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MONDO

il mistero degli 8 minuti di silenzio

I punti oscuri del disastro

La perdita di quota. Le mancate comunicazioni. La rotta mantenuta e le eventuali anomalie o presenze illecite a bordo. Le risposte dell'esperto.

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di Emilio d'Angelo
Ore 10.30: il volo 4U 9525 di Germanwings, partito mezz'ora prima da Barcellona e diretto a Dusseldorf, scompare dagli schermi radar mentre vola sul sud della Francia. Passano diciassette minuti. Non ci sono comunicazioni da parte dei piloti e la Direzione dell'aviazione civile francese lo dichiara "in emergenza". Passano altri sette minuti. Dopo un'inspiegabile perdita di quota - brusca ma non verticale - l'aereo si schianta ad oltre 1.500 metri di quota, sul massiccio delle Trois Evechés, fra Barcelonette e Dignes, nelle Alpi francesi a una velocità fra i 600 e i 700 km/h.
Mentre era in volo l'aereo era stato chiamato più volte dall’aviazione civile francese ma senza alcuna risposta. Il controllo aereo fa scattare la procedura d'emergenza e parte subito un caccia dell'aeronautica militare in funzione antiterrorismo, affiancato da un elicottero dei gendarmi. L'aereo è introvabile.

Dai dati di Flightradar, sito che traccia le rotte di tutti gli aerei in volo, si constata che fra le 10.31 e le 10.32 l'A320 comincia a scendere bruscamente. Non cade, ma la discesa è veloce, 1 km al minuto fino alle 10.41, quando dell'Airbus si perde ogni traccia. La caduta, secondo Germanwings, è durata otto minuti. Lo schianto avviene alle 10.53. Poche ore dopo viene trovata una delle scatole nere. I dati di volo sono incomprensibili agli esperti francesi che li hanno analizzati: la discesa è costante ma controllata, come se l'aereo procedesse con pilota automatico. L'unica spiegazione di un'azione del genere, molto grave, è la perdita di pressurizzazione. Ma non ci sarebbe stato motivo per non comunicare l'inconveniente a terra. Invece, silenzio per otto, interminabili minuti.

Ora, gli esperti si domandano: perché quando l’aereo inizia a perdere quota – poco dopo aver lasciato il mare – continua il suo viaggio con la prua rivolta verso le Alpi? Lo abbiamo chiesto a Carlo Landi coordinatore del Progetto "Volare Sicuri" e Generale dell’Aeronautica Militare Italiana con esperienza sull’investigazione nel campo degli incidenti di volo.

“Continuo a pensare che c’è stato qualcosa che ha impedito ai piloti di controllare il velivolo. Si tratta di aeroplani estremamente automatizzati. Anche se il pilota smettesse di fare qualsiasi azione, l’aeroplano se è pianificato per fare certe cose, continua a farlo. L’Airbus 320 ha un sistema di trim, cioè di stabilizzazione che è completamente automatico. Quindi se il pilota lascia i comandi l’aereo continua a volare nelle condizioni in cui il pilota lo ha lasciato. Il mio pensiero va all’automatismo dell’aeroplano perché la discesa viene effettuata in maniera veramente ‘dolce’. Quindi fa presupporre che i piloti siano stati impegnati in qualche altra attività. Lontano dai comandi di volo”.

Tra le ipotesi avanzate c’è quella di una depressurizzazione...

“Anche questa ipotesi mi sembra poco plausibile perché un pilota in caso di depressurizzazione, si ferma comunque a una quota minima di sicurezza. Che è fissata per ciascuna aerovia ed è diversa in funzione del terreno sottostante. Se il pilota non dovesse ricordare neanche la quota di sicurezza il velivolo si fermerebbe comunque a diecimila piedi, che sono tremila metri. Il che, in questo caso, gli avrebbe consentito di superare le montagne”.

E se i piloti non avessero avuto neanche il tempo di indossare le maschere d’ossigeno, come accadde nel caso del disastro del volo Helios?

“Anche questo caso non si può escludere ma gli avvisi a bordo, in caso di depressurizzazione, sono numerosi ed è quasi impossibile per un pilota non rilevarne alcuno. I piloti sono due e se avevano attivato, come dovevano, il sistema di salvaguardia dei passeggeri, le maschere dell’ossigeno per questi ultimi sarebbero fuoriuscite automaticamente”.

Con il pilota automatico, senza vita a bordo, l’aereo avrebbe comunque continuato a volare sulla rotta, senza scendere, fino al termine del carburante. Come accadde al volo greco …

“Ci sono altri esempi di casi di ipossia dove passeggeri ed equipaggio sono rimasti intossicati e non hanno saputo reagire. Ciò che avviene è che l’aereo continua il suo volo fino a quando non esaurisce il carburante. In questo caso non si è verificato ciò. L’aeroplano ha cominciato a scendere. Potrebbe essere successo questo  (un caso di ipossia n.d.r.), abbinato a qualche altro evento”.

Poche ore prima dell’incidente il velivolo sarebbe stato fermo per diverse ore per un intervento di manutenzione al “Nose landing door”, il portello anteriore del carrello. Quanto potrebbe aver influito questo intervento sulle cause del disastro?

“Non va né esclusa né troppo focalizzata l’indagine sul portellone. Non va esclusa perché il portellone, se per esempio volasse via, potrebbe andare ad interferire su altri comandi di volo o addirittura, a seconda della posizione, sui motori. Non si può escludere che nella riparazione del portellone sia stato, purtroppo, commesso qualche errore e che quindi riparando il portellone l’aeroplano abbia comunque mantenuto delle inefficienze che non sono state affrontate.  E’ però prematuro fare ipotesi sul portellone. E’ successo qualcosa nella cabina e i piloti non hanno potuto affrontare l’emergenza”.

Resta di fatto che non c’è stata nessuna comunicazione, nessun codice d’emergenza 7077 inserito nel Trasponder. Gli esperti francesi, ex piloti o esperti di aviazione civile e militare che escludono l’attentato con esplosione non sono altrettanto categorici nell’escludere ‘presenze illecite’ a bordo …

“Non si può escludere. Tra le tante ipotesi che si possono fare, anche questa è una di quelle che va validata in qualche modo. Di certo, se questo fosse, ci sono elementi che ci portano a dire che anche ciò sarebbe strano: non c’è stata alcuna rivendicazione, di nessun tipo. Quindi potrebbe essere un tentativo finito male, qualcosa che doveva andare in un altro modo. Però sono solo supposizioni, non abbiamo elementi”.


L'intervista audio al Generale Carlo Landi