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MONDO

Il caso

Il dossier Ferguson: così il Grand Jury ha deciso. Le prove che documentano la scena del crimine

Il Gran Giurì che ha scagionato l'agente Darren Wilson ha pubblicato gli atti in base ai quali ha deciso. E' la prima volta che accade: per la legge americana dovevano restare segreti. Il dossier su Ferguson contiene decine di deposizioni, e di fotografie che documentano i pochi minuti di caos, violenza e morte che hanno messo fine alla vita di Michael Brown
 
      

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di Giuseppe Solinas

La verità è molto meno nitida di una foto che documenta la scena del crimine, anche se il Il Gran Giurì che scagiona l'agente Darren Wilson fa uno sforzo di trasparenza: pubblica gli atti in base ai quali ha deciso. E' la prima volta che accade: per la legge americana dovevano restare segreti. Il dossier su Ferguson contiene decine di deposizioni, e di fotografie che documentano i pochi minuti di caos, violenza e morte che hanno messo fine alla vita di Michael Brown.
 
La scena del crimine
Le foto inquadrano una strada del sobborgo di Ferguson. L'automobile dell'agente Wilson, una Chevy Tahoe, è di traverso sulla strada. Qui Wilson ferma Michael Brown e un suo amico perché camminano in mezzo alla strada. Si accorge che Brown ha in mano un pacco di sigari. Wilson collega questo dettaglio a una chiamata che ha sentito poco prima alla radio: c'è stato un furto in un piccolo negozio di alimentari. Un video di sorveglianza mostrerà - più tardi - Brown mentre prende i sigari, strattona e spintona il commerciante che cerca di fermarlo. Wilson chiama rinforzi e cerca di arrestare il ragazzo. Fa per scendere dall'automobile, ma Brown sbatte violentemente la portiera, poi lo colpisce forte, al viso e al collo, con due pugni.
 
Pugni e graffi
Le foto allegate al fascicolo per la Giuria mostrano le ecchimosi sul volto di Wilson. Nella testimonianza che ha reso in gran segreto spiega di aver deciso in pochissimi secondi: "Ho temuto  - dice Wilson - che un terzo colpo come quelli potesse uccidermi". Prende la pistola, ma Brown cerca di strappargliela; parte un colpo che ferisce di striscio il ragazzo, all'interno dell'auto.

Su questa scena si impernia la prima decisione presa dai giurati. Secondo la legge del Missouri - decidono - ora l'agente Wilson e' autorizzato all'uso della forza letale: il sospetto ha dimostrato di essere pronto a commettere atti violenti e lui deve impedire che sia un pericolo per se stesso, per il poliziotto o altre persone. Dunque Wilson può sparare - sostengono.
 
Mani in alto
Ma in raltà Brown fugge e si allontana dalla macchina. L'agente Wilson gli intima di fermarsi. A questo punto, il pericolo immediato che giustifica l'uso della forza scompare. Wilson deve procedere all'arresto e qui le testimonianze divergono. Tre amici sostengono che Brown si arrende. Non è armato e alza le mani in segno di resa. Wilson racconta, invece, che il ragazzo infila la mano nei pantaloni, come per cercare qualcosa; l'agente teme che possa essere un'arma o un coltello. Poi, comincia a correre per attaccarlo. Michael Brown è un ragazzo molto alto e grosso: un metro e novanta per circa 130 chili. Wilson spara, per dodici volte. Spiega - ai giurati - che la corsa del ragazzo non si ferma. Diversi colpi - non riesce a contarli - vanno a vuoto. Un primo colpo colpisce Brown, che si piega. Altri colpi a vuoto, poi un secondo colpo lo raggiunge alla testa. E il ragazzo stramazza a terra. Il racconto di Wilson è corroborato da 12 testimoni la cui identità non viene resa nota.
 
Oltre ogni ragionevole dubbio
I giurati decidono che, in questo caso, Wilson spara per proteggere la propria vita. La discrezionalità con cui il poliziotto valuta la proporzione tra la minaccia e la sua arma viene estesa: si tiene in considerazione che il poliziotto decide in una frazione di secondo, in una situazione di grande stress.
I proiettili colpiscono Brown alla testa: i fori di ingresso mostrano che i colpi sono penetrati dall'alto verso il basso. Secondo l'accusa, perchè Brown si accascia a terra mentre ha ancora le mani alzate. Per i giurati, invece, il ragazzo carica a testa bassa.
 
Rabbia e Diritto
Insomma, secondo la Giuria Wilson non poteva decidere diversamente e Brown era una minaccia mortale. In pochi minuti, una serie di gesti dettati dalla rabbbia, dalla paura e dalla violenza diventano reato, resistenza a pubblico ufficiale, tentato omicidio, eccesso di reazione. La definizione della fattispecie giuridica da applicare cambia da un secondo all'altro e solo una decisione ponderata del giudice può trovare una conclusione.
Per ironia della sorte, tocca al pubblico ministero Bob McCulloch affrontare i giornalisti: suo padre è stato ucciso quando lui era bambino, da un nero, in un incidente simile. "La giuria ha preso la sua decisione finale, scagionando il poliziotto da tutte e cinque le accuse - dice McCulloch - le prove e le testimonianza raccontano accuratamente la tragica storia di quello che è accaduto".
 
La verità processuale è molto distante dalla realtà, ma è l'unica disponibile. Quella stabilità dalla giuria di Ferguson, per molti americani, non basta.