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ITALIA

Processo 'scontrini'

La Cassazione assolve definitivamente Ignazio Marino: il fatto non sussiste

Il primo cittadino era accusato di peculato e falso per la vicenda degli scontrini di cene di rappresentanza quando era sindaco della Capitale

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di Tiziana Di Giovannandrea
La Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna a due anni di reclusione nei confronti dell'ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, "perché il fatto non sussiste".

Marino, assolto in primo grado e condannato in appello, era accusato di peculato e falso per la vicenda degli scontrini delle cene di rappresentanza quando era sindaco della Capitale.

Il processo aveva preso il via a seguito della contestazione sul rendiconto di scontrini pagati per alcune cene di rappresentanza, saldati con la carta di credito del Campidoglio. Si trattava di una somma di circa 12mila euro, sborsati per cinquantasei cene, tra il 2013 e il 2015, durante il mandato da primo cittadino. 

La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato da Marino contro la sentenza di appello, emessa l'11 gennaio 2018, che lo aveva  condannato a due anni. L'ex sindaco era stato invece assolto in primo grado, quando il Gup aveva parlato di "superficialità ed imprecisione" nella rendicontazione delle dichiarazioni giustificative di spesa ma non di una rilevanza penale.  

Anche nella requisitoria in Cassazione il sostituto PG Mariella de Masellis, ha sollecitato l'assoluzione di Ignazio Marino chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna.

Le motivazioni dell'assoluzione in Cassazione non si conoscono ancora perché bisogna attendere il loro deposito che normalmente avviene entro 90 giorni dalla sentenza.

Il difensore di Ignazio Marino a caldo ha commentato: "Giustizia è stata fatta. Finalmente oggi è stato restituito l'onore che merita al professor Marino". L'avvocato Enzo Musco, legale dell'ex sindaco ha poi aggiunto: "Sono contento che il Procuratore Generale abbia integralmente sposato la nostra tesi difensiva e abbia ricordato a noi tutti l'autonomia della valutazione giuridica, il che vuol dire che il giustizialismo politico deve rimanere fuori dalle aule dei Tribunali".