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ITALIA

Il suicidio assistito di Fabo riapre la discussione sul "fine vita": ecco le reazioni

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La scelta di Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, di morire con il suicidio assistito riapre una questione assai controversa in Italia.  Preceduta da commenti pro e contro, accomunati tutti da un sentimento di prostrazione umana, la decisione di questo ragazzo rimasto cieco e tetraplegico in seguito a un incidente d'auto, riporta indietro di 10 anni, a quando, cioè, il nostro paese registrò il primo caso (ufficiale) di morte assistita, quello di Piero Welby, giornalista, attivista e co-presidente dell'associazione Luca Coscioni. Seguì il caso di Eluana Englaro, il cui padre Peppino condusse una lunga e sofferta battaglia anche in tribunale affinché la volontà della figlia, in coma da anni, fosse rispettata. La "dolce morte" per Eluana arrivò solo dopo una sentenza della Cassazione (2007) che ha stabilito che "l'autodeterminazione terapeutica non può conoscere limite, anche se ne provoca la morte". Ci sono stati i casi di Giovanni Nuvoli, Walter Piludu e Dino Bettamin, che il 14 febbraio scorso ha scelto la sedazione profonda (detta anche palliativa o terminale) per non soffrire durante gli ultimi giorni di vita, facendosi di fatto, addormentare fino alla morte. Ma fu il caso Englaro che spaccò in due l'opinione pubblica italiana. E fece molto clamore nel 2011 anche la vicenda di Lucio Magri, giornalista e politico, tra i fondatori del 'Manifesto': depresso per la scomparsa della moglie, scelse anche lui la Svizzera, dove in una clinica di Bellinzona aiutato da un medico ha concluse i suoi giorni.

La morte di Fabo in una clinica svizzera per il suicidio assistito ci restituisce oggi la fotografia delle diverse anime che condizionano e rallentano l'azione legislativa. C'è un disegno di legge sul Biotestamento in attesa di approdare alla Camera. Pochi giorni fa ha subito il terzo rinvio. Un ddl in cui l'intera commissione Affari Sociali dice no all'eutanasia

"E' opportuno che la pietas umana prevalga in situazioni drammatiche che non possono certamente essere tramutate in vessilli politici. La politica scelga la via del pudore comprendendo, peraltro, che il caso di Dj Fabo è ben diverso da quello di Eluana Englaro" afferma il presidente del gruppo Misto alla Camera Pino Pisicchio, dopo la notizia della morte di Dj Fabo, resa nota con un tweet da Marco Cappato che aveva accettato di accompagnarlo in Svizzera per potere procedere al suicidio assistito.

"Uniamo il nostro dolore a chi voleva bene a Dj Fabo. Aiutare a morire chi, per disperazione, malattia, o qualunque altro motivo, voglia porre fine alla propria vita, vuol dire costruire una società da cui fratellanza e solidarietà sono escluse" commenta Eugenia Roccella, parlamentare di Idea. "L'angoscia e la solitudine - continua - sono sentimenti che non si possono eliminare dall'esistenza, ma solo affrontare, stringendosi nell'amore e nella solidarietà. Se la risposta al dolore umano diventa il suicidio assistito - conclude Roccella -, ogni forma di disperazione potrà essere risolta con l'eutanasia: la morte di un figlio è un dolore meno atroce della tetraplegia? La depressione profonda è meno grave della cecità?".

"Questa mattina e' morto in Svizzera DJ Fabo. Ha voluto andarsene perche' le sue condizioni di vita non erano piu' tollerabili. E' una scelta che va rispettata. Dispiace che per essere libero abbia dovuto andarsene lontano. Lontano anche dai suoi affetti nel momento piu' difficile. E dobbiamo riflettere su questo. La politica ha il compito di guardare in faccia i problemi delle persone" ha scritto su Facebook, Ettore Rosato. Il capogruppo Pd alla Camera aggiunge che "la legge sul testamento biologico va in questa direzione. Perche' si potra' scegliere, attraverso delle disposizioni anticipate, come vivere la propria vita fino all'ultimo. Una buona base di partenza sulla strada di una maggiore liberta' e rispetto della dignita' umana".

"I nostri iscritti hanno votato e sono d'accordo ma non e' questo il problema perche' questo Parlamento non esiste, galleggia" ha commentato Luigi Di Maio, alla Camera a margine di una proposta del M5S per equiparare le pensioni dei parlamentari a quelle dei cittadini, rispondendo a domande dei cronisti sulla legge sul fine vita.

"In Svizzera si chiamerà pure 'suicidio assistito', in Italia si chiama 'omicidio del consenziente'. Con la morte di Dj Fabo siamo tutti più poveri, perché ogni vita è anche la nostra vita" ha dichiarato invece il deputato Gian Luigi Gigli (gruppo parlamentare 'Democrazia Solidale-Centro Democratico'), presidente del Movimento per la Vita Italiano.

"Dj Fabo e' morto. Mi vergogno di un Paese e di un Parlamento incapace di dare dignita' e liberta' a chi chiede autodeterminazione, #fabolibero" ha twittato il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.

"Riposa in pace, dj Fabo. L'Italia non è purtroppo un paese civile dove le persone possono scegliere di smetterla di soffrire. L'unica speranza è che casi come quello di dj Fabo non si debbano più ripetere e che governo e parlamento decidano una volta per tutte di rendere possibile l'eutanasia nel nostro Paese" afferma Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea.

