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MONDO

Guerra in Siria

Erdogan: "Il mondo ci sostenga o si prenda i rifugiati"

L'Ue condanna l'aggressione, ma sulle armi decideranno i singoli Stati. Mercoledì 16 ottobre nuova riunione del Consiglio Onu. Trump: Pompeo e Pence in Turchia

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"La comunità internazionale deve sostenere gli sforzi del nostro paese o cominciare ad accettare i rifugiati" dalla Siria, scrive il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in un editoriale pubblicato sul Wall Street Journal per sostenere le sue ragioni sull'offensiva militare contro i curdi nel nord-est della Siria.

"La Turchia sta intervenendo dove altri hanno mancato di agire", è il titolo scelto dal leader di Ankara per il suo intervento sul quotidiano americano. "I flussi di rifugiati siriani, la violenza e l'instabilità ci hanno spinto ai limiti della nostra tolleranza", scrive Erdogan, che ricorda l'impegno del suo paese nell'ospitare 3,6 milioni di rifugiati siriani e rivendica di aver speso "40 miliardi di dollari per offrire loro educazione, assistenza sanitaria e alloggio". Tuttavia, insiste, "senza supporto finanziario internazionale non possiamo impedire ai rifugiati di andare in occidente". Erdogan spiega quindi di aver deciso l'offensiva in Siria dopo aver "concluso che la comunità internazionale non avrebbe compiuto i passi necessari" ad affrontare la situazione.

Erdogan ha affermato che impedirà ai combattenti dello Stato Isis di lasciare il nord-est della Siria. "Ci assicureremo che alcun combattente dell'Isis possa lasciare il nord-est della Siria", ha scritto il presidente turco, rispondendo alle inquietudini degli occidentali che temono un ritorno in campo dell'Isis dopo l'intervento turco in Siria, che rischia di favorire la fuga dei jihadisti che si trovano nelle prigioni curdi delle milizie YPG. "Siamo pronti a cooperare con i paesi d'origine e con le organizzazioni internazionali per la riabilitazione delle donne e dei bambini dei combattenti terroristi stranieri", ha aggiunto il leader turco.

Ankara ha accusato ieri le forze curde di aver deliberatamente rilasciato membri dell'Isis per "seminare il caos" nella regione. Un'ipotesi rilanciata anche dal presidente Usa Donald Trump in un tweet, anche se gli Usa hanno condannato l'intervento turco e ieri il segretario alla Difesa Mark Esper ha accusato l'offensiva turca di aver provocato la "liberazione di numerosi detenuti pericolosi".

Erdogan, nel suo commento, ha anche criticato i paesi occidentali che "danno lezioni alla Turchia" su come si combatte l'Isis, dopo che non sono riusciti a fermare il flusso di "foreign fighters" tra il 2014 e 2015. E ha puntato il dito particolarmente sulla Francia, che ha bloccato la vendita di armi alla Turchia. "Perché ha ignorato i nostri ripetuti avvertimenti su attacchi terroristici imminenti?" si è chiesto il presidente turco.

Trump: Pompeo e Pence in Turchia
Il vicepresidente degli Stati Uniti, Mike Pence, e il segretario di Stato, Mike Pompeo, voleranno mercoledì ad Ankara per fare pressioni sulla Turchia per fermare l'offensiva contro i combattenti curdi siriani. Lo ha detto il presidente Usa, Donald Trump. "Partiranno domani", ha detto Trump ai giornalisti alla Casa Bianca, il giorno dopo che Pence ha annunciato il viaggio senza dare un orario. "Stiamo chiedendo un cessate il fuoco... Mettiamo le sanzioni più forti che si possano immaginare".

Secondo la Casa Bianca, Pence si incontrerà ad Ankara giovedì con il presidente Recep Erdogan, che continua a ripetere di voler continuare l'offensiva contro la milizia curda siriana dell'Ypg, descritta come "terrorista".

Nuova riunione del Consiglio Onu mercoledì 16 ottobre
I membri dell'UE del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno chiesto un'ulteriore riunione a porte chiuse sull'offensiva militare turca in Siria, e l'incontro è previsto per mercoledi. La sessione è stata richiesta da Belgio, Germania, Francia, Polonia e Regno Unito. Un primo incontro dello scorso giovedì, già richiesto dagli europei alle Nazioni Unite, aveva portato a divisioni del Consiglio e una dichiarazione di quei soli europei che chiedevano l'arresto dell'offensiva turca. Dopo 24 ore di procrastinazione, la Russia e la Cina hanno quindi bloccato venerdì un messaggio degli Stati Uniti per il Consiglio di sicurezza che chiedeva anche la cessazione delle operazioni turche nel nord della Siria. 

