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SALUTE

mamme & bambini

Salute. Gli errori delle mamme (e come evitarli)

mode alimentari, paura dei vaccini, ansia per il minimo disturbo del bambino: dove possono sbagliare le mamme, e cosa sapere per evitare gli errori, col proprio bambino. Colloquio col prof. Alberto Ugazio   - Direttore del Dipartimento  di Medicina Pediatrica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

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Professore dall'alimentazione all'ansia per le malattie: quali sono gli errori più grandi che una mamma possa fare col proprio figlio, fin dalla nascita
Gli errori sono nostri, non delle mamme! Abbiamo mutato radicalmente habitat e stile di vita, abbiamo polverizzato la “famiglia grande” del passato in una galassia di “famiglie nucleari” e abbiamo sostituito alla vita sociale i social network. Per fortuna la mamma continua a mettere salute e benessere del proprio bambino al di sopra di qualunque altra cosa. Ma il suo compito è diventato infinitamente più complesso di quello delle mamme di un tempo. E per giunta: a chi chiedere aiuto, consiglio, conforto? nel migliore dei casi al padre che, se possibile, di bambini ne sa ancor meno. Non ci possiamo stupire se l’obesità infantile è diventata una vera e propria epidemia, se il consumo di antibiotici ed antipiretici – per non parlare dei farmaci omeopatici -  raggiunge livelli che non sono certo giustificati da un impiego razionale. Ma la solitudine, l’incertezza, l’ansia della mamma che, lasciata sola, non è in grado di affrontare con serenità i problemi del proprio bambino hanno probabilmente gli ’effetti più devastanti. Il bambino ha bisogno di certezze, di avere intorno a sé un ambiente solido e sereno. Quanti problemi psicologici e comportamentali degli anni successivi trovano le proprie radici in questo ambiente insicuro, turbato, contraddittorio?  Meglio senz’altro la severità della famiglia patriarcale, tanto criticata – in parte a ragione – ma certamente più “a misura di bambino” di una famiglia che sa trasmettere soltanto ansia e incertezze.   

Quanto è errato imporre al bambino le proprie scelte alimentari, per esempio quelle che escludono intere categorie nutrizionali perché derivano da proteine animali
Abbiamo sempre imposto ai bambini le nostre abitudini alimentari. E continuiamo a farlo. Nelle società tradizionali, si trattava di un comportamento essenziale per la sopravvivenza: i genitori offrivano al bambino gli alimenti che avevano imparato a riconoscere come sicuri – i veleni sono molto frequenti in natura – e più adatti alla sua crescita. Ma nella società postmoderna, con l’abbandono delle tradizioni e un atteggiamento sempre più scettico nei confronti della ragione e della scienza, le scelte alimentari sono diventate sempre più spesso strumenti di adesione ad una comunità: “Sono vegetariano”, “Sono vegano”, “Soltanto cibi a chilometro 0!”, “Nient’altro che cibi biologici”. Tutto bene. Ma un paio di settimane fa ci siamo imbattuti in un neonato figlio di madre vegana: la carenza di vitamina B12 durante la gravidanza ha causato danni cerebrali gravissimi e irreversibili. Per non parlare dei piccoli bambini che vanno incontro a gastroenteriti gravi perché alimentati con verdure fresche, di regola fertilizzate con “concimi naturali”. Si possono abbandonare le tradizioni, certamente. A patto che le nostre scelte siano sottoposte al vaglio della ragione. 

