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MONDO

Pubblicato dalla Bbc online

Isis, spunta nuovo video sulla fuga delle tre ragazze britanniche in Siria per unirsi ai jihadisti

Sono fuggite da Londra dirette a Istanbul il 17 febbraio scorso. Le immagini mostrano le tre minorenni alla stazione del bus di Bayrampasa, a Istanbul, il giorno stesso. Scotland Yard sostiene che le tre si trovino già in Siria e che abbiano incontrato miliziani dello Stato islamico al confine. Dalla stampa internazionale, intanto, arrivano nuove rivelazioni sul 27enne londinese Mohamed Emwazi (più noto come Jihadi John) prima che si unisse all'Isis

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Un frame del video della Bbc tratto da CCTV
Spunta un nuovo video delle tre adolescenti britanniche fuggite in Siria, attraverso il confine turco, per unirsi all'Isis in Siria. Il filmato con le nuove immagini ripreso da telecamere a circuito chiuso è stato pubblicato dalla Bbc online.

Shamima Begum e Amira Abase, 15 anni, e Kadiza Sultana, 16, tre studentesse con alti voti a scuola, sono fuggite da Londra dirette a Istanbul il 17 febbraio scorso. Le immagini mostrano le tre minorenni alla stazione del bus di Bayrampasa, a Istanbul, il giorno stesso. Scotland Yard sostiene che le tre si trovino già in Siria e che abbiano incontrato miliziani dello Stato islamico al confine.

La Bbc riferisce che le tre ragazze hanno aspettato negli uffici della stazione di due compagnie di autobus prima di prenderne uno diretto a Urfa, vicino al confine con la Siria, il 18 febbraio. Da qui, sono poi salite su un'auto guidata da trafficanti di esseri umani. Il tempo riportato dal video indica che le ragazze sono rimaste in attesa alla stazione dei bus, che si trova sul lato europeo di Istanbul, per 18 ore.

Nuovi particolari su Jihadi John
Dalla stampa internazionale, intanto, arrivano nuove rivelazioni sul 27enne londinese Mohamed Emwazi (più noto come Jihadi John) prima che si unisse all'Isis ed iniziasse il suo lavoro di macellaio di ostaggi occidentali. Secondo l'Observer  l'Mi5 (il controspionaggio di Sua Maestà) non lo bloccò nonostante sapesse che fosse membro di una cellula terroristica che aveva legami stretti con gli organizzatori degli attentati (falliti solo perché esplosero i detonatori e non le cariche) del 21 luglio 2005 a Londra. Attacco, sempre con 4 attentatori suicidi, contro il sistema dei trasporti londinese che doveva essere una copia di quelli, purtroppo riusciti di 14 giorni prima, il 7 luglio, in cui 4 kamikaze si fecero saltare in aria sui convogli della metro e su un autobus massacrando 52 persone e 700 feriti.

Mail on Sunday: 'Jihadi John' in cellula Al Qaida Londra 
Anche per il Mail on Sunday, prima di diventare 'Jihadi John', Mohamed Emwazi faceva parte di una cellula dormiente di Al Qaida, i 'London boys', che pianificava di compiere attentati in Gran Bretagna su ordine di Osama bin Laden. Oltre a Mohamed del gruppo facevano parte altri tre giovani addestrati in un campo di Al Qaida in Somalia.

Jihadi John scrisse a giornalista del Mail on Sunday: "Mi sento un condannato a morte"
Sempre secondo il Mail on Sunday, nel 2010 'Jihadi John' si sentiva perseguitato dai servizi segreti britannici al punto da minacciare il suicidio. Lo rivelano delle mail scritte dal 'boia dell'Isis' a un giornalista della testata. "Sono un condannato a morte", scriveva, "non tanto perché mi ucciderà l'MI5 ma perché un giorno prenderò tante di quelle pasticche che dormiro' per sempre. Voglio solo scappare da quelle persone!".

Sorvegliati familiari di Jihadi John in Kuwait
Il giornale kuwaitiano Al Qabas, intanto, rivela che membri della famiglia di Mohammed Emwazi sono tenuti sotto sorveglianza dai servizi di sicurezza del Kuwait, dove risiedono. Secondo una 'fonte informata' del giornale, diversi familiari dell'estremista  - tutti di origine irachena - hanno, come lui, un passaporto britannico. "Le agenzie competenti li tengono sotto controllo 24 ore su 24", riferisce la fonte. Secondo il quotidiano, Emwazi è stato in Kuwait diverse volte: l'ultimo viaggio risale al 18 gennaio 2010, quando arrivò dagli Emirati Arabi Uniti e rimase in Kuwait fino al 26 aprile successivo. Un anno dopo, il visto gli fu negato perché il suo nome era emerso nel corso di indagini antiterrorismo in Gran Bretagna.