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ITALIA

Taranto

Ilva, sequestrato l'Altoforno 2 dopo la morte di un operaio

Provvedimento della procura dopo l'incidente dell'8 giugno. Confermata la condanna in Appello per Riva Junior

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La procura di Taranto ha disposto il sequestro preventivo senza facoltà d'uso dell'Altoforno 2 dell'Ilva, il reparto in cui l'8 giugno scorso è stato investito da un getto di ghisa incandescente il 35enne operaio Alessandro Morricella, morto dopo quattro giorni per le gravi ustione riportate sul novanta per cento del corpo.

Custode dell'impianto, a quanto si è appreso, sarà Barbara Valenzano, già custode giudiziario degli impianti dell'area a caldo nominata dal gip Patrizia Todisco nell'inchiesta sfociata nell'arresto dei vertici dell'Ilva. Inizialmente i tecnici dello Spesal (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell'Asl) avevano imposto 60 giorni di tempo all'Ilva per ''adottare tutti i provvedimenti necessari atti ad evitare pericolose esposizioni del personale alle proiezioni di metallo fuso durante le operazioni di colaggio dell'altoforno''. Sono 10 gli indagati per cooperazione in omicidio colposo. 

Confermata la condanna a Fabio Riva
Intanto La Corte d'Appello di Milano ha confermato la condanna a 6 anni e mezzo di carcere per Fabio Riva, figlio dell'ex patron dell'Ilva Emilio, per la vicenda della presunta truffa ai danni dello Stato da circa 100 milioni di euro. Confermate anche le altre due condanne inflitte in primo grado ad altrettanti imputati, la confisca di 91 milioni di euro e la provvisionale da 15 milioni di euro a favore del Ministero dello Sviluppo economico. Fabio Riva, che è stato latitante per quasi 3 anni prima di costituirsi, era presente.

I giudici della quarta sezione della Corte d'Appello (presidente Luigi Martino), accogliendo la richiesta del sostituto pg Piero De Petris, hanno confermato le condanne inflitte il 21 luglio 2014 dal Tribunale: 6 anni e mezzo per Fabio Riva, ex vicepresidente di Riva Fire, la holding che controllava il gruppo dell'Ilva di Taranto, 5 anni per l'ex presidente della finanziaria svizzera Eufintrade Alfredo Lomonaco e 3 anni per l'ex consigliere delegato di Ilva Sa Agostino Alberti. Confermata anche la multa di 1,5 milioni di euro a Riva Fire spa, imputata in base alla legge 231 del 2001, oltre alla confisca di beni mobili e immobili a tutti gli imputati fino a raggiungere la somma di 90,8 milioni di euro e la provvisionale di 15 milioni da versare al Ministero dello Sviluppo economico, rappresentato dal legale Gabriella Vanadia.

Nella vicenda, al centro di uno dei filoni di indagine aperti dai pm di Milano Stefano Civardi e Mauro Clerici sul gruppo Ilva, si ipotizza la creazione di una società ad hoc in Svizzera, l'Ilva Sa, che avrebbe avuto lo scopo di aggirare la normativa (la 'legge Ossola') sulla erogazione di contributi pubblici per le aziende che esportano all'estero, per un totale di quasi 100 milioni di euro. Secondo il sostituto pg, Ilva Sa "è nata su input di Fabio Riva" che avrebbe dato mandato ad Alberti di "costituire una società per sfruttare la legge Ossola". Attraverso questa operazione, quindi, sarebbe stato "indotto in errore lo Stato", per ottenere "contributi che in realtà non si potevano avere". "Siamo convinti dell'innocenza e ricorreremo in Cassazione", ha spiegato l'avvocato Gian Paolo del Sasso, legale di Fabio Riva. Sulla stessa linea il legale di Riva Fire, l'avvocato Carlo Enrico Paliero, che ha chiarito che "c'è ancora un grado di giudizio". Per il difensore di Riva Fire, però, "la holding non doveva essere nemmeno portata a giudizio per fatti contestati ad un'altra società", Ilva Sa. Secondo il legale, queste sono, invece, le "conseguenze" indirette "del decreto 'salva-Ilva' con il quale si vanno a cercare risorse dove ci sono, tirando in ballo anche società non coinvolte nei reati". Dopo circa tre anni di latitanza a Londra, Fabio Riva si è costituito lo scorso 5 giugno atterrando a Fiumicino e gli sono state notificate due ordinanze pendenti: quella sulla presunta truffa contestata a Milano e quella sul presunto disastro ambientale contestato dai magistrati di Taranto. 

il Tar del Lazio invece ha respinto il ricorso di Adriano Riva per bloccare l'emissione obbligazionaria di Ilva spa prevista dal decreto Mef-Mise. Nell'ordinanza il giudice amministrativo ha ritenuti "prevalenti gli interessi pubblici connessi all'ambiente e alla tutela sanitaria rispetto a quello" del richiedente. Ilva potrà ora emettere i bond necessari al suo risanamento.