MONDO
i dati di save the children e unicef
Giornata mondiale contro il lavoro minorile: in Italia coinvolto 1 bambino su 20
In tutto il mondo lavorano 168 milioni di minori. La metà svolge lavori pericolosi

In Italia vivono 3,5 milioni di bambini a rischio povertà mentre almeno un milione vive in condizioni di povertà assoluta. La miseria, spesso dovuta alla crisi e alla perdita di un reddito familiare, avvicina sempre di più i minori a forme di sfruttamento e di lavoro irregolare. Un fenomeno che, nel nostro Paese, riguarda il 7% dei minori tra i 7 e i 15 anni. Un esercito di 260 mila bambini: in pratica, uno ogni venti. È questo quanto emerge dal rapporto presentato da Save the children in collaborazione col ministero della Giustizia in occasione dell’undicesima Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile.
In Italia: abbandono scolastico e illegalità
“Un fenomeno grave che, in una misura piuttosto rilevante, è presente anche in Italia – ricorda il presidente di Save the children Italia, Claudio Tesauro – per questo abbiamo deciso di indagarlo, contribuendo a colmare un vuoto di dati in materia”. Un vuoto dovuto, in certi casi, alla difficoltà di intercettare alcuni dei minori coinvolti in giri di sfruttamento e lavoro irregolare. Ragazzi sempre più lontani dai circuiti scolastici e sempre più nei guai con la giustizia, tanto che la maggior parte dei minori che sta scontando una condanna penale ha lavorato prima dei 16 anni iniziando, in certi casi, tra gli 11 e i 12. Per intercettare quei minori che “solitamente sfuggono alle rilevazioni campionarie”, ricorda Tesauro, Save the children è andata negli Istituti penitenziari minorili, nelle comunità di accoglienza penale e in quelle ministeriali. Tra gli enti interpellati anche gli Uffici di servizio sociale minorile.
La necessità di un piano nazionale
Illegalità, disuguaglianza sociale e discriminazione: queste le realtà vissute dai lavoratori under16. Così diventa indispensabile, sottolinea Tesauro, “intervenire per garantire percorsi lavorativi positivi, grazie ai quali i ragazzi possano trovare adeguata realizzazione economica e sociale”. Per questo, afferma Save the Children, è necessaria la stesura di un Piano nazionale sul lavoro minorile capace di monitorare, e soprattutto prevenire, il fenomeno. Un fenomeno che riguarda anche i Paesi ad alto reddito e che non può e non deve essere ignorato.
Nel resto del mondo
Sono sfruttati perché lavoratori silenziosi, non consapevoli dei propri diritti e pagati meno rispetto agli adulti. Nel mondo, questa condizione riguarda almeno 168 milioni di minori, di cui 85 coinvolti in lavori pericolosi. Storie di bambini tenuti lontani dai banchi di scuola per necessità e, talvolta, per tradizione popolare. Lavorano sotto il sole per fabbricare mattoni come dentro le miniere per estrarre carbone. Spesso sono costretti ai lavori forzati, condizione che riguarda almeno 5 milioni e mezzo di bambini in tutto il mondo. Sono vittime di sfruttamento e, in un milione di casi, della tratta di esseri umani. I dati Unicef mostrano un fenomeno in calo a livello globale, passato dai 215 milioni del 2008 ai 168 milioni del 2012. I numeri più alti si registrano nell'Asia e nel Pacifico, dove lavorano 77,7 milioni di bambini. Seguono i 59 milioni dell'Africa Subsahariana, regione con l'incidenza più alta dove lavora un minore su cinque. Infine l'America Latina e Caraibi, con 12,5 milioni di lavoratori bambini.
Oggi, giorno di inizio dei Mondiali, è quanto mai importante ricordare che in Brasile lavorano 3 milioni di ragazzi tra i 10 e i 17 anni. Soltanto nelle dodici città che ospiteranno le partite, in sette anni sono state registrate più di 27 mila segnalazioni. Un mondo parallelo fatto di abusi, sfruttamento e violenza dove i ragazzi spesso finiscono in giri di prostituzione minorile. Per questo l'Unicef ha deciso di lanciare Proteja Brazil: un'app per segnalare gli abusi alle autorità locali.
Unicef, la storia di Saima
Un fenomeno, quello del lavoro minorile, che riguarda in particolar modo i Paesi più poveri, tra cui spicca il Bangladesh dove sono ben 26 milioni i bambini che vivono sotto la soglia di povertà. E potrebbero essere molti di più visto che, alla nascita, ne viene registrato appena il 37%. Saima, protagonista del video realizzato dall’Unicef, vive nello slum di Dacca, capitale del Bangladesh. Per aiutare la famiglia passa le sue giornate a rovistare tra i rifiuti della discarica. “Tutte queste attività – ricorda il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrera – comportano conseguenze devastanti in termini di salute e sopravvivenza”. Ora che nella sua città è arrivato il Child-friendly space dell’Unicef, Saima ha un altro posto dove trascorrere il tempo. Forse, un giorno, riuscirà anche a studiare.
