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POLITICA

Inchiesta Mose, oggi la Giunta deciderà sull'arresto di Galan

L'ex governatore del veneto e deputato di Forza Italia si difende: 'Io non colpe' e sfida i Pm: "Su mio patrimonio e casa fesserie colossali"

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Alla Camera, nel pomeriggio si riunisce la Giunta delle Autorizzazioni per l'audizione di Giancarlo Galan, presidente della commissione Cultura, sulla richiesta di autorizzazione all'arresto presentata nei suoi confronti dalla magistratura veneziana nell'ambito dell'inchiesta sul Mose.

"Tutte balle"
L'ex governatore del Veneto e deputato di Forza Italia ha depositato ieri la sua memoria difensiva in Giunta alla Camera e in conferenza stampa ha raccontato la sua versione dei fatti  "Io - scandisce il presidente della commissione Cultura di Montecitorio, che i Pm di Venezia vorrebbero agli arresti - non ho le colpe che mi vengono attribuite". Decine di documenti, tabelle, foto che Galan sventola davanti alle telecamere per provare la propria innocenza, convinto che "vi sia stato fumus persecutionis". Anche se, ribadisce più volte Galan, "io non mi sento perseguitato né tradito ma sono convinto che la Guardia di Finanza abbia fatto un lavoro modesto e scadente, tale da indurre in errore il giudice". 

Gli interessi nascosti
E mentre emergono a suo carico, secondo quanto ha reso noto davanti ai giudici del riesame il pm Stefano Ancillotto, intercettazioni ambientali che attribuiscono all'ex governatore fondi non ben precisati portati all'estero, lui prova a smontare i tasselli dell'accusa. "Sul patrimonio e sulla casa - assicura - sono state dette fesserie colossali". La "tanto chiaccherata" villa Rodella è stata comprata, fa i conti Galan, a poco meno di un milione, in gran parte già ristrutturata. Di tasca propria, il deputato di Fi, avrebbe quindi aggiunto "solo" altri 700mila euro. Soldi guadagnati, è la tesi, negli anni di Publitalia e moltiplicati grazie a investimenti. E dice il "falso", ripete, anche chi lo accusa di avere "interessi nascosti in Indonesia".

Le operazioni commerciali nel Sud-Est asiatico
Nella richiesta d'arresto inviata della procura di Venezia al Gip lo scorso 4 giugno si legge però che ci sarebbero state "cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico" per 50 milioni di dollari per le quali emergerebbe "la riconducibilità alla famiglia Galan". A queste operazioni, soprattutto compravendite societarie, la Gdf è arrivata analizzando i documenti sequestrati a Paolo Venuti, commercialista ritenuto dagli inquirenti il prestanome dell'ex governatore del Veneto, il 19 luglio del 2013 all'aeroporto di Venezia, da dove l'uomo era in partenza proprio per l'Indonesia.

Le intercettazioni
La riconducibilità a Galan emergerebbe in particolare da alcune intercettazioni tra Venuti e la moglie in cui si parla di una "storia del gas" alla quale "Giancarlo è molto sensibile". Ma, è la replica del diretto interessato, si tratta di fatti così lontani dal vero che "il presidente della società, che io avrei dovuto possedere attraverso un prestanome, si è trovato costretto a scrivere ai giornali per specificare che abbiamo solo una cosa in comune: lo stesso commercialista".