giudizio.

Le motivazioni della giudice hanno accolto in pieno i presupposti della Convenzione dell'Aja sulla sottrazione dei minori. Ed hanno respinto la tesi della difesa di Peleg - che dovrà anche pagare le spese processuali, pari a circa 18 mila euro - che Israele "sia il luogo normale di vita del minore" e che il bambino "abbia due luoghi di abitazione".

"Con l'arrivo in Israele, il nonno - ha sottolineato la giudice - ha allontanato il minore dal luogo normale di vita. Un allontanamento contrario al significato della Convenzione dell'Aja"; "così facendo, ha infranto i diritti di custodia della zia sul minore stesso". La giudice ha anche rigettato le altre tesi di Peleg "secondo cui la zia Aya Biran non ha il diritto di tutela" o che "il ritorno del minore" in Italia "contrasti con il dovere della sua protezione" da parte del nonno.

Le 3 udienze (8, 9 e 10 ottobre scorsi) - ha spiegato la giudice - sono state condotte "con ritmo spedito" visto che la Convezione dell'Aja non "è solo per il bene del minore ma ha anche lo scopo di creare deterrenza verso chi prelevi in modo illegale bambini da uno stato".

Le reazioni alla decisione del magistrato (arrivata a 14 giorni dall'ultima seduta) sono state ovviamente opposte. La nonna materna di Eitan, Esther Peleg Cohen - che già aveva accusato l'Italia di "aver ucciso i suoi cari" sul Mottarone - è tornata all'attacco. "E' un giorno disastroso. E' avvenuto un secondo disastro dopo quello di cinque mesi fa. Si tratta - ha detto in tv - di un disastro nazionale. Un giorno di lutto nazionale". "Non riesco a capacitarmi del fatto che Israele - ha aggiunto - mi carpisca l'ultimo nipote, il residuo di quello che resta di mia figlia". La decisione del Tribunale - ha insistito - "è stata influenzata da considerazioni politiche sui rapporti con l'Italia".


Dall'altra parte esultano i familiari paterni del bambino. Alla "grande gioia" della zia, si aggiunge il commento dei legali della Biran a Tel Aviv, più misurato. "Pur accogliendo con soddisfazione la sentenza della giudice Ilotovich", hanno affermato, non si può tuttavia parlare "in questo caso  di vincitori nè vinti. C'è solo Eitan, e tutto quello che chiediamo è che torni presto a casa sua, ai suoi amici a scuola, alla sua famiglia, in particolare per la terapia e gli schemi educativi di cui ha bisogno".  E dall'Italia gli avvocati della zia paterna hanno osservato che nella sentenza hanno trovato "applicazione i principi e lo spirito della Convenzione dell'Aja". 

 Amb. Israele, sentenza Eitan prova indipendenza giudici
"La decisione della corte in Israele"sul ritorno in Italia di Eitan Biran, "è una testimonianza dell'indipendenza del sistema legale in Israele. Aspettiamo l'appello, ma intanto auguro a lui buona vita". Lo ha detto l'ambasciatore israeliano a Roma, Dror Eydar, in un Forum all'ANSA.