Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/Facebook-rischia-multa-fino-a-5-miliardi-di-dollari-da-Federal-Trade-Commission-b2231a45-564f-4e3c-b793-2745bec25a3a.html | rainews/live/ | true
MONDO

I ricavi nel trimestre sono in aumento

Facebook taglia gli utili mentre attende una multa fino a 5 miliardi di dollari

Mark Zuckerberg corre ai ripari e annuncia un calo dell'utile a 2,43 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2019, accantonando come perdita 3 miliardi di dollari. L'azienda infatti è in attesa di una multa record da 3 a 5 miliardi che la Federal Trade Commission americana potrebbe imporgli a seguito dello scandalo Cambridge Analytica

Condividi
Facebook rischia una multa da 3 a 5 miliardi di dollari da parte della Federal Trade Commission: l'agenzia governativa Usa, che indaga sulla violazione di un accordo del 2011 per la tutela della privacy degli utenti, sta per chiudere l'inchiesta. Nel mirino dell'agenzia,  lo scandalo Cambridge Analytica,  società terza che ha avuto accesso ai dati di 87 milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso. In attesa della probabile multa, l'azienda di Mark Zuckerberg ha iscritto come perdita in bilancio 3 miliardi di dollari, accantonati in attesa delle conclusioni della Ftc. 

Ricavi in aumento, utenti in crescita
Facebook ha annunciato un calo dell'utile a 2,43 miliardi di dollari nel primo trimestre del 2019 e riportato utili pari a 85 centesimi per azione, ben al di sotto della stima media degli analisti, pari a 1,61 dollari, ma Menlo Park si giustifica: senza l'accantonamento i suoi guadagni per azione sarebbero stati pari a 1,89 dollari. Ciò nonostante i ricavi - nella quasi totalità provenienti dalla pubblicità - hanno toccato 15,1 miliardi nel trimestre, con un aumento del 26% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, superiore, anche se di poco, alle stime di un aumento del 25% su base annua. 

E nonostante il 2018 sia stato tra i più difficili della storia di Facebook, il numero di utenti attivi quotidianamente sul social network si è attestato a quota 1,56 miliardi in media a marzo 2019, con un aumento dell'8% su base annua, in linea con le attese.

Zuckerberg annuncia nuove regole
"Capisco che qualsiasi regolamentazione potrebbe danneggiare la nostra attività. Ma penso sia necessario adottarle". Il co-fondatore Mark Zuckerberg, in un lungo post su Facebook, annuncia alcuni cambiamenti che saranno apportati alla piattaforma "nei prossimi anni" per sanare quelle che chiama "le criticità" legate all'uso del suo social network e ai possibili impatti "politici e sociali" che potrebbe avere. "Risolvere questi problemi è più importante dei nostri interessi. E credo che dare delle regole contribuirà a creare una maggiore fiducia".

Modifiche e minacce a internet
Zuckerberg ha ammesso che i cambiamenti, che riguardano l'uso dei dati degli utenti, le loro interazioni private, la crittografia delle comunicazioni e la permanenza delle informazioni condivise sulla piattaforma, potrebbero avere un impatto negativo sul business - vale a dire sui ricavi pubblicitari - dell'azienda, ma si dice fiducioso che "a lungo termine l'aumento dell'affidabilità su internet possa avere un impatto positivo sull'intera comunità e sulla nostra attività". 

Zuckerberg però avverte: i Paesi che hanno chiesto una maggiore regolamentazione della piattaforma devono collaborare per individuare parametri comuni condivisi. Sulla privacy, Zuckerberg chiede che venga preso come modello il Gdpr, il regolamento europeo varato dall'Unione europea nel maggio 2018. E ammonisce:  "la più probabile alternativa a regole globali sul modello del Gdpr è la frammentazione di internet".

Ingerenze straniere
In merito alle accuse di fake news e manipolazione dell'opinione pubblica sulla piattaforma  per fini politici, Zuckerberg  chiede parametri per stabilire "cosa sia la pubblicità politica" e chi possa farla, perché "spesso le minacce di oggi, come le ingerenze straniere sui processi democratici, non sono contemplate dalle leggi attuali e sarebbe meglio che non fossero le aziende a definire queste regole da sole". Mentre per i contenuti dannosi condivisi sul social network, afferma che "ci dovrebbe essere un'azione pubblica per definire cosa sia lecito consentire e come minimizzarne gli effetti", in maniera tale che le aziende - come la sua - possano adeguarsi. Zuckerberg oggi ammette che il ruolo dei social è quello delle "piazze virtuali" affiancate a quelle "fisiche", nella discussione pubblica. Ma "tutti abbiamo bisogno di comunicare anche in privato, e questo servizio potrebbe diventare importante per le nostre vite".

Cosa cambierà
Da qui il piano per modificare la piattaforma che riguarderà innanzitutto la cifratura dei dati, che impedisca a chiunque ("compreso noi", afferma), di leggere i messaggi tra privati, la riduzione della permanenza di un post pubblico nella 'memoria' dei social, la sicurezza dei messaggi scambiati. Non ultima, l'interoperabilità delle piattaforme, ovvero la possibilità di comunicare passando attraverso le varie app della 'Galassia Facebook', vale a dire Whatsapp,  Instagram e Messenger - modifica annunciata alcuni mesi fa, non senza sollevare più di una perplessità in Italia come in Europa. E poi la messa in sicurezza dei dati personali, anche in quei Paesi dove i i governi potrebbero voler controllare gli utenti. 

Cosa ha insegnato Cambridge Analytica
Tutto questo - multe, modifiche, ammissioni parziali di colpa -  evidenzia un dibattito più ampio, che riguarda quanto gli utenti possano fidarsi di Facebook e come vengono trattati i dati personali in suo possesso.  Lo scandalo Cambridge Analytica (società di consulenza politica) ha dimostrato che è stato consentito a uno sviluppatore di terze parti di progettare un'applicazione (un gioco all'interno del social network) con l'unico scopo di raccogliere dati degli utenti a loro insaputa, sfruttando una falla per rastrellare informazioni su non solo degli utenti di Facebook che hanno usato l'app ma dei loro amici  e degli amici degli amici, senza che lo sapessero. E' probabile che lo scandalo Cambridge Analytica (sul quale in Italia ha indagato anche l'Autorità garante per i dati personali) non sia servito a far eleggere il presidente Trump, come alcuni sostengono. Resta il fatto che la reputazione di Cambridge Analytica ha subìto un tracollo ed è stata la sola, finora, a pagarne il prezzo in termini di clienti persi dopo mesi di pubblicità negativa.