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ITALIA

#NonFossiliziamoci, tappa a Civitavecchia

“Stop al carbone”: il dossier di Greenpeace sull’Enel

La Rainbow Warrior davanti alla centrale di Torrevaldaliga per una nuova azione di protesta. Gli ambientalisti avrebbero denunciato che due delle multinazionali da cui viene importato carbone sarebbero al centro di scandali per reati ambientali e violazioni dei diritti umani in Colombia

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Greenpeace in azione a Civitavecchia
di Silvia BalducciCivitavecchia (Roma)
Vele spiegate per raggiungere la centrale a carbone di Civitavecchia, è qui che gli attivisti hanno organizzato la nuova azione di protesta.  Necessaria, dicono, soprattutto dopo la pubblicazione di un dossier  - commissionato all’istituto di ricerca olandese Somo e già sottoposto ad Enel  - dal quale emergerebbe che due delle multinazionali da cui l’azienda importa carbone sarebbero al centro di scandali per reati ambientali e violazioni dei diritti. Nello specifico nel mirino sono finite l’americana Drummond e la svizzera Prodeco, entrambe operanti in Colombia. Ora gli ambientalisti chiedono all’azienda italiana di rivedere gli accordi commerciali.
 
Arrivati a Civitavecchia, dunque, a bordo di un gommone gli attivisti di Greenpeace hanno avvicinato una nave con del combustibile importato proprio dalla Colombia, e hanno dispiegato uno striscione con scritto:”StopCarbone#NonFossiliziamoci”.
 
Il dossier
Le relazioni sarebbero state certificate documentando la rotta di navi carboniere che hanno viaggiato fino ai porti che servono alcune centrali termoelettriche dell’azienda in Italia. Nel 2013 Enel avrebbe acquistato almeno 330.000 tonnellate di carbone dalla Prodeco e nello stesso periodo la Drummond avrebbe fatto arrivare a Civitavecchia, La Spezia e Venezia cinque carichi di carbone dalle sue miniere colombiane.
 
Le due multinazionali straniere
 “Le loro politiche ambientali sono deboli – si legge nella sintesi del rapporto – e più spesso deficitarie; ma, ancor più, su entrambe le aziende esiste una corposa documentazione giornalistica (e legale) che testimonia come siano state ripetutamente accusate di gravissime violazioni dei diritti umani e di aver commissionato omicidi e torture di sindacalisti e abitanti delle aree circostanti le loro miniere in Colombia. Alcuni dei processi a carico di queste aziende, conosciute all’opinione pubblica di molti Paesi per i loro imbarazzanti ‘crime files’, sono ancora pendenti”.