"La notizia della morte di Fabo si commenta soltanto con dolore e rispetto per una scelta straziante. Ma la scomparsa di Fabo è l'ulteriore dimostrazione che bisogna che il Parlamento vari quanto prima una legge ben fatta sul testamento biologico" ha affermato dal canto suo il Governatore del Veneto Luca Zaia. "Non possiamo assistere inermi e impotenti a questi che non esito a definire viaggi della speranza, ma al contrario speranza di morire e non di vivere - aggiunge -. Rivolgo un appello a tutti i parlamentari: legiferate rapidamente, avviate la discussione sui progetti già esistenti senza ulteriori rinvii, per ridare dignità a quanti soffrono. E sono tanti".

"Non ho dubbi sul fatto che a ciascuno deve essere consentito di fare la propria scelta sulla fine della propria vita, senza divieti e ovviamente senza diretti interventi dello Stato. Ciò detto, però, non si può far leva sulle emozioni e criminalizzare chi ha un diverso parere sul tema, per di più mettendo sotto accusa il Parlamento per non avere ancora fatto una legge". Lo afferma in una nota Fabrizio Cicchitto, parlamentare di Ncd. "Se nel Parlamento esistono posizioni diverse ciò fa parte, appunto, della dialettica parlamentare che a sua volta è parte della dialettica democratica - aggiunge -. Ma anche in una vicenda dolorosa come quella de Dj Fabo emerge un odio per il Parlamento, la sua lentezza, le sue procedure, i suoi dibattiti, la cui matrice conosciamo bene perché viene dagli anni Trenta, quale che sia il colore di chi oggi la esprime con grande virulenza polemica. Ma sulla pulsione distruttiva nei confronti del Parlamento, dei parlamentari, del loro ruolo torneremo quanto prima".

"Ci sono tragedie che non dovrebbero diventare un palco di partito. Notiamo invece con amarezza che ancora una volta si fa propaganda sulla legge per il fine-vita. Ritengo personalmente che la discussione parlamentare su questo delicatissimo tema debba proseguire, ma che non debba mai in alcun modo portare a forme di suicidio di Stato". Lo dichiara il sen. Maurizio Gasparri (FI).

"Quella di Dj Fabo è una vicenda che riempie tutti noi di tristezza e dolore . Ma questo non ha a che vedere col disegno di legge sul biotestamento che uscirà dalla Camera, che è un disegno di legge in cui concordemente l'intera commissione Affari Sociali dice no all'eutanasia. La divisione è tra coloro che vogliono che questo sia esplicitato, scritto nella legge, e coloro che dicono che la legge così com'è non ha bisogno di questa puntualizzazione perché è già una legge contraria all'eutanasia. La vicenda di Fabo dimostra quanto sia necessario che nella legge sia scritto no all'eutanasia" ha affermato in una nota Paola Binetti, deputata Udc. "Questo è condiviso non solo da un largo gruppo di parlamentari, ma anche di partiti - aggiunge - calcoliamo perlomeno 7-8, che vanno dall'Udc all'Ncd a Forza Italia, ai fittiani, ai civici democratici. Abbraccia totalmente un'ampia aria politica che è disposta a dire che se questa legge esplicita il suo no all'eutanasia è una legge che potrebbe essere approvata non domani, ma ieri. Se la legge contiene un no all'eutanasia in forma attiva ma anche passiva o permissiva - conclude - la legge si può fare molto velocemente". 

"Sul suicidio assistito del dj Fabo, è necessaria una premessa: scelte così drammatiche meritano sempre un rispetto profondo. Detto questo, oggi come allora per Eluana Englaro, ci troviamo davanti a una palese strumentalizzazione della disperazione umana per riavviare la propaganda ideologica a favore dell'eutanasia, in vista del dibattito parlamentare sul biotestamento. Mentre dj Fabo muore, dobbiamo ricordarci di tutte le persone che, in circostanze analoghe, si aggrappano alla vita fino all'ultimo respiro, e ai tanti volontari che le accompagnano quotidianamente, nell'indifferenza generale. In questi momenti drammatici, ci piace pensare a una politica alleata della vita, non della morte. Non dobbiamo dimenticarci delle migliaia di anziani e malati abbandonati a se stessi per i quali  il rifiuto per ogni forma di eutanasia è la sola ancora di salvezza per non essere sacrificati a quella "cultura dello scarto" denunciata anche da Papà Francesco". Così Gianni Alemanno (segretario Movimento Nazionale per la Sovranità).

"La morte di un uomo è sempre una sconfitta. Nel caso di dj Fabo non perché l'Italia non gli ha dato la possibilità di morire ma perché nessuno di noi è stato in grado di offrirgli una ragione per andare avanti e sfuggire alla disperazione. Da qui, forse, bisogna ripartire: di fronte al dolore, al limite, alla sofferenza una società davvero civile non dà l'eutanasia ma si sforza di dare un senso alla fragilità" ha scritto Famiglia Cristiana.

"Tutto questo mi rattrista molto. Deve rattristarci tutti, e anche interrogarci" ha commentato Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. "Ogni volta che si pone termine a una vita, o ci si propone di farlo, è sempre una sconfitta". Per l'arcivescovo "la legge non può per sua natura" regolamentare "situazioni così drammatiche" e "il rischio è di creare 'la cultura dello scarto' di cui parla il Papa".