ITALIA
Violenza mafiosa
Il brutale raid di Pasqua dei Casamonica in un bar romano
Pestati una donna e il gestore del locale che è stato poi distrutto dai membri del clan, dopo la denuncia sono arrivate anche le minacce di morte, indaga la Dda

Un’incredibile storia di violenza successa a Pasqua nella periferia Sud di Roma, che coinvolge membri del clan Casamonica, con una giovane donna frustata in pubblico, il gestore di un bar pestato e il locale distrutto. L’ha raccontata “Repubblica”, ripercorrendo la mattinata di “ordinaria” follia e violenza del primo aprile in un locale di via Salvatore Barzilai, nel Sud – Est della capitale. Il quotidiano descrive ciò che è accaduto a Pasqua nel bar come un vero e proprio “massacro”, compiuto da due giovani esponenti del gruppo con mille affiliati e un patrimonio da quasi cento milioni di euro.
Tutto sarebbe iniziato perché i boss pretendevano di essere serviti per primi, saltando la fila per comprare le sigarette, e il giovane barista di origine romena non si è accorto della loro presenza. Via allora a pesanti apprezzamenti a sfondo razzista da parte di Antonio Casamonica, 26 anni, già condannato per estorsione e falso, che alla risposta di una giovane in fila per pagare reagisce, insieme al cugino Alfredo Di Silvio, massacrandola prima a cinghiate poi con calci e pugni, fino a farla crollare a terra. Nessuno interviene per aiutare la donna, che viene anche minacciata di essere uccisa se dovesse azzardarsi a chiamare la Polizia.
Il locale si svuota, resta solo il barista a soccorrere la vittima e consigliarle di andare via subito, prevedendo un loro ritorno, che infatti arriva appena mezz’ora dopo, racconta “Repubblica”. Sono ancora due membri del clan a spaccare la vetrina, rovesciando tavoli e sedie e minacciando il barista, affermando che il bar deve essere chiuso, altrimenti, gridano al gestore, “sei morto”. Il giovane romeno viene aggredito a colpi di bottiglia e pestato, finisce a terra col volto coperto di sangue, ma anche questa volta non interviene nessuno in suo soccorso. Trenta giorni è la prognosi per lui, otto per la donna aggredita poco prima: nonostante le minacce, il giorno dopo i due decidono di denunciare. Un affronto senza precedenti, che – racconta il quotidiano - porta a ulteriori minacce di morte da parte dei membri della famiglia Di Silvio e costringe, ormai da più di un mese, il giovane barista e sua moglie, gestori del locale, a vivere nel terrore di una vendetta mafiosa.
La moglie del titolare: qui tutti i giorni per intimidirci
"Dopo quello che è successo loro continuano comunque a passare qui davanti tutti i giorni, non prendono più il caffè ma ci fanno vedere la loro presenza". La moglie del titolare del Roxy Bar di via Salvatore Barzilai, in zona Romanina, periferia Est di Roma, non nasconde la sua preoccupazione dopo quanto avvenuto il giorno di Pasqua. Oggi è lei, Roxana, a servire i clienti dietro al bancone, e sembra abbia chiesto al marito di tenere aperto il locale anche dopo le ulteriori minacce che il titolare del bar avrebbe ricevuto per indurlo a ritirare la denuncia per le percosse subite.
"Quando sono tornati il giorno di Pasqua sono entrati dietro al bancone - aggiunge la donna - hanno preso uno dei manici di metallo della macchina del caffè e lo hanno tirato contro il barista. Non lo hanno preso ma hanno rotto un vetro, poi lo hanno colpito con delle bottiglie". Il bar è aperto ma presidiato da una volante della Polizia e due vetture con agenti in borghese. Le forze dell'ordine stanno indagando sull'accaduto: al vaglio i filmati della telecamera posizionata sulla cassa del bar, che inquadra l'intero locale.
"Io non ho paura, non la ho maiavuta. A prescindere da chi sono e di chi è la nazionalità", ha aggiunto Roxana, che ha anche smentito che la donna aggredita fosse disabile: "la signora - ha aggiunto - è tornata qui anche nei giorni dopo, la ammiro perché è l'unica che ci ha aiutato. Mio marito sta bene adesso, noi non abbiamo niente contro nessuno ma chi ha sbagliato deve pagare. L'unica cosa giusta da fare inquesti casi è chiamare le forze dell'ordine e denunciare".
