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MONDO

Il tour #NonFossiliziamoci

Greenpeace: il veliero hi-tech al porto di Genova

La Rainbow Warrior III impegnata in una campagna lungo le coste italiane contro le fonti energetiche inquinanti. La nave è la versione numero tre dell’omonimo peschereccio affondato dalla Francia nel 1985 per fermare le proteste contro i test nucleari nell’atollo di Muroroa

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di Silvia BalducciGenova
Non poteva che essere un esempio di tecnologia verde la nave ammiraglia che Greenpeace porta in giro per i mari del mondo, ora ormeggiata al Porto Vecchio di Genova e aperta al pubblico di curiosi in attesa di partire in direzione sud per continuare la campagna di comunicazione in Italia. Salendo a bordo colpiscono le tecnologie sofisticate del veliero costruito nel cantiere tedesco di Fassmer e progettato per navigare quasi esclusivamente a vela, con un motore diesel elettrico. Al suo interno ci sono due compattatori per i rifiuti, una piccola macchina per frantumare le bottiglie, un sistema di smaltimento delle acque di scarico ed uno di desalinazione dell’acqua.

Tecnologie nuove, simboli di sempre. La versione infatti è la numero tre della nave Rainbow Warrior, il vecchio peschereccio che nel 1985 è stato affondato da due agenti del controspionaggio francese ad Auckland in Nuova Zelanda, per fermare le proteste contro i test nucleari nell’atollo di Muroroa. L’affaire, nel quale perse la vita il fotografo Fernando Pereira, scosse la Francia del presidente Mitterand, costringendo  l’allora ministro della Difesa alle dimissioni.

Rainbow Warrior: in primis la comunicazione
La Rainbow Warrior III a differenza delle due precedenti (tra l’affondata e l’attuale ce n’è stata un’altra donata nel 2011 ad un’associazione del Bangladesh) non è stata progettata per campagne sensazionali ma per scopi di comunicazione. All’interno, c’è un’ufficio stampa e anche una sala conferenze che può ospitare fino a 50 persone. Il fuoco degli ideali verdi, infatti - messo a dura prova dalla crisi economica, che ha in qualche modo ridisegnato le priorità – ha bisogno di nuova energia.

Lo scandalo finanziario: persi 3,8 milioni
A fiaccare la passione ambientalista, oltre alla crisi, anche un recente errore finanziario denunciato dal quotidiano tedesco Der Spiegel. Un’operazione sbagliata che ha portato Greenpeace International a perdere 3,8 milioni di euro. Soldi provenienti dalle donazioni investiti sul ribasso dell’euro. Certo briciole se si considera il numero in relazione al budget annuale – solo l’1% sui 300 milioni annui - ma abbastanza per destare scalpore e costringere l’associazione a correre ai ripari. “Le intenzioni erano buone, la valutazione non lo è stato altrettanto” ha commentato il portavoce Mike Townsley scusandosi con i sostenitori.