L'altra faccia della medaglia è la mamma che rimpinza ad ogni ora il figlio che lei vede sempre denutrito, o che sia incapace di vietargli fritti, dolci e bevande gassate.
E’ davvero l’altra faccia della stessa medaglia. Perché l’origine è identica: mancanza di “alfabetizzazione”, di cultura sanitaria, totalmente trascurata dalla nostra scuola e che i media non sembrano in grado di trasmettere e diffondere. Con la conseguenza che, mentre alcuni adottano stili di vita alimentare “alternativi”, talvolta pericolosi, altri (la maggioranza) continuano a comportarsi come se vivessimo ancora in un’economia di sussistenza, ai tempi in cui mangiar molto significava sopravvivere.  Oggi il problema più preoccupante è invece l’obesità del bambino perché sappiamo bene che rappresenta l’anticamera delle malattie cardiovascolari, del diabete, di molte malattie respiratorie e di molti tumori, malattie che sono attualmente il vero flagello sanitario del pianeta. Il nostro Paese, purtroppo, è ai primissimi posti nel mondo per frequenza dell’obesità infantile che per giunta non è diffusa in modo uniforme sul territorio nazionale. Nel nord Italia, la percentuale di bambini obesi e sovrappeso è più o meno simile a quella degli altri Paesi europei. Man mano che ci si sposta verso sud, la percentuale aumenta fino a raggiungere valori incredibilmente alti, vicini al 50% in Campania. E la dieta mediterranea? Soppiantata da patatine fritte, cola e barrette di chissà che. Ma gli stessi genitori che rimpinzano il bambino con merendine ipercaloriche, non di rado sono anche nemici giurati delle vaccinazioni, convinti come sono che i vaccini sono pericolosi, tossici, un’invenzione diabolica delle multinazionali del farmaco…Strano Paese il nostro che sa essere al contempo pre- e postmoderno. E la razionalità, la scienza, il parere degli esperti? Inutile farci conto nell’epoca di internet. Tutti siamo ormai convinti di essere esperti: basta digitare “vaccinazioni” oppure “alimentazione del lattante” ed ecco che possiamo decidere autonomamente (questa la convinzione di molti) quel che è meglio per nostro figlio. Anche il compito del pediatra, come quello delle mamme, è diventato molto più complesso che nel passato.   

Una febbre un po' alta, una colica, il pianto per la dentizione: alcune mamme vanno subito nel panico, somministrano paracetamolo o corrono in ospedale. Cosa dovrebbe insegnare alla mamma il pediatra di famiglia?
Purtroppo è scomparsa la trasmissione della cultura da una generazione alla successiva. La famiglia è sempre più “nucleare”, lontana dai parenti e isolata nel minuscolo appartamento di un enorme condominio in cui ci si saluta a malapena in ascensore. C’è da stupirsi se i problemi più banali mettono in ansia la madre? Se in Pronto Soccorso è sempre più difficile far fronte ad uno stuolo di “codici bianchi”, bambini con problemi che, in termini strettamente sanitari, sono minimi o inesistenti? Di fatto, la trasmissione della puericoltura – saper crescere il bambino - è oggi affidata al pediatra. Ma l’organizzazione della medicina di territorio – e di quella pediatrica in particolare – è obsoleta e del tutto inadeguata. E’ urgente l’apertura delle “medical home”, di case della salute territoriali aperte 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, con un ruolo sempre più indirizzato alla promozione e alla trasmissione della cultura della salute. Gli Infermieri pediatrici – oggi virtualmente assenti sul territorio – sono indispensabili e possono svolgere un ruolo di primo piano anche nella diffusione della puericoltura. 

Questa estate abbiamo assistito a tragedie di ragazzi molto giovani stroncati dalla droga, dall'alcol, e da una malformazione cardiaca che nessuno mai aveva diagnosticato. Quali segnali deve saper cogliere la famiglia, per evitare questi drammi?
Il caso della malformazione cardiaca è differente dagli altri perché la famiglia può fare ben poco per sospettarla. Ma purtroppo, in molti casi non è in grado di sospettarla neppure il pediatra che ha visitato molto accuratamente e più volte il bambino. Non siamo onnipotenti e le fatalità esistono. Ben diverso il capitolo della dipendenza. Molti comportamenti e atteggiamenti dovrebbero allertare facilmente la famiglia: la ragazza o il ragazzo perde interesse nelle attività preferite, diventa disordinato e non cura più l'igiene personale, passa rapidamente da uno stato d’animo all’altro alternando momenti di estrema stanchezza a momenti di iperattività, ha problemi sul lavoro o a scuola… Insomma, quando si incontra un ragazzo con dipendenza e la sua famiglia, non si può fare a meno di pensare: ma come hanno fatto a non accorgersene? Dimentichiamo, forse, che la dipendenza nasce molto spesso proprio dalla famiglia e dalle sue dinamiche. Difficile per i familiari cogliere il “proprio problema” o riconoscerne l’esistenza. Gli adolescenti non amano farsi visitare e frequentano poco o nulla gli studi pediatrici. Ma il medico è quasi sempre l’unico a poter cogliere i segni precoci di dipendenza. Occorre trovare nuove modalità e motivazioni perché ragazzi e ragazze frequentino regolarmente il pediatra, il medico di fiducia. Temo che nel nostro Paese la medicina scolastica sia stata abbandonata troppo frettolosamente. Forse sarebbe stato più saggio ripensarne ruolo e funzioni. Siamo ancora in tempo.