Sul pestaggio indaga la Dda
L'indagine sul raid in un bar di Roma è stata affidata ai magistrati della Dda. L'ipotesi è che gliinquirenti possano valutare di contestare l'aggravante mafiosa ad Antonio Casamonica e suo cugino Alfredo Di Silvio. Sono state presentate due denunce alla Polizia per i fatti del primo aprile.
Tutto sarebbe iniziato perché i boss pretendevano di essere serviti per primi, saltando la fila per comprare le sigarette, e il giovane barista di origine romena non si è accorto della loro presenza. Via allora a pesanti apprezzamenti a sfondo razzista da parte di Antonio Casamonica, 26 anni, già condannato per estorsione e falso, che alla risposta di una giovane in fila per pagare reagisce, insieme al cugino Alfredo Di Silvio, massacrandola prima a cinghiate poi con calci e pugni, fino a farla crollare a terra. Nessuno interviene per aiutare la donna, che viene anche minacciata di essere uccisa se dovesse azzardarsi a chiamare la Polizia.
Il locale si svuota, resta solo il barista a soccorrere la vittima e consigliarle di andare via subito, prevedendo un loro ritorno, che infatti arriva appena mezz’ora dopo, racconta “Repubblica”. Sono ancora due membri del clan a spaccare la vetrina, rovesciando tavoli e sedie e minacciando il barista, affermando che il bar deve essere chiuso, altrimenti, gridano al gestore, “sei morto”. Il giovane romeno viene aggredito a colpi di bottiglia e pestato, finisce a terra col volto coperto di sangue, ma anche questa volta non interviene nessuno in suo soccorso. Trenta giorni è la prognosi per lui, otto per la donna aggredita poco prima: nonostante le minacce, il giorno dopo i due decidono di denunciare. Un affronto senza precedenti, che – racconta il quotidiano - porta a ulteriori minacce di morte da parte dei membri della famiglia Di Silvio e costringe, ormai da più di un mese, il giovane barista e sua moglie, gestori del locale, a vivere nel terrore di una vendetta mafiosa.
La moglie del titolare: qui tutti i giorni per intimidirci
"Dopo quello che è successo loro continuano comunque a passare qui davanti tutti i giorni, non prendono più il caffè ma ci fanno vedere la loro presenza". La moglie del titolare del Roxy Bar di via Salvatore Barzilai, in zona Romanina, periferia Est di Roma, non nasconde la sua preoccupazione dopo quanto avvenuto il giorno di Pasqua. Oggi è lei, Roxana, a servire i clienti dietro al bancone, e sembra abbia chiesto al marito di tenere aperto il locale anche dopo le ulteriori minacce che il titolare del bar avrebbe ricevuto per indurlo a ritirare la denuncia per le percosse subite.
"Quando sono tornati il giorno di Pasqua sono entrati dietro al bancone - aggiunge la donna - hanno preso uno dei manici di metallo della macchina del caffè e lo hanno tirato contro il barista. Non lo hanno preso ma hanno rotto un vetro, poi lo hanno colpito con delle bottiglie". Il bar è aperto ma presidiato da una volante della Polizia e due vetture con agenti in borghese. Le forze dell'ordine stanno indagando sull'accaduto: al vaglio i filmati della telecamera posizionata sulla cassa del bar, che inquadra l'intero locale.
"Io non ho paura, non la ho maiavuta. A prescindere da chi sono e di chi è la nazionalità", ha aggiunto Roxana, che ha anche smentito che la donna aggredita fosse disabile: "la signora - ha aggiunto - è tornata qui anche nei giorni dopo, la ammiro perché è l'unica che ci ha aiutato. Mio marito sta bene adesso, noi non abbiamo niente contro nessuno ma chi ha sbagliato deve pagare. L'unica cosa giusta da fare inquesti casi è chiamare le forze dell'ordine e denunciare".
Sul pestaggio indaga la Dda
L'indagine sul raid in un bar di Roma è stata affidata ai magistrati della Dda. L'ipotesi è che gliinquirenti possano valutare di contestare l'aggravante mafiosa ad Antonio Casamonica e suo cugino Alfredo Di Silvio. Sono state presentate due denunce alla Polizia per i fatti del primo aprile.