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MONDO

Tensione fra Italia e Turchia

"Erdogan dittatore". Politici turchi contro Draghi, il sostegno di Lettera150

Il capogruppo di Akp: "Se vuole vedere un dittatore guardi Mussolini". Solidarietà da parte degli accademici di Lettera150: "Parole coraggiose". La Turchia "non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini, ha dichiarata il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber

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Le parole del premier Mario Draghi su Erdogan hanno suscitato in Turchia un'ondata di reazioni politiche. "Caro Draghi da noi non c'è alcun dittatore. Se vuole vedere un dittatore guardi alla storia del suo Paese, guardi Mussolini", ha twittato il capogruppo in parlamento del partito Akp di Erdogan, Numan Kurtulmus. 

Il portavoce dell'Akp, Omer Celik, ha definito "fuori dai limiti" la frase di Draghi, le cui parole "non rispecchiano nella maniera più assoluta" i rapporti tra Turchia e Italia", ha sottolineato. Celik è poi tornato sull'episodio della sedia mancante di Ursula Von der Leyen, sostenendo che è dovuto a "incomprensione" tra la delegazione della Commissione e la delegazione del Consiglio europeo, e negando ogni responsabilità della Turchia. "Il premier italiano tenga bene a mente che i termini dittatura e fascismo non appartengono alla nostra cultura. coloro che dimenticano la propria storia non si mettano a parlare della storia degli altri. Rispediamo al mittente le sue parole", ha aggiunto Celik. 

Durissime parole anche della ex ministro per le Pari Opportunità Fatma Betul Sayan, una delle donne più influenti del partito e parlamentare, secondo cui "nel corpo di Draghi circola l'animo di Mussolini". "La dittatura apparteneva ai loro nonni. Gli italiani devono vergognarsi che un uomo del genere abbia fatto parte della loro meravigliosa storia", ha aggiunto Kaya.

"Se" il primo ministro italiano Mario Draghi "vuole vedere cosa sia una dittatura, deve guardare alla storia recente" del suo Paese "e lo vedrà molto chiaramente". E' quanto ha detto oggi il vice presidente turco Fuat Oktay, citato dall'agenzia di stampa Anadolu, tornando a commentare le dichiarazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi sul presidente Recep Tayyip Erdogan.

Il sostegno di Lettera150
"Piena solidarietà al Presidente Mario Draghi e apprezzamento per il coraggio dimostrato dalle sue parole". Lo dichiara il think tank Lettera150 relativamente alla polemica su Erdogan. "Il Presidente del Consiglio - prosegue - si muove nel solco della costituzione italiana che riconosce nella democrazia e nei valori di libertà e rispetto dei diritti umani il collante che unisce le millenarie civiltà mediterranee".

"Lo sgarbo fatto a Ursula von der Leyen (nella stupefacente indifferenza di Charles Michel) da parte del governo turco rappresenta la ennesima testimonianza della involuzione politica di una grande nazione che, tradendo l'insegnamento di Kemal Ataturk, sta scivolando verso derive liberticide che colpiscono fra l'altro l'università, il mondo della cultura, la stampa, i diritti delle donne e delle minoranze". "Chiediamo alle forze libere e democratiche d'Europa - conclude Lettera 150 - di fare concreta pressione sul governo turco perché fermi una preoccupante deriva totalitaria".

Weber, bene Draghi su Erdogan, Turchia non è Paese libero
"Il primo ministro Draghi ha ragione, sotto la guida del presidente Erdogan la Turchia si è allontanata dallo stato di diritto, dalla democrazia e dalle libertà fondamentali nell'ultimo decennio". Così il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber in una dichiarazione inviata ai media italiani. La Turchia "non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini - ha aggiunto Weber -. Se l'Europa vuole costruire un partenariato costruttivo con Paesi come la Turchia, ed è nel nostro interesse strategico farlo, dovremmo parlare chiaramente e onestamente dei fatti sul campo", ha detto Weber. "È anche il motivo per cui abbiamo chiesto già da anni al Consiglio di chiudere finalmente   la procedura di allargamento della Turchia all'Ue - ha proseguito Weber -. Siamo categoricamente contro una prospettiva di adesione della Turchia all'Ue e finché è sul tavolo ostacola un rapporto più realistico e franco con il Paese".