"L'obiettivo è quello di fermare l'offensiva turca il più presto possibile" cercando "di aumentare la pressione internazionale", aggiunge una fonte vicina al caso. "Continueremo a utilizzare" il Consiglio di sicurezza "come elemento dell'espressione dell'unità degli europei", ha affermato la fonte. La Russia, che ha già posto il veto sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza 13 volte dall'inizio del conflitto in Siria nel 2011, potrebbe essere sempre più isolata . Oltre agli Stati Uniti, che chiedono la sospensione immediata dell'offensiva militare turca, con sanzioni a sostegno, anche la Cina ha invitato la Turchia a cessare la sua azione militare e tornare sul percorso corretto di un risoluzione politica.

Il fronte del conflitto a  Manbij
Intanto unità dell'esercito siriano sono entrate a Manbij, cittadina del nord dove si concentra l'offensiva militare della Turchia contro le milizie curde.

Un soldato turco morto, altri 8 feriti e 15 miliziani curdi Ypg uccisi è il momentaneo bilancio dell'attacco sferrato da Ankara e dai suoi alleati dell'Esercito libero siriano (Els) sulla città di Manbij,, attualmente controllata dalle milizie curde, a ovest della riva del fiume Eufrate, in territorio siriano. Sulla città sono piovuti colpi di artiglieria esplosi dall'esercito turco. Secondo quanto riferito dai media russi, Els ha attaccato anche da ovest, vale a dire dalle provincie adi Al Bab e Jarabulus sotto il controllo della Turchia. 

"L'esercito del governo siriano ha il pieno controllo su Manbij e sui territori vicini": lo ha dichiarato in una nota il ministero della Difesa della Russia, principale alleato di Bashar Al-Assad. Nei giorni scorsi Mosca e Damasco hanno stretto un accordo con le milizie curde che da una settimana difendono la Regione autonoma di Rojava, nella Siria nord orientale, dall'offensiva della Turchia. A partire dalla serata di ieri i convogli dell'esercito siriano hanno cominciato a raggiungere la città, a un'ottantina di chilometri ad est di Aleppo. Questo fa aumentare i timori di uno scontro diretto tra le forze di Damasco e quelle di Ankara.

La coalizione internazionale anti Isis, a guida Usa, conferma di aver lasciato la città siriana di Manbij. "La forze della coalizione stanno eseguendo un ritiro volontario dal nordest della Siria. Siamo fuori da Manbij", ha detto un portavoce della coalizione. 

Oim: 190mila gli sfollati nella Siria nordorientale. Fonti curde: sono 275mila
E' salito a 190mila il numero dei siriani sfollati nella Siria nordorientale da quando, mercoledì scorso, è iniziata l'offensiva militare 'Fonte di pace' lanciata dalle forze armate della Turchia. Ad aggiornare il bilancio degli sfollati è l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, l'Oim. Secondo l'Unicef, tra gli sfollati si contano anche 70mila bambini. Le autorità curde avevano in precedenza parlato di 275mila sfollati.

Nel corso di una conferenza stampa delle agenzie delle Nazioni Unite a Ginevra, un portavoce del World Food Programme (Wfp) ha detto che la sua agenzia è pronta ad aiutare 450mila persone nel nordest della Siria fornendo loro cinque razioni di cibo al giorno. Finora sono 83mila le persone che hanno ricevuto assistenza dal Wfp.

Erdogan: "Andremo fino in fondo"
"Andremo fino in fondo. Siamo determinati. finiremo quello che abbiamo iniziato", ha detto ieri il presidente Turco Recep Tayyip Erdogan, confermando l'intenzione di non interrompere l'offensiva contro i curdi nel nord-est della Siria. "Con l'operazione fonte di pace, la Turchia ha intrapreso un passo vitale quanto l'operazione a Cipro del 1974", quando l'esercito di Ankara occupò la parte settentrionale dell'isola in risposta a un tentativo di golpe filo-greco", ha detto il presidente turco.

"Nessuna minaccia di sanzioni ci fermerà, purtroppo siamo vittima di un doppio standard di trattamento applicato alla Turchia nella lotta al terrorismo", ha dichiarato il presidente turco, da Baku dove si trovava per una visita di Stato.  

