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MONDO

La scheda

Tutto quel che serve sapere sul vertice dei capi di stato e di governo dell'UE.

Grecia, immigrazione, riforme, politica estera. Un piatto ricchissimo quel che hanno di fronte i capi di stato e di governo dell'Unione riuniti a Bruxelles.

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Bruxelles
I capi di Stato e di governo dell'Ue si riuniscono oggi e domani a Bruxelles per un vertice europeo su cui aleggia lo spettro del default della Grecia. La crisi di Atene, pur non essendo ufficialmente in agenda, terrà banco all'incontro, insieme all'altro tema "caldo": l’emergenza immigrazione.

La crisi greca
Da ieri sono in corso trattative tra la Grecia e i suoi creditori, che però non hanno portato ancora ad un accordo. Non è bastato l’Eurogruppo, durato meno di un'ora proprio per la distanza tra le posizioni, e nemmeno i colloqui notturni tra il premier greco, Alexis Tsipras e le istituzioni creditrici, rappresentate da Jean-Claude Juncker (Commissione europa), Mario Draghi (Bce), Christine Lagarde (Fmi) e Jeroen Dijsselbloem (Eurogruppo). Le posizioni restano distanti. 
 
Le posizioni
Atene chiede di rinegoziare il proprio debito pubblico (che ha raggiunto il 180% del Pil) e vorrebbe che il Fondo salva stati europeo rilevasse i titoli di debito greci detenuti dalla Bce. 

C’è poi il nodo delle pensioni e dell’Iva. Il braccio di ferro vede da un lato i creditori puntare a una riforma che innalzi l’età pensionabile da 62 a 67 anni a partire dal 2022. Ma per il governo greco non se ne parla almeno fino al 2025. I creditori inoltre vorrebbero che l'Iva nel settore ristorazione fosse del 23%, mentre il governo di Alexis Tsipras insiste per un’aliquota del 13%.  
 
Da parte sua, Atene propone un aumento delle tasse sugli utili alle imprese e nuove imposte. Ma secondo i creditori – che chiedono anche un taglio della spesa pubblica e una riforma del mercato del lavoro – questo non basta.

Il rischio "Grexit"
È dunque una corsa contro il tempo per trovare un accordo da fare approvare ai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles. Accordo che consentirebbe di sbloccare l’ultima tranche del finanziamento da 7,5 miliardi, permettendo così ad Atene di rimborsare il prestito da 1,5 miliardi concesso dal Fmi entro la scadenza prevista: il 30 giugno. Se la Grecia non dovesse riuscire a pagare, scatterebbe il default che provocherebbe un effetto domino: comincerebbe con le corse agli sportelli delle banche per concludersi con un'eventuale uscita del Paese dall'euro. "Non voglio il Grexit. In tal caso, ci troveremmo in un territorio inesplorato, come dicono alcuni, con tutti i rischi che ciò comporta", ha spiegato Lagarde. A confermare che il rischio di un'uscita della Grecia dall'euro è concreto, è stato anche il premier italiano Matteo Renzi, nella sua informativa al Senato in vista del vertice Ue. "I greci devono sapere - ha spiegato -, e lo diciamo con l'affetto di amici e la vicinanza di chi sa le difficoltà del popolo greco, che esiste una fortissima pressione per usare questa finestra che si apre per chiudere i conti con la Grecia ed eliminare la Grecia dalla zona euro".

Maggiore integrazione nell'area euro
Il dibattito sulla Grecia si inscirve in un più ampio ripensamento che riguarda la governance del futuro per l'Europa e l'Eurzona. La consapevolezza che l'Unione deve procedere verso una più forte integrazione ha portato alla redazione di un documento – a cui hanno lavorato Jean Claud Junker, Donald Tusk, Jeroen Dijsselbloem, Mario Draghi e Martin Schulz - finalizzato a condividere sempre maggiori porzioni di sovranità e a gestire una conseguente condivisione dei rischi. Un documento che sarà oggetto dei colloqui a Bruxelles e che contiene una serie di proposte. Tra queste,  la creazione, in ogni Stato membro, di un’autorità indipendente incaricata di controllare che i salari evolvano in linea con la produttività e di valutare i progressi delle riforme.  Altro punto è l’individuazione di una serie di standard da raggiungere in vari settori: dal mercato del lavoro alla pubblica amministrazione fino alla politica fiscale. Il documento punta inoltre a completare l’unione bancaria e a creare un sistema di ammortizzatori sociali  per reagire ai possibili shock. 

L’emergenza immigrazione
Tema centrale del vertice è però la questione immigrazione. E anche qui la strada appare tutt’altro che in discesa: la situazione di Ventimiglia, dove alla vigilia del vertice la frontiera è stata temporaneamente chiusa ai migranti sul lato francese da un ingente dispositivo di sicurezza (con il ritorno di 130 di loro sugli scogli di Ponte San Ludovico), e il caso di Calais (in Francia), dove centinaia di migranti sono stati respinti mentre tentavano di entrare nel Regno Unito, approfittando dello sciopero dei portuali (sarebbero 3000 a vivere accampati nella zona in attesa di attraversare la Manica), hanno raffreddato le aspettative italiane: "Oggi - ha detto Renzi - non ci sono le condizioni per cambiare l'approccio del regolamento di Dublino. Lo vediamo dai giornali, prima ancora che dalle cancellerie. Siamo in un periodo in cui torna a farsi strada la paura, in cui si afferma di nuovo l'idea di frontiera, piuttosto che di piazza".
 
Il meccanismo di redistribuzione
Sul tavolo dei leader europei c'è il meccanismo di redistribuzione di 40.000 rifugiati siriani ed eritrei dall'Italia (24.000) e dalla Grecia (16.000) verso gli altri Paesi Ue nei prossimi due anni ("relocation”). La "relocation"' proposta dalla Commissione europea a maggio, non è stata accolta con entusiasmo dagli Stati membri, in gran parte contrari al principio di vedersi imporre l'accoglienza di un certo numero di rifugiati per alleviare la pressione sui Paesi in prima linea di fronte a un afflusso migratorio eccezionale. Molti Stati si oppongono per principio all'idea che possa esserci un obbligo di accogliere quote di rifugiati, anche se teoricamente accettano il principio di solidarietà.
 
Nonostante le reticenze, la bozza di conclusioni del vertice Ue, resa nota dalla stampa nelle scorse ore, contiene un compromesso che pesa molto attentamente le parole con un escamotage lessicale per cui l’obbligatorietà si è trasformata in un impegno volontario ma vincolante da parte degli Stati.
 
Sullo sfondo la “questione russa”
Sullo sfondo del vertice c'è poi la question russa. Nei giorni scorsi i ministri degli Esteri dell'Unione europea, hanno approvato il prolungamento fino al 31 gennaio 2016 delle sanzioni nei confronti di Mosca per la crisi ucraina. Le sanzioni scadevano a giugno e sono state prolungate "fino a quando la Russia non terrà fede agli impegni presi nell'accordo (di cessate il fuoco) di Minsk", ha precisato il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond. È probabile dunque che il tema della Russia resti solo - per il momento - un tema marginale del vertice Ue.