In Italia: abbandono scolastico e illegalità
“Un fenomeno grave che, in una misura piuttosto rilevante, è presente anche in Italia – ricorda il presidente di Save the children Italia, Claudio Tesauro – per questo abbiamo deciso di indagarlo, contribuendo a colmare un vuoto di dati in materia”. Un vuoto dovuto, in certi casi, alla difficoltà di intercettare alcuni dei minori coinvolti in giri di sfruttamento e lavoro irregolare. Ragazzi sempre più lontani dai circuiti scolastici e sempre più nei guai con la giustizia, tanto che la maggior parte dei minori che sta scontando una condanna penale ha lavorato prima dei 16 anni iniziando, in certi casi, tra gli 11 e i 12. Per intercettare quei minori che “solitamente sfuggono alle rilevazioni campionarie”, ricorda Tesauro, Save the children è andata negli Istituti penitenziari minorili, nelle comunità di accoglienza penale e in quelle ministeriali. Tra gli enti interpellati anche gli Uffici di servizio sociale minorile.
La necessità di un piano nazionale
Illegalità, disuguaglianza sociale e discriminazione: queste le realtà vissute dai lavoratori under16. Così diventa indispensabile, sottolinea Tesauro, “intervenire per garantire percorsi lavorativi positivi, grazie ai quali i ragazzi possano trovare adeguata realizzazione economica e sociale”. Per questo, afferma Save the Children, è necessaria la stesura di un Piano nazionale sul lavoro minorile capace di monitorare, e soprattutto prevenire, il fenomeno. Un fenomeno che riguarda anche i Paesi ad alto reddito e che non può e non deve essere ignorato.
Nel resto del mondo
Sono sfruttati perché lavoratori silenziosi, non consapevoli dei propri diritti e pagati meno rispetto agli adulti. Nel mondo, questa condizione riguarda almeno 168 milioni di minori, di cui 85 coinvolti in lavori pericolosi. Storie di bambini tenuti lontani dai banchi di scuola per necessità e, talvolta, per tradizione popolare. Lavorano sotto il sole per fabbricare mattoni come dentro le miniere per estrarre carbone. Spesso sono costretti ai lavori forzati, condizione che riguarda almeno 5 milioni e mezzo di bambini in tutto il mondo. Sono vittime di sfruttamento e, in un milione di casi, della tratta di esseri umani. I dati Unicef mostrano un fenomeno in calo a livello globale, passato dai 215 milioni del 2008 ai 168 milioni del 2012. I numeri più alti si registrano nell'Asia e nel Pacifico, dove lavorano 77,7 milioni di bambini. Seguono i 59 milioni dell'Africa Subsahariana, regione con l'incidenza più alta dove lavora un minore su cinque. Infine l'America Latina e Caraibi, con 12,5 milioni di lavoratori bambini.
Oggi, giorno di inizio dei Mondiali, è quanto mai importante ricordare che in Brasile lavorano 3 milioni di ragazzi tra i 10 e i 17 anni. Soltanto nelle dodici città che ospiteranno le partite, in sette anni sono state registrate più di 27 mila segnalazioni. Un mondo parallelo fatto di abusi, sfruttamento e violenza dove i ragazzi spesso finiscono in giri di prostituzione minorile. Per questo l'Unicef ha deciso di lanciare Proteja Brazil: un'app per segnalare gli abusi alle autorità locali.
Unicef, la storia di Saima
Un fenomeno, quello del lavoro minorile, che riguarda in particolar modo i Paesi più poveri, tra cui spicca il Bangladesh dove sono ben 26 milioni i bambini che vivono sotto la soglia di povertà. E potrebbero essere molti di più visto che, alla nascita, ne viene registrato appena il 37%. Saima, protagonista del video realizzato dall’Unicef, vive nello slum di Dacca, capitale del Bangladesh. Per aiutare la famiglia passa le sue giornate a rovistare tra i rifiuti della discarica. “Tutte queste attività – ricorda il presidente di Unicef Italia, Giacomo Guerrera – comportano conseguenze devastanti in termini di salute e sopravvivenza”. Ora che nella sua città è arrivato il Child-friendly space dell’Unicef, Saima ha un altro posto dove trascorrere il tempo. Forse, un giorno, riuscirà anche a studiare.