Turchia: avanti con o senza il sostegno del mondo 
La Turchia proseguirà la sua operazione militare nel nord della Siria "con o senza il sostegno del mondo". Lo scrive stasera in una nota il capo della comunicazione della presidenza di Ankara, Fahrettin Altun. "Continueremo a combattere tutti i gruppi terroristici, compreso Daesh (Isis), che il mondo accetti o meno di sostenerci", aggiunge Altun, che accusa inoltre i curdi di aver concluso uno "sporco" accordo con il regime di Bashar al Assad per contrastare l'offensiva turca.
 
“Oltre 600 terroristi curdi neutralizzati”
È salito a 611 il numero dei "terroristi neutralizzati" (cioe' uccisi, feriti o catturati) dall'inizio dell'operazione militare della turchia nel nord-est della Siria. Lo rende noto la difesa di Ankara, aggiornando la cifra precedente di 595, diffusa stamani. Il presidente Erdogan aveva precisato ieri che almeno 500 di questi combattenti erano stati uccisi.

Gli Stati Uniti impongono sanzioni
Il presidente americano, Donald Trump, passa all'azione per tentare di fermare l'offensiva turca in Siria: lo fa imponendo sanzioni contro tre ministri di Ankara, reintroducendo dazi sull'acciaio turco e con una telefonata al collega Recep Tayyp Erdogan a cui ha chiesto "un immediato cessate il fuoco".

Trump ha avvertito Erdogan che "gli Usa non tollereranno oltre l'invasione turca della Siria": "Chiediamo ad Ankara di fermarsi, di mettere fine alla violenza e di venire al tavolo dei negoziati". Nel frattempo il presidente americano ha ordinato lo "stop immediato dei negoziati" in merito a "un accordo commerciale del valore di 100 miliardi di dollari con la Turchia" e "l'aumento dei dazi sull'acciaio fino al 50%, il livello precedente alla riduzione a maggio".

"Sono totalmente pronto a distruggere rapidamente l'economia turca se i leader turchi continuano questa strada pericolosa e distruttiva", ha twittato il presidente Usa. "Gli Stati Uniti ritengono il governo turco responsabile dell'aumento di violenza da parte delle forze turche, mettendo in pericolo civili innocenti e destabilizzando la regione", ha affermato in una nota il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin.

Oltre che sulle sanzioni, Washington punta sui negoziati: il vicepresidente americano, Mike Pence, ha annunciato che su ordine di Trump si recherà prossimamente in Turchia per discutere con i vertici turchi. Il numero due della Casa Bianca guiderà una delegazione insieme al consigliere per la Sicurezza nazionale, Robert O'Brien. L'obiettivo e' avviare trattative per un cessate il fuoco. Il capo del Pentagono, Mark Esper, invece, la prossima settimana sarà a Bruxelles per "fare pressioni sugli alleati Nato per adottare misure collettive e individuali, diplomatiche ed economiche, in risposta a queste oltraggiose azioni turche".

La tardiva mobilitazione di Trump contro l'offensiva anti-curdi non piace neppure a suoi alleati di ferro come il leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell. Il ritiro delle truppe Usa "creerà anche un più ampio vuoto di potere in Siria che sarà sfruttato da Iran e Russia" e "favorirà la rinascita dell'Isis", ha avvertito McConnell. Trump ha comunque precisato che gli Usa "manterranno una minima presenza alla base Garrison ad Al-Tanf, nel sud della Siria, per continuare a bloccare gli ultimi resti dell'Isis". Questi militari, ha spiegato, saranno "ridistribuiti e resteranno nella regione per monitorare la situazione e impedire il ripetersi del 2014, quando la minaccia trascurata dell'Isis si è  diffusa in Siria e Iraq".   

La Russia: non permetteremo lo scontro Siria-Turchia
Uno scontro militare tra Turchia e Siria non è nell'interesse di nessuno, ha detto da Abu Dhabi l'inviato speciale russo per la Siria, Alexander Lavrentyev. "Penso che lo scontro militare fra Turchia e Siria non solo non sia di interesse per nessuno ma che sia semplicemente inaccettabile", ha aggiunto. "Questo è il motivo per cui non lasceremo che ciò accada, ovviamente",  riporta la Tass.

La Gran Bretagna sospende nuove forniture di armi alla Turchia
La Gran Bretagna annuncia la sospensione di "ulteriori licenze" alla Turchia per forniture di "equipaggiamenti che possano essere usate in operazioni militari in Siria", rende noto il Ministro degli Esteri, Dominic Raab, in risposta all'offensiva anti-curda di Ankara promettendo invece solo "una continua revisione" delle esportazioni di armi già in essere. Raab condanna quella turca come "un'azione sconsiderata e controproducente, che da' forza alla Russia e al regime di Assad", dicendo di non aspettarsela "